IL CASO

Tech war, si allunga la black list Usa: ban anche per China Telecom

Il colosso cinese delle Tlc accusato di rappresentare un pericolo per la sicurezza nazionale. 60 giorni di tempo per cessare le attività nel territorio americano. Pechino intanto va avanti con le misure a livello nazionale: in vista nuove regole per rendere Internet più “civile”

Pubblicato il 27 Ott 2021

Domenico Aliperto

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La Federal Communications Commission (Fcc) ha revocato l’autorizzazione a operare negli Usa alla filiale di China Telecom. Ancora una volta, si parla di “rischi significativi” per la sicurezza nazionale.

Le conseguenze in borsa e la risposta di China Telecom

Più nello specifico, si paventano possibili infiltrazioni di rete, in quanto la società è “soggetta allo sfruttamento, all’influenza e al controllo del governo cinese, ed è quasi certamente costretta ad ottemperare alle richieste del governo cinese in assenza di procedure legali soggette a supervisione giuridica indipendente”. L’Fcc ha aggiunto che l’influenza esercitata da Pechino “pone significativi rischi di sicurezza nazionale e tutela dell’ordine, fornendo opportunità” alle aziende al governo cinesi di “accedere, archiviare, danneggiare e/o deviare le comunicazioni statunitensi”.

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L’amministrazione Biden continua quindi a rafforzare le iniziative avviate da Donald Trump per limitare l’accesso alla tecnologia e ai mercati americani per le società cinesi di proprietà statale. Quello a China Telecom è infatti solo il colpo finale inferto a uno dei gruppi che erano già stati espulsi dalle borse statunitensi.

La condotta e le comunicazioni della società nei confronti delle agenzie governative degli Stati Uniti “dimostrano una mancanza di candore, attendibilità e affidabilità”, ha affermato la Fcc, senza fornire altri dettagli. Il governo cinese ha risposto che adotterà misure per proteggere le sue società, ma non ha ancora annunciato alcuna ritorsione sul loro status nel mercato statunitense.

A China Telecom America sono stati concessi 60 giorni per fermare i servizi attivi in 20 stati della federazione, dove la compagnia cinese è presente da una ventina di anni. “La decisione della Fcc è deludente. Abbiamo in programma di perseguire tutte le opzioni disponibili per continuare a fornire i servizi ai nostri clienti”. È quanto ha detto a Reuters un portavoce di China Telecom America dopo la notizia della revoca, che ha causato un immediato ribasso dei titoli delle aziende cinesi quotate negli Stati Uniti e ad Hong Kong: l’indice Hang Seng ha perso oltre l’1%, e il suo listino tecnologico ha ceduto oltre il 3%, trascinato anche dal ribasso di gruppi come Tencent, Alibaba e JD.com.

Intanto la Cina promette di aumentare gli sforzi per un Internet “civile”

Nel frattempo da Pechino arriva una dichiarazione d’intenti che contraddice le accuse americane. La Cina infatti promette di rafforzare i suoi sforzi per costruire un Internet “civile” con l’obiettivo di rimodellare il comportamento online e usarlo come piattaforma per diffondere nuove teorie di partito e promuovere i valori socialisti, ha affermato il regolatore del cyberspazio del paese. Il capo della Cyberspace Administration of China (Cac) Zhuang Rongwen ha affermato che tali sforzi sono stati cruciali per costruire un “paese socialista moderno”, dato che la Cina ha oltre un miliardo di netizen ed è la più grande società digitale del mondo, stando a quanto si legge sul quotidiano Study Times, citato da Reuters. The Study Times è pubblicato dalla Central Party School, che forma i funzionari emergenti nel Partito Comunista al potere. Il Cac ha ripubblicato l’articolo sul suo account WeChat ufficiale.

Il Partito dovrebbe sfruttare la capacità di Internet di facilitare la comunicazione, ha detto Rongwen, e usarlo per “far volare le teorie innovative del partito nelle case della gente comune”. Le buone pratiche dovrebbero essere meglio pubblicizzate, e i giovani utenti di Internet dovrebbero essere guidati a sviluppare le abitudini sane del cyberspazio piuttosto che comportamenti come il cyberbullismo. Un’aspirazione che dovrebbe partire dalle aziende di Internet, che dovrebbero migliorare la propria autodisciplina.

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