MERCATI

Telco “unita” su Telecom, pronto il dossier scorporo

Una fonte vicina alla vicenda riferisce che i soci hanno “unità di vedute” sul futuro della holding: “Se arriva una proposta interessante sarà difficile non vendere. Ma la situazione è ancora fluida”. Contatti non solo con Telefonica. Intanto si procede con il progetto di separazione della rete che potrebbe arrivare sul tavolo di Agcom già per il prossimo Consiglio

Pubblicato il 18 Set 2013

F.Me.

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Tra i soci italiani di Telco c’è “unità di vedute”, anche perché “se arriva una proposta interessante è difficile non vendere”. Tuttavia, la situazione “è ancora molto fluida e non si capisce se si troverà una soluzione”. Sono in corso contatti “non solo con Telefonica, ma anche con altri. Siamo nella fase più cruciale”. Lo riferisce una fonte vicina alla vicenda, facendo il punto sulla situazione di Telecom Italia.

“O si trova un accordo con Telefonica di qui a fine mese – prosegue la fonte – oppure si manda una disdetta e si procede allo scioglimento di Telco. Le quote si possono vendere o come Telco agli altri azionisti di Telco, oppure si vendono le azioni Telecom a qualcuno che ha interesse a Telecom”. Telefonica “deve chiarire se è interessata” e “fare una proposta che sia un minimo di soddisfazione”. E comunque, conclude la fonte, “da giugno a oggi c’è stato un allineamento delle posizioni tra i soci italiani” di Telco.

Intanto Mediobanca annuncia che non metterà altri soldi in Telecom dove ha, insieme ad altri soci, una partecipazione indiretta attraverso al holding Telco. L’Ad Alberto Nagel, nel corso della conference call con gli analisti, ha spiegato che la partecipazione in Telco, ”una holding illiquida non dà liberta di vendita” e ”abbiamo comunicato chiaramente agli altri azionisti la nostra intenzione con l’obiettivo con l’obiettivo di disinvestire, questo non è in linea con l’idea di mettere più equity”.

Intanto sarebbe pronto il dossier sul progetto di scorporo della rete di Telecom Italia. Come scrive Il Sole 24 Ore, spiegando che manca solo la presentazione all’Agcom, che potrebbe averlo sul proprio tavolo in occasione del prossimo Consiglio, in programma il 30 settembre. Il documento contiene quelle informazioni più dettagliate sull’operazione di societarizzazione della rete d’accesso richiesto dalla stessa Autorità, che a fine luglio aveva dato un primo via libera all’operazione.

Equita Sim ha alzato il target price su Telecom (+0,75% a 0,601 euro) da 0,6 a 0,65 euro per “il miglioramento del free risk”, confermando la raccomandazione hold. Sulle azioni di risparmio il prezzo obiettivo passa da 0,54 a 0,52 euro, con giudizio hold. Gli analisti valutano alcuni scenari in vista del Cda del 3 ottobre. “Pensiamo”, spiega Equita, “che il management debba indicare come affrontare il concreto rischio di un possibile downgrade del debito. Ieri Mediobanca ha ribadito l’intenzione di vendere e di non investire in Telco/Telecom. Indipendentemente dalle strategie degli azionisti di riferimento, difficilmente conciliabili, le due soluzioni definitive per il debito di Telecom sono l`aumento di capitale, che nei calcoli ipotizziamo per circa 3,4 mld, o la cessione di Tim Participacoes.

Nel primo caso individueremmo un PE blended, ordinarie più risparmio, post aumento di circa 7,3 volte, dalle attuali 5,9 volte. Si tratterebbe di un multiplo abbastanza contenuto per un operatore che avrebbe risolto a quel punto i problemi immediati di rating. La cessione di Tim Brasil andrebbe” invece per Equita “considerata solo se premiante rispetto alle attuali valutazioni di mercato. Telecom controlla il 67% di Tim Participacoes. La quota è valutabile a prezzi di mercato circa 4,8 mld o circa 4,4 volte l’Ebitda. Ipotizziamo che in un deal di M&A sia possibile realizzare un multiplo di almeno 6-7 volte l’Ebitda, pari a circa 8-9 mld per la quota di Telecom. La cessione produrrebbe un calo del debito/Ebitda 2014 a meno di 2 volte, con questo scongiurando il rischio di downgrade del debito e quindi di aumento di capitale. In questo caso la nostra valutazione di Telecom si incrementerebbe a circa 0,83 euro”.

E sul destino di Telecom si interrogano anche gli analisti di Bernstein, secondo cui in una prospettiva di più lungo termin la scomparsa dalla scena politica di Silvio Berlusconi aprirà alla possibilità di una “profonda ristrutturazione dei settori tv e telecom in Italia” che potrebbe impattare anche sulla compagnia. Nella tv in chiaro da un lato c’è Mediaset, che, notano gli esperti, ha visto la propria “forza di mercato molto penalizzata dalla perdurante recessione”, dall’altro la Rai, che “negli anni ha perso importanti contenti perché non poteva più permetterseli, come ad esempio la Formula 1”, mentre Telecom ha disinvestito cedendo La7.

Per ora la Pay tv è stata caratterizzata da una “penetrazione relativamente bassa, cresciuta di recente solo grazie ad offerte con un ricavo medio per utente molto basso”; secondo gli analisti ora gli operatori puntano più a stabilizzare tali ricavi che non a competere per la quota di mercato. “Questo apre all’opportunità per un nuovo entrante wireline di offrire un miglior servizio, grazie all’interattività, e usando i prezzi bundled di ridurre il costo totale della proprietà alla luce della convergenza dei servizi telecom e Pay tv che ha acquisito sempre più forza in molti mercati europei”.

Ipotizzando un bilancio in uno stato decisamente migliore, secondo Bernstein è “possibile che nuovi soci” di Telecom “vorranno spendere 2-3 miliardi euro necessari per costruire una rete in fibra per coprire il 50-60% delle famiglie italiane. Quindi potremmo assistere al lancio di un business Pay Tv di Telecom I. Si tratterebbe di una mossa che colpirebbe sia Sky Italia – svantaggiata per via della tecnologia – sia Mediaset Premium – per cui sarebbe impossibile competere sul fronte dei costi totali”.

Un altro scenario per gli esperti potrebbe essere quello di un “possibile merger tra Sky Italia e Telecom”. In generale, conclude Bernstein, “è difficile immaginare perché Telecom I., con una nuova struttura di controllo e senza rischi politici, non debba entrare direttamente nella Pay tv attraverso un’alleanza con Sky Italia, cosa che creerebbe una combinazione molto forte alle spese della tv in chiaro e di Mediaset, o indirettamente con accordi con fornitori di contenuti come Netflix”.

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