Per ridurre il rischio alluvioni attraverso l’applicazione delle più sofisticate tecnologie. Non solo grandi interventi infrastrutturali, la prevenzione passa anche attraverso il monitoraggio della rete idrica per comprenderne lo stato di salute e riuscire a prevenire le emergenze. Questo il tema al centro della seconda giornata di COWM, Citizen Observatories for Water Management, in corso a Venezia e organizzata dall’Autorità di Bacino dei Fiumi dell’Alto Adriatico, sotto l’alto patrocinio della Commissione Europea, del Ministero per l’Ambiente e della Protezione Civile Nazionale. In particolare, l’evento Nuove soluzioni per il Monitoraggio del Territorio ha messo in luce l’applicazione delle più moderne tecnologie per preservare gli argini dei fiumi, presentando alcuni significativi esempi relativi a corsi d’acqua dove negli ultimi anni si sono verificate disastrose rotture con importanti eventi alluvionali.
“Dopo la rottura del Frassine a Prà di Botte (PD) , la più grave avvenuta nel corso dell’alluvione del 2010 in Veneto con una fuoriuscita di oltre 25 milioni di metri cubi d’acqua, è stato realizzato un importante intervento di ricostruzione – ha spiegato Tiziano Pinato, dipartimento Difesa del Suolo Regione Veneto – e tuttavia, le indagini georadar e in tomografia hanno evidenziato che esiste ancora un problema di infiltrazione che indebolisce l’argine che resta quindi sotto stretta osservazione”. Dopo questo primo monitoraggio, la Regione Veneto ha scelto di indagare ben 100 chilometri di arginature lungo il corso del Bacchiglione (per un costo contenuto di 150 euro al chilometro), dalla zona sud di Vicenza fino al Padovano, l’area più ad alto rischio in Veneto. “Una indagine che ci ha dato una ricostruzione tridimensionale dello stato di salute degli argini, rilevando temperature in profondità e presenza di acqua e che – ha aggiunto Pinato – ci consente oggi i punti di criticità su cui intervenire: come a monte di Ponte San Nicolò (PD) dove è stata rilevata una infiltrazione ed è stato possibile intervenire prevenendo una rottura”.
Ma oggi è possibile anche il monitoraggio in tempo reale dello stato di salute degli argini: la prima sperimentazione italiana è in corso da gennaio lungo il Secchia, nel tratto dove aveva rotto a Cavezzo (MO) grazie alla collaborazione tra AIPO, Agenzia Interregionale per il Po e CAE Spa, azienda leader nel settore delle tecnologie di acquisizione dati a scopo di protezione civile. Nel Modenese è stata introdotta la tecnologia WSN (Wireless Sensor Network): “Una stazione di monitoraggio multirischio – spiega Guido Bernardi, CAE spa – raccoglie i dati di sensori disposti a maglia su tutto il tratto arginale consentendo di trasmettere in tempo reale dati relativi a temperature o movimenti a diverse profondità. La centralina di monitoraggio funziona in ogni condizione: è alimentata con fotovoltaico e trasmette anche via radio, evitando così quelle interruzioni possibili nei casi di black out”. Una sola centrale può monitorare e inviare in diretta su App ai tecnici, i dati per un tratto fino a 2 km (con 10 punti di monitoraggio) per un investimento di 150mila euro.
“Abbiamo da poco approvato il nuovo Piano del Rischio Alluvioni per l’area del Nordest italiano – spiega Michele Ferri, responsabile progetti speciali Autorità di Bacino Alto Adriatico – che ha posto come obiettivi non solo interventi infrastrutturali ma anche la riduzione del danno per le popolazioni. L’investimento in tecnologie ci permette analisi dei dati e individuazione delle priorità. E in questo senso, il monitoraggio arginale, per un territorio ad alto rischio alluvione come il Nordest dove gli argini sono spesso vecchi di secoli, rappresenta un obiettivo strategico così come gli Osservatori dei Cittadini”. “Dopo decenni in cui il cittadino è stato impotente di fronte alla devastazione urbanistica del territorio, oggi le comunità sono rimesse al centro della governance delle acque – ha aggiunto il Direttore Anbi Veneto, Andrea Crestani – sia attraverso gli Osservatori dei Cittadini, al centro di COWM, ma anche con i Contratti di Fiume, strumenti strategici di pianificazione territoriale attraverso la partecipazione dal basso”. “Oggi si è dimostrato come la vicinanza tra Regione del Veneto, Consorzi di Bonifica, Auorità di Bacino e società private come CAE – ha concluso il Presidente Anbi Veneto, Giuseppe Romano – possa produrre, soprattutto in una fase di crisi economica come questa, ottimi risultati sul piano della sicurezza idrogeologica. Questo è possibile anche grazie ad un uso sempre più proficuo della tecnologia in ambito di monitoraggio degli argini e gestione delle acqua ai fini di prevenire i fenomeni alluvionali”.