STRATEGIE

Telecom Italia “blinda” le frequenze di La7

L’azienda punta sui tre multiplex per l’affitto di capacità trasmissiva. Ma in futuro il valore dello spettro potrebbe aumentare grazie al broadband mobile

Pubblicato il 05 Mar 2013

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La cessione di La7 a Cairo da parte di TI Media apre nuovi scenari per il futuro di Telecom Italia che sceglie di uscire dal business della trasmissione di contenuti televisivi tradizionali e di puntare invece sui tre multiplex per i quali detiene i diritti d’uso. Multiplex che Telecom Italia ha deciso, con prudenza, di non vendere, giudicando insufficiente l’offerta del fondo Clessidra che si era fatto avanti per rilevare tutto il pacchetto in vendita (La7 più le tre frequenze) ad un prezzo complessivo di circa 350 milioni di euro, rivisto al rialzo in un secondo momento. Un valore che potrebbe lievitare alla luce delle prossime mosse di Agcom.

Oggi i broadcaster che detengono frequenze ad uso televisivo non possono convertirle automaticamente per la telefonia mobile. Ma Telecom, non accettando le avances di Clessidra, ha voluto evitare il rischio di cedere a basso prezzo frequenze che in futuro potrebbero rivelarsi molto più preziose. In futuro, le frequenze di TI Media potrebbero infatti servire per una gara Lte, con un’impennata del loro odierno valore. In questo caso sarebbe lo Stato a decidere di metterle all’asta per la telefonia mobile, in cambio di spettro sostitutivo e/o indennizzi a favore dei broadcaster.

Per ora TI Media continuerà ad usare i canali 47, 48 e 60 della banda Uhf, che fanno capo a TI Media Broadcasting, per fornire capacità trasmissiva a fornitori di contenuti televisivi. Un’attività proficua che TI Media svolge già da tempo, affittando capacità di banda a diverse emittenti, fra cui La7, La7d (che continuerà anche dopo la cessione), Mtv e ancora altre emittenti extra gruppo come Sportitalia, Mediaset Premium, Real Time, Padre Pio Tv, Vero Tv ecc. Il business di TI Media comprende anche lo sviluppo della tv via Internet, portato avanti oggi con Cubovision, la piattaforma di contenuti via Internet del gruppo Telecom.

Gran parte del valore delle frequenze di Telecom Italia (canali 47, 48 e 60) dipenderà dalle prossime mosse dell’Agcom. I canali dal 61 al 69 sono stati ceduti agli operatori mobili nell’asta Lte. I canali dal 51 al 60 sulla banda 700 Mhz potranno essere usati per la banda larga mobile a partire dal 2016, in linea con quanto auspicato dall’Agenda Digitale dell’Ue, che impone all’Italia di trovare un Ghz di banda in più per il broadband mobile entro il 2020. Un impegno, quello della progressiva valorizzazione della banda a 700 Mhz per l’Lte, recentemente confermato al Corriere delle Comunicazioni dal commissario Maurizio Décina.

La nuova strategia preannunciata dall’Agcom nella gestione dello spettro radio prevede l’eliminazione degli sprechi e la massima valorizzazione nell’uso delle frequenze. In attesa del regolamento definitivo dell’asta frequenze, con il testo dell’ex beauty contest ancora fermo a Bruxelles, si ipotizza che il regolamento dell’asta possa prevedere che “alcuni canali dal 57 al 60 (quelli sulla banda a 700 Mhz ndr) dovrebbero essere riservati ad una gara per la banda larga mobile, mentre quelli dal 51 al 60 (sempre sui 700 Mhz, ndr) sarebbero ancora riservati all’attività televisiva, almeno fino al 2020”, scrive il Sole 24 Ore.

Se sarà così, TI Media potrebbe vedersi tolto il canale 60, in cambio forse del canale 55 della banda Uhf, che però non è destinato alla telefonia mobile. A meno che lo Stato non decida di fare un’asta riservata alla telefonia mobile per la banda a 600 Mhz, i canali al di sotto del 51-59, sulla scia di quanto avviene negli Usa. Negli Usa la banda a 600 Mhz è destinata ad un’asta per l’Lte, con una previsione d’incasso di 30 miliardi di dollari, a fronte di un indennizzo complessivo di 1,5 miliardi di dollari per le tv “sfrattate”, che potrebbe salire a 3 miliardi (il 10% del presunto valore dell’asta).

Il valore dei canali 47, 48 e 55, quindi, potrebbe salire e di molto, e raggiungere una media fra il prezzo incassato dalla cessione di capacità trasmissiva per usi televisivi e il 10% del valore d’asta intorno al 2020, quando questi canali potrebbero essere messi a gara per la telefonia mobile (se l’Agcom seguirà il modello degli Stati Uniti).

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