LA TV DEL FUTURO

Stefano Parisi: “Streaming, Chili pronta alla competizione”

L’azienda italiana del film digitale si prepara al balzo sui mercati internazionali grazie a ricavi
in crescita e all’ingresso di nuovi soci di capitale. Il presidente: “Noi vediamo positivamente
l’eventuale arrivo di Netflix perché ha aperto il mercato videostreaming”

Pubblicato il 19 Gen 2015

Antonio Dini

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I film in streaming pay-per-view senza abbonamento pagano. Chili, l’italiana del film digitale si prepara al balzo dell’internazionalizzazione, grazie a ricavi in crescita (raddoppiati rispetto allo scorso anno e adesso a quota 5 milioni con 400mila clienti registrati) e risorse fresche con l’entrata di nuovi soci di capitale (otto milioni di euro) poche settimane fa. “La prossima mossa – spiega il presidente Stefano Parisi – è l’internazionalizzazione: apriamo in Austria, e a inizio 2015 andiamo anche in Polonia, poi a seguire Germania e Gran Bretagna”. Le ricadute saranno interessanti anche per il mercato italiano perché, accanto ai telefilm da poco aggiunti in maniera massiccia al catalogo di Chili, arriveranno anche i film con l’audio in lingua originale. Ma all’orizzonte la competizione rischia di farsi intensa se arriverà davvero Netflix, il colosso Usa dello streaming su abbonamento.
Cosa potrebbe cambiare per Chili, presidente?
In positivo, molto. Noi vediamo positivamente l’arrivo di Netflix, perché ha aperto il mercato del videostreaming. In Italia siamo indietro in termini di consumi e di dinamica di crescita, e adesso poggia tutto sulle nostre spalle. Questo è un mercato in cui è meglio essere secondi, follower, e lasciare a un altro il lavoro – costoso – di apripista. Oltretutto Netflix ha un modello molto diverso dal nostro: loro vanno su abbonamento, ma poi paghi le ultime novità, noi invece offriamo un pay-as-you-go che pensiamo sia più conveniente per il cliente.
Nel mercato della musica digitale, però, la maturazione ha coinciso con un cambiamento: da iTunes che offriva le singole canzoni a Spotify che invece va in abbonamento come Netflix. Non pensa che possa succedere lo stesso anche da voi?
Musica e film sono due mercati molto diversi. Il modello Spotify in realtà è freemium: gratuitamente con pubblicità e senza scegliere le canzoni, a pagamento senza limiti. Nel mercato del cinema è completamente diverso, perché i film durano due ore, non tre minuti, e non puoi guardare un film facendo altro. Noi pensiamo che, tanto più ci sarà competizione nel mercato, tanto più il cliente vorrà essere mobile tra le piattaforme, e questo premierà chi come noi lo permette.
Chi è il vero avversario per voi su questo mercato?
È la pirateria, lo era prima e lo è ancora. Nel mondo della musica è stata iTunes voluto da Steve Jobs a sconfiggerla offrendo un prodotto migliore e a un prezzo conveniente. Per il film, il principale concorrente non sono le sale cinematografiche o gli altri, ma la pirateria. Dobbiamo sconfiggerla con una dinamica più intelligente dell’offerta.
Come si può fare?
Ad esempio rivedendo le finestre, cioè il tempo che bisogna aspettare tra quando un film va in sala e quando lo possiamo offrire in digitale. Troppo lunghe, facilitano solo la pirateria.
Ma così si penalizzano le sale cinematografiche, no?
No. Possiamo convivere molto bene e fare anche ottime alleanze. Noi l’abbiamo fatto, mettendoci in relazione con Uci Cinema che ha il 25% del mercato italiano. Se compri il biglietto del cinema poi hai un buono per Chili. Accordo lungimirante perché i gestori non avevano niente dello spettatore a parte il biglietto venduto. Così invece lo conosciamo, possiamo vendergli altri film che gli piacciono a casa, avvertirlo quando esce un nuovo film. E poi considerare che l’esperienza della sala cinematografica è molto diversa da quella di casa.
Avete altri strumenti di promozione?
Abbiamo accordi con Samsung, Lg, Panasonic e altri per avere la nostra app nelle loro televisioni smart. Siamo su Chromecast, abbiamo accordi con marchi come Eni e Barilla. Stiamo facendo operazioni con il Corriere della Sera, con il quale adesso lavoriamo molto, e poi con la grande distribuzione: Pam ed Esselunga. Chi compra al supermercato nello scontrino ha un codice per vedere un film da noi. E siamo presenti con le app su Xbox, Android e iOS. Presto su Playstation4.
Il servizio internazionale porterà con sé alcune di queste promozioni?
Replicheremo certamente gli accordi che, con alcuni come Samsung, sono già globali.
Qual è il problema in Italia, oltre alla pirateria?
La lentezza: andiamo piano perché il paese cresce lentamente nel digitale. Metà delle famiglie ha internet, metà della metà ha la banda larga. Gli strumenti di pagamento ci sono, da carta di credito a gift card e pay-pal, anche se per adesso manca il mobile, per via del ricarico degli operatori. Ma il punto è che per volumi l’eCommerce italiano è il più basso d’Europa. Ma il cinema è importante, è uno straordinario strumento di crescita culturale. Noi andiamo avanti.
Ultima domanda, farete come Netflix anche le vostre produzioni come Orange is the new black, Marco Polo e House of Cards?
Impensabile, non abbiamo la dimensione e non servirebbe. Loro così mettono sotto pressione Hollywood, per noi non ha senso, anche se si può sperimentare molto: con il Corsera la “Mamma imperfetta” è andata in pillole sul sito, poi in tv, poi un giorno al cinema.
La vostra tecnologia?
L’importante sono le persone, la rete e lo storage. Usiamo Amazon per storage e Cdn. Questo ci permette di muoverci con leggerezza verso altre nazioni. O fare servizi, come quello per Corriere e Gazzetta, che adesso usano la nostra piattaforma. E poi le persone, perché nella nostra società siamo in 50, due terzi dei quali sono ingegneri che sviluppiamo. La tecnologia della piattaforme e l’interfaccia sono nostre, e questo è il valore aggiunto.

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