LA POLEMICA RAI

Tarantola: “Vendere Raiway è l’unica soluzione”

Per la presidente Rai il decreto legge che impone risparmi per 150 milioni “obbliga” alla cessione di una quota della società che gestisce gli impianti di trasmissione. Ma precisa: “Non la svenderemo”

Pubblicato il 04 Giu 2014

L.M.

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L’impatto del decreto Irpef sulla Rai, alla quale viene imposto un risparmio di 150 milioni di euro con una riduzione degli introiti da canone, obbliga la Rai come “unica soluzione percorribile” a cedere “una quota di minoranza di RaiWay». Lo ha ribadito il presidente della Rai, Anna Maria Tarantola, in audizione in commissione di Vigilanza con l’intero Cda di viale Mazzini nei giorni della mobilitazione contri i previsti tagli e dopo l’approvazione del decreto Irpef da parte delle commissioni Bilancio e Finanze del Senato. La top manager ha tuttavia precisato, sempre riferendosi alla società che gestisce gli impianti di trasmissione della Rai: “Speriamo di fare le cose fatte bene e di non svenderla”.

“Dalle informazioni rese dal direttore generale al Consiglio – ha spiegato Tarantola – è anche emerso che si rende necessario rivedere il piano industriale in quanto le disposizioni contenute nell’attuale configurazione del decreto rendono il piano non più sostenibile”.

In particolare Tarantola ha detto che il dl 66 dell’aprile scorso determina “impatti rilevanti” per la Rai. Il minore introito da canone di 150 milioni previsto dall’art.21 del decreto Irpef si aggiunge ai circa 50 milioni di minori ricavi da canone stimati quest’anno “per effetto della maggiore morosità e del mancato adeguamento del canone”. La conseguenza sarà che “nonostante la costante ed incisiva azione di efficientamento” si determinerebbe già il prossimo settembre una perdita quantificabile in 162 milioni, con impatti – ha spiegato Tarantola – sul capitale sociale, peraltro “già esiguo”, che a settembre si ridurrebbe di più di un terzo. Il che significherebbe la necessità di adottare provvedimenti previsti dall’art. 2446 del codice civile. Inoltre, si avrebbe “il mancato rispetto dei covenants bancari a partire da dicembre, con impatto negativo tanto in termini di condizioni, quanto di potenziale accelerazione del rimborso”. Tutte cose che Tarantola, insieme allo stesso dg Gubitosi e su “mandato conferito all’unanimità”dal Cda, ha messo nero su bianco per informare l’azionista di riferimento Rai.

“La lettera – ha spiegato la presidente – non ha nessun intento polemico, è solo una doverosa informazione all’azionista degli effetti del decreto legge 66 e delle azioni che si rendono necessarie per il suo rispetto”. Tarantola ha quindi spiegato come nasce l’ipotesi cessione di quote minoritarie di RaiWay: si è a metà anno e i meccanismi temporali di gestione dell’attività televisiva non consentono margini elevati di recupero sul piano dei costi nel breve periodo. E dunque “l’unica soluzione percoribile, per fronteggiare la riduzione di 150 milioni di euro degli introiti da canone senza incorrere nelle previsioni dell’art. 2446 del codice civile, sia quella di cedere una quota di minoranza di Rai Way”.

Interrogata su un’eventuale quotazione, la presidente ha replicato: “Non so dire quale sia la quotazione di Raiway. Ci siamo affidati agli advisor sia per il mercato interno che estero. Speriamo di fare le cose fatte bene e di non svenderla. Visti gli obblighi del codice civile, siamo tenuti a mettere in campo tutte le azioni per evitare la perdita”.

Il cda “ha da subito delegato il dg, e successivamente anche al sottoscritta, ad avviare le azioni propedeutiche all’operazione, riservandosi di decidere quando si conosceranno compiutamente le condizioni di cessione”. È però intendimento della dirigenza – ha assicurato Tarantola – “non intervenire sugli investimenti in tecnologia e sulla cultura”.

Nel suo discorso Tarantola ha poi detto: “La Rai era un’azienda in sofferenza e l’abbiamo riportata in utile in poco più di un anno. Nel luglio del 2012 – ha puntualizzato – abbiamo trovato una Rai in sofferenza economica, tecnologicamente ferma da anni, con un’organizzazione non adeguata al nuovo contesto digitale e con una perdita di competitività. Noi abbiamo presentato un robusto piano industriale”. La presidente ha ricordato gli “obiettivi fondanti: l’equilibrio economico finanziario, un’efficacia organizzazione, gli interventi sull’innovazione tecnologica, un aumento della qualità dell’offerta per reincrementare la capacità competitiva”.

“Mi sento di dire – ha aggiunto – che io e i consiglieri siamo consapevoli della responsabilità nei confronti dell’azienda, del Parlamento, dell’azionista e dei dipendenti e con questo pieno senso di responsabilità intendiamo operare”.

Tarantola ha poi definito “incoraggianti” i risultati conseguiti. “Il bilancio 2013 ha un risultato positivo anche se modesto, con 5,3 milioni di utile. Questo risultato è stato reso possibile grazie a un’incisiva ottimizzazione dei costi – ha aggiunto la Tarantola – diminuiti del 4%. L’azionista, il Tesoro, in sede di assemblea per l’approvazione di bilancio, ha riconosciuto questa azione auspicando lo sforzo di razionalizzazione, sforzo che è continuato”.

Per un cambiamento radicale è “necessario intervenire sulla missione, sulla governance, sul canone; questo non è alla portata della Rai, che è comunque pronta a collaborare. Il preannunciato anticipo dei lavori per il rinnovo della convenzione è positivo”. Perché, secondo il presidente, c’è ancora bisogno di “un servizio pubblico radiotelevisivo, anche se è indubbio che deve trattarsi di un servizio pubblico evoluto in senso multimediale e multipiattaforma e, naturalmente, efficiente”.

Intanto Vinicio Peluffo, capogruppo Pd in commissione Vigilanza, intervenendo questa mattina a Radio città futura, ha detto che la maggioranza di Raiway resterà in mano pubblica. “Nell’articolo 21 del decreto – ha detto – è presente la possibilità di cedere quote delle società partecipate. Quote di minoranza. Quindi quando parliamo di Raiway e della cessione di Raiway – ha concluso Peluffo – parliamo della cessione di quote di minoranza: la maggioranza di Raiway rimane saldamente in mano della Rai, in mano pubblica”.

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