DIGITAL ITALY

Santoni: “Ora una politica industriale”

Il Paese ha bisogno di accelerare sull’innovazione. Come fare? La “squadra” di Assinform scende in campo e dice la sua sulle priorità e le istanze da portare avanti nei prossimi mesi. Il semestre di presidenza Ue un’occasione da non perdere per l’Agenda digitale

Pubblicato il 08 Lug 2014

Agostino Santoni, presidente Assinform

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Il 16 luglio prossimo abbiamo organizzato a Firenze l’Executive Board Meeting dove presenteremo il 45° Rapporto Assinform, che costituisce da sempre la più autorevole fonte per una approfondita lettura del mercato dell’Information & Communication Technology in Italia.

All’indomani di Digital Venice e dell’avvio del semestre di presidenza italiana Ue, l’evento intende fare il punto sulle opportunità tecnologiche che la fotografia del mercato Ict fornita dal Rapporto ci presenta, ragionando con gli stakeholder e le Istituzioni su come dare un nuovo impulso all’Agenda digitale ed un’accelerazione alle politiche industriali per la crescita e l’innovazione, per la modernizzazione e la semplificazione delle Pubbliche Amministrazioni e per la competitività del sistema produttivo del Paese.

Dalla crisi al cambiamento: una prospettiva nuova

Da qualche anno i trend dell’Ict si intrecciano con la trasformazione profonda della società e del modo di produrre e fare sistema. In questo contesto, le dinamiche di mercato in Italia faticano a tenere il passo. La domanda Ict è calata del 4,4% nel 2013, allargando il gap digitale rispetto ai paesi guida dell’Europa. La timida ripresa attesa per il 2014 non sembrerebbe poter cambiare la situazione ma si va profilando una prospettiva nuova. Al calo delle componenti Ict tradizionali si contrappone una discontinuità tecnologica dell’ecosistema digitale: cloud, servizi mobili, big data, open data, e-payments, e-commerce, tecnologie per la sicurezza, Internet delle cose, soluzioni di integrazione estesa e di interoperabilità, solo per citarne alcune. Dinamica, trasversalità e capacità di attivazione di queste componenti suggeriscono che non conta solo il cumulato degli investimenti fatti negli ultimi anni, ma anche la capacità di investire oggi su di esse innescando un recupero mirato e sostenibile del gap digitale.

Cloud: fattore abilitante

Il cloud racchiude una visione diversa dal passato dell’IT, privilegiando la fruizione rispetto al possesso. Esprime un mercato nascente (750 milioni di euro nel 2013) e in forte crescita (+32%), che può cambiare il contesto di sistema per imprese e la PA. Nelle medie e grandi aziende dà la possibilità di fruire di un’infrastruttura scalabile e sempre aggiornata e di aprire subito a nuovi fronti applicativi. Nelle piccole abbatte la soglia d’accesso ad applicazioni evolute e correlate al core business (progetto, produzione, vendita online, ecc.) e facilita la cooperazione nell’ambito di distretti e filiere. Nella PA è il modello per superare la frammentazione degli asset, portare funzionalità evolute in periferia e per creare un’infrastruttura al passo con i tempi, utile all’implementazione dell’identità digitale (chiave di volta per i servizi digitali). Ovunque è il modo meno capital intensive per avere il meglio dall’Ict e va favorito in questa chiave.

Big data, open data, analytics: valore della conoscenza

I dati raddoppiano in volume ogni due anni. La capacità di trattarli per trarre indicazioni utili alle decisioni è sempre più importante: dà vantaggi alle imprese nel marketing, nel Crm nel risk management, e dà alla PA più possibilità di calibrare servizi, programmare e informare (open data). La realtà delle basi dati e degli analytics è già importante. Ma per il futuro la sfida è di raccogliere, analizzare e dare significato ai big data e cioè dataset composti da dati destrutturati (da web, mobile, social, sensori, ecc.) così ampi, complessi e mutevoli da non poter essere gestiti con gli strumenti di sempre. È importante favorire lo sviluppo di queste capacità che dischiudono interi mercati, anche a livello di servizio di sistema (via cloud), per includere nel nuovo ogni classe di impresa e dare anche maggior stimolo al mercato e alle aree d’eccellenza del settore IT: nei motori semantici e nei sistemi cognitivi l’R&D italiana ha buone carte da giocare.

Cultura digitale e startup: made in Italy tecnologico

La digitalizzazione sta cambiando tutto. Nelle grandi e medie imprese già si accresce la digitalizzazione dei processi per le attività interne, le attività esterne (vendite, marketing, ecc.), l’ideazione di nuovi prodotti e servizi. Lì la cultura digitale sta crescendo e va solo sostenuta. Non è così nelle piccole imprese. Un buon numero ha già colto le potenzialità dell’Ict: è anche grazie ad essa che nei distretti le specializzazioni e i processi si integrano. Ma si tratta ancora di una minoranza di casi rispetto al gran numero di piccole imprese che hanno ancora una limitata percezione del potenziale digitale. Autorità di governo e leadership imprenditoriale devono avviare azioni di sensibilizzazione e formazione su vasta scala.

Diverso è il caso delle startup, in gran parte native digitali, che hanno come focus d’attività piattaforme cloud di business intellicence, applicazioni mobili ed altri servizi ad alto contenuto tecnologico in logica b2b e/o b2c. Ad oggi si avvantaggiano di agevolazioni fiscali, deroghe al diritto societario e una disciplina particolare nei rapporti di lavoro nell’impresa. Ma la sfida che abbiamo di fronte richiede di più, creando condizioni ancora più favorevoli per partner e investitori, e che non abbiano il sapore del sussidio e dell’eccezionalità.

Di questo parleremo il prossimo 16 luglio a Firenze nei tre panel sulle potenzialità del cloud computing, sulla capacità di generare valore con i dati e sulla nuova cultura d’impresa che deve permeare il nostro sistema imprenditoriale. Siamo pronti a fare ciò? Sul lato dell’offerta la risposta è affermativa. Possiamo mettere in campo know-how, progettualità e competenze, possiamo intervenire a livello settoriale e territoriale ed abbiamo maturato esperienze, anche a livello internazionale, che ci consentono elevate capacità propositive e realizzative. Possiamo ampliare le opportunità delle imprese di tutti i settori attraverso l’uso dell’Ict, lungo tutte le filiere produttive, nel supporto informativo, nella comunicazione e nel marketing, nella commercializzazione, nell’assistenza postvendita, ecc.. Possiamo promuovere l’internazionalizzazione e il made in Italy tecnologico.

È importante farlo, è possibile farlo ed è necessario farlo adesso.

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