IL CASO

Sic, è scontro tra Google e Confindustria Radio Tv

A colpi di ricorsi e controricorsi al Tar si consuma una battaglia a distanza. In gioco il valore del Sistema integrato delle Comunicazioni. Il motore di ricerca vuole essere esentato dagli obblighi di comunicare ad Agcom i ricavi da web advertising, ma l’associazione non ci sta. “E’ un competitor come gli altri, la sua esclusione minerebbe pluralismo e competitività”

Pubblicato il 21 Lug 2014

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È scontro tra Google e Confindustria Radio e TV sugli obblighi di comunicazione relativi al Sic (Sistema integrato delle comunicazioni). L’associazione ha infatti presentato lo scorso 23 giugno un “controricorso” al Tar del Lazio per opporsi a quello avanzato il 7 agosto 2013 con il quale Google Ireland e Google Italy hanno impugnato la delibera Agcom 397/13/Cons relativa all’informativa economica di sistema. Secondo BigG il provvedimento avrebbe esteso indebitamente a società che non hanno sede in Italia (Google Ireland) e a quelle che, pur basate nel nostro Paese (Google Italy), non svolgono attività rilevante ai fini del Sic l’articolo 43 del Tusmar (Testo Unico dei Servizi di media audiovisivi e radiofonici) che obbliga anche le concessionarie di pubblicità via web a comunicare ad Agcom i ricavi. L’articolo, nel dettaglio, stabilisce che il valore del Sic sia da stimare anche in relazione “ai ricavi da pubblicità online e provenienti da diverse piattaforme incluse le risorse raccolte da motori di ricerca, piattaforme sociali e di condivisione”.

Ma la tesi fondamentale portata avanti da BigG è che nessuna delle due società svolgerebbe in Italia attività competenti il Sic, con la conseguenza che Google dovrebbe essere totalmente escluso dagli obblighi previsti dall’articolo 43.

Di tutt’altra opinione Confindustria Radio Tv, secondo cui è evidente che il gruppo Google raccoglie investimenti per attività pubblicitarie da eseguirsi in Italia sia tramite l’omonimo motore di ricerca sia tramite YouTube. A detta dell’associazione, la web company ridurrebbe la quantità di risorse disponibili per gli altri media. In questo senso l’esclusione di Google & co. dall’obbligo di informativa generebbe una grave asimmetria a discapito di tutti i soggetti del Sic che vedrebbero uno dei maggiori competitor escluso dall’applicazioni regole che, invece, dovrebbero garantire il pluralismo. Motivo per cui Confindustria Radio Tv chiede al Tar che il ricorso sia respinto. Attualmente il ricorso di Google è in attesa di fissazione di udienza di merito.

Stando agli ultimi dati rilasciati da Agcom sul valore del Sic, nel 2012 ben il 49,81% del sistema è riconducibile a operatori, quali Seat Pagine Gialle, Google, Cairo Communication, Gruppo 24 Ore, Caltagirone Editore, Monrif, Class Editori e De Agostini.

Le imprese che fanno riferimento al gruppo Fininvest (Mediaset e Arnoldo Mondadori Editore), nel 2012, raggiungono complessivamente il 14,92%, seguite dal gruppo 21st Century Fox con il 14,26% – costituito da Sky Italia (13,96%) e Fox International Channels Italy (0,30%) – e Rai con il 13,20%. Seguono poi, con una quota di gran lunga inferiore, il Gruppo Editoriale L’Espresso (4,13%) e il gruppo Rcs Mediagroup (3,68%). La rimanente, ma corposa, quota del Sic – pari al 49,81% – per l’anno 2012, è riconducibile ai restanti operatori, tra cui Seat Pagine Gialle, Google, Cairo Communication, Gruppo 24 Ore, Caltagirone Editore, Monrif, Class Editori e De Agostini.

I ricavi relativi alla pubblicità online, individuata quest’anno per la prima volta, alla luce appunto delle modifiche apportate all’articolo 43, comma 10, del Testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici, ammontano a circa 1,5 miliardi di euro.

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