IL CASO

Rai, che fine faranno i dipendenti “addetti” al canone?

La convenzione con l’Agenzia delle Entrate è scaduta ad agosto, in attesa di rinnovo. Ma se prima entrerà in vigore la riforma, la responsabilità potrebbe passare di mano. E si aprirebbe la questione sul futuro di centinaia di lavoratori della tv pubblica finora impiegati nel servizio

Pubblicato il 14 Ott 2014

Antonello Salerno

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Con la riforma allo studio al Mise il sistema di riscossione del canone potrebbe passare di mano, e non essere più affidato direttamente alla Rai, a cui fino a oggi è stato assegnato ai sensi di una convenzione con l’Agenzia delle entrate che risale al 2001 e che è scaduta ad agosto. Per questo servizio la Rai conta su uffici dedicati in tutte le sedi regionali e su una direzione ad hoc con sede a Torino. Alcune centinaia di lavoratori per i quali l’Agenzia delle Entrate paga alla Rai una somma di diversi milioni di euro, che coprono in buona sostanza le spese del personale addetto alla riscossione. Se davvero il servizio dovesse passare di mano, si aprirebbe la questione su che fine farebbero questi lavoratori e sulla loro eventuale ricollocazione, sempre in Rai o eventualmente tra i ranghi dell’Agenzia.

A mettere in dubbio che la situazione possa procedere per il futuro sugli stessi binari su cui ha viaggiato fino a oggi ci sono più di un indizio, e metterli in fila potrà essere utile per avere un quadro più chiaro della situazione.

Intanto, il ministero dello Sviluppo economico, con il sottosegretario alle Comunicazioni Antonello Giacomelli, sta lavorando a una riforma del canone Rai, con l’obiettivo di applicare il “nuovo canone” sin dal 2015, quindi dalla prima scadenza utile. Le linee guida del provvedimento sono incentrate su pochi punti cardine più volte illustrati fino a oggi: l’azzeramento dell’evasione, un abbassamento generalizzato dal costo per i cittadini e il pagamento non più legato al possesso di un televisore. Con l’ammontare che sia graduale e commisurato ai consumi e alle possibilità di spesa dei contribuenti. Tutti requisiti che fanno pensare a un cambiamento radicale per uno strumento che ha dimostrato ampiamente, fino a oggi, di non funzionare a dovere.

A confermarlo oggi è stata proprio la presidente della Rai, Anna Maria Tarantola, intervenendo al convegno “Mission, Independence and Governance of public Broadcasters: The European Experience”. “In Italia – ha detto – l’evasione del canone è stimata al 27 per cento circa, dato enormemente superiore alla media europea che si stima all’intorno del 9 per cento. Tante le cause, ma tra tutte il sistema di riscossione non efficace”.

A tutto questo c’è da aggiungere, come terzo indizio, che la convenzione tra Agenzia delle entrate e Rai non è ancora stata rinnovata: “I nostri uffici sono al lavoro insieme alla Rai sul rinnovo – affermano dall’Agenzia delle entrate – si stanno definendo i dettagli della nuova convenzione, e contiamo di riuscire a formalizzare il documento entro la fine dell’anno. Nelle more di questa procedura, ovviamente, gli accordi sono che l’attività degli uffici dedicati prosegua regolarmente”.

Una sorta di proroga fino alla fine dell’anno, quindi, quando il contesto potrebbe risultare radicalmente diverso da oggi, e arrivare a mettere in dubbio la necessità delle attuali modalità di riscossione. Con la conseguenza che potrebbe non esserci più bisogno di una convenzione, e che l’Agenzia delle entrate possa pensare da sola alla riscossione del canone, come a più riprese si era resa disponibile a fare negli anni e nei mesi scorsi. “Forse, nel ripensare un po’ il funzionamento di questo canone, e in questo momento ci sono varie ipotesi – aveva detto a gennaio Attilio Befera, direttore dell’Agenzia delle entrate, durante l’audizione in commissione di Vigilanza sull’anagrafe tributaria – dovrebbe essere l’Agenzia delle entrate a gestirlo direttamente, piuttosto che la Rai per conto dell’Agenzia delle entrate”.

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