Serie A, i Pm indagano su costi gonfiati e “ostacolo alla vigilanza”

L’annuncio del procuratore Liberati dopo le rivelazioni di Repubblica. Chiesti all’Antitrust gli atti dell’istruttoria avviata a maggio. Si vuole chiarie se ci siano stati accordi spartitori Sky-Mediaset o tra i club di serie A. La gara aveva fruttato quasi un miliardo di euro per la trasmissione dei match fino al 2018

Pubblicato il 29 Set 2015

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L’inchiesta sulla spartizione dei diritti televisivi di Serie A prosegue. La Procura di Milano ha infatti confermato di essere al lavoro per verificare l’ipotesi di presunti costi gonfiati e con l’ipotesi di reato di “ostacolo alla vigilanza” rispetto alla gara per l’assegnazione dei diritti tv relativi alle stagioni calcistiche 2015-2018. La conferma arriva dopo le anticipazioni dell’indagine pubblicate dal quotidiano LaRepubblica lo scorso sabato.

Già a maggio l’Antitrust aveva avviato un’istruttoria per verificare eventuali accordi di spartizione fra Sky e Mediaset della ricca torta dei diritti e capire se ci sia stato un accordo occulto tra i grandi club di Serie A per dividersi la maggioranza degli introiti. In quell’occasione, il 19 maggio, i militari della guardai di finanza avevano avviato perquisizioni nelle sedi di Sky, Mediaset e della Lega Calcio.

Adesso i pubblici ministeri Paolo Filippini, Roberto Pellicano e Giancarlo Polizzi stanno acquisendo gli atti relativi alla vendita triennale, gestita dall’advisor Infront e conclusa con proventi per quasi un miliardo all’anno fino al 2018. Dopo l’annuncio dell’indagine da parte del procuratore Edmondo Bruti Liberati, ora i magistrati ancora in fase investigativa vogliono tenere il massimo riserbo.

Non a caso, non sono arrivate conferme ufficiali sul legame tra l’indagine sui diritti tv e l’inchiesta sul barone svizzero Filippo de Volkesberg, arrestato a maggio con l’accusa di aver riciclato soldi per imprenditori italiani tramite dei conti correnti cifrati. Così come non ha trovato riscontro ufficiale l’indiscrezione che voleva fra gli oggetti dell’indagine milanese anche la cessione al magnate tailandese Bee del 48% del Milan, oggi nelle mani della Fininvest, la holding di proprietà della famiglia Berlusconi.

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