Ricette per la ripresa/7. Gamberale: “Bisogna informatizzare i cittadini”

L’Italia digitale è una leva da considerare per rimettere in moto il Paese? E con quali misure? La parola a 15 top manager dell’Ict. E’ la volta di Vito Gamberale, amministratore delegato di F2i

Pubblicato il 11 Ott 2011

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L’Italia digitale è una leva di crescita da considerare? La
domanda appare retorica, se è vero che tutto il settore Ict è
ritenuto essere uno dei principali fattori di competitività
economica e se per “Italia digitale” intendiamo un Paese in
grado di utilizzare al meglio tutte le tecnologie ed i servizi Ict,
sia per ridurre i costi sia per migliorare la qualità di tutte le
attività economiche, dalla produzione di beni materiali alla
fornitura di servizi alle aziende ed ai cittadini. Sicuramente la
massima priorità va data a tutto ciò che può migliorare la
cosiddetta alfabetizzazione informatica, fattore che ci vede sempre
penalizzati rispetto a quasi tutti i Paesi industrializzati, a
partire dal più semplice indicatore di penetrazione ed utilizzo
del computer e di Internet.

E non si può non pensare in primis alla scuola di base che non ha
mezzi, infrastrutture e personale adeguati; ma anche la Pubblica
Amministrazione, che pure molti passi ha fatto, di sicuro deve
accelerare nell’utilizzo dei servizi on line, nella
sburocratizzazione dei rapporti con il cittadino, nell’uso della
firma digitale, etc.. Il secondo punto di rilievo è la necessità
di dotare il Paese di nuove infrastrutture digitali che permettano
servizi sempre più avanzati per tutti e su tutto il
territorio.

E l’infrastruttura d’avanguardia è oggi la rete a banda
ultralarga, ossia la rete in fibra ottica fino a casa dell’utente
in sostituzione dell’attuale rete in rame e dell’Adsl, una rete
che richiede molti anni di lavoro e investimenti notevoli stimabili
in oltre 20 miliardi di euro.

Il Governo dovrebbe al riguardo dotare il Paese di una efficace
regolamentazione – la Francia sembra un esempio da imitare – in
grado di mobilitare investitori pubblici e privati, oltre agli
operatori di Tlc. Regole certe e trasparenti che permettano di
realizzare una infrastruttura aperta a tutti gli operatori di
servizi con tariffe simmetriche ed adeguate a remunerare il
capitale investito, limitando gli incentivi pubblici solo a colmare
il digital divide nelle aree svantaggiate. Occorre anche evitare
una pluralità di iniziative pubbliche, apparse spesso improntate a
superficialità e incompetenza. Sicuramente in tali condizioni F2i,
e per essa la propria partecipata Metroweb, e, magari anche altri
fondi infrastrutturali possono giocare un ruolo di rilievo.

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