Riformare la PA significa domare l’elefante. Impresa titanica, oserei dire l’Impresa di una vita, per il governo Renzi. In questi mesi il mondo imprenditoriale ha applaudito ad un cambio di prospettiva radicale: obiettivi, buon senso, velocità, decisioni, concretezza, innovazione. Questo è lo stile giusto al momento giusto, si è detto. Anche la scelta dell’account a cui possiamo inviare i nostri suggerimenti per la riforma della PA è allineato: “rivoluzione” @governo.it. Chapeau, questo governo conosce e applica le migliori arti della comunicazione. Eppure ogni buona comunicazione funziona se è congruente, cioè se tutte le sue parti dicono e soprattutto fanno la stessa cosa. Ed ecco alcune mie riflessioni.
Chiedere di partecipare ad una consultazione pubblica via email è ottimo, ma cosa avviene alle migliaia di email che stanno arrivando? Come ne tengono conto? Chi dà il feedback?
Questo stile è digitale e perciò veloce. Non è che ciò che non è digitale non possa essere altrettanto veloce. Penso ad esempio allo strumento del Decreto Legge, così utile in momenti di crisi economica per dare subito iniezioni anticicliche ai sistemi impantanati. Eppure qual è l’esperienza recente, già a partire dal Governo Monti? I DL escono tempestivi, ma le rispettive PA – cui spetta il compito di recepirli concretamente – non lo fanno. E così restano lettera morta, lasciando l’amaro in bocca della disillusione. Questo è uno dei punti da cui partire: far sì che la Pubblica amministrazione applichi tempestivamente leggi e decreti, spesso anche buoni, altrimenti come possiamo valutare la reale efficacia o meno di un Governo?
Altro esempio di ciò è la scadenza ormai prossima della fatturazione elettronica nei confronti della PA centrale: gli effetti positivi che innescherebbe potrebbero essere molti, spero che le vischiose resistenze interne non portino a rinvii e deroghe, ma si proceda spediti e determinati.
Se Twitter è di moda, tutti lo seguono. Da noi accade così: le innovazioni digitali vengono recepite in massa solo nelle loro punte più visibili e solo se diventano “alla moda”. Che un ministro usi Twitter per comunicare i propri sintetici pensieri va bene, ma ancor meglio sarebbe che il suo ministero fosse digitalizzato, che i dati e le procedure fossero messe in comune con tutte le altre PA, che gli impiegati sapessero utilizzarli in quel formato e infine che cittadini e imprese potessero pretendere di interagire con loro veramente con un click.
Da qui si possono sviluppare effetti benefici per tutto il sistema. Sarebbe saggio partire con un piano di formazione al digitale di tutta la PA, utilizzando come linee guida il lavoro sulle competenze che stiamo svolgendo insieme ad Agid e premendo l’acceleratore sulla creazione degli e-Leader, risorse di “irradiazione” di cultura e competenze digitali all’interno di ogni struttura pubblica. Tra l’altro, questa iniezione di formazione avrebbe due effetti anticiclici: uno di tipo economico, legato al settore della formazione Ict ora al collasso, e uno di tipo motivazionale, creando aggiornamento e movimento nel personale pubblico.