L'AUDIZIONE

Telemarketing, Stanzione: “Spia di fenomeni di illegalità”. Registro opposizioni in standby

Il Garante per la Privacy: “Sistema che altera profondamente la fisiologica dinamica di mercato, favorendo imprese sleali a scapito di quelle più corrette”. Attesa da quasi un mese la pubblicazione in Gazzetta del decreto che amplia gli orizzonti alla telefonia mobile: stop alle chiamate indesiderate anche da robocall

Pubblicato il 16 Feb 2022

pasquale stanzione

“Il telemarketing è spesso la ‘spia’ di un più complesso sistema d’illegalità che fa capo ad aziende che, oltre a violare la privacy dei consumatori, ledono le garanzie basilari di ordine lavoristico”. Lo ha affermato il Garante per la protezione dei dati personali, Pasquale Stanzione, nel corso di una audizione davanti alla Commissione parlamentare d’inchiesta sulla tutela dei consumatori e degli utenti. “Proprio per le numerose implicazioni connesse a tale fenomeno e per la rilevanza penale che il telemarketing può avere a certe condizioni – ha ricordato Stanzione – il Garante ha condiviso in più di un caso le proprie risultanze con la magistratura inquirente, chiamata a occuparsi delle più gravi violazioni correlate a questo sistema di gestione delle strategie commerciali”.

Naturalmente, “il fatto che il fenomeno sia pervasivo e anche, per certi versi strutturale, non vuol dire tuttavia che sia ineliminabile. Esso, anzi, va contrastato perché determina turbamenti anche significativi nella vita privata soprattutto dei soggetti più fragili, come gli anziani, in danno dei quali può risolversi addirittura, nei casi peggiori, in vere e proprie truffe. E per altro verso, esso altera profondamente la fisiologica dinamica di mercato, favorendo imprese sleali a scapito di quelle più corrette”.

Anche per questo il Garante assegna “una valenza strategica al contrasto del telemarketing illecito come fenomeno endemico da eradicare nella sua intera articolazione, composta da una filiera complessa di teleseller spesso abusivi e da varie aziende partner. Più volte si è fatto proficuo ricorso alla cooperazione con le altre autorità coinvolte e in particolare con quella albanese, essendo lì delocalizzati molti call center. E’ stato così possibile accertare innumerevoli violazioni per le quali il Garante ha irrogato sanzioni anche di milioni di euro. E proprio la rilevanza delle sanzioni previste dal 2018 nel Gdpr (fino al 4% del fatturato annuo) e di recente irrogate, appunto, nei confronti di grandi operatori, potrebbe avere un effetto deterrente importante nel futuro e determinare, progressivamente, l’affievolimento di questo fenomeno odioso”.

Una “difesa” importante per i cittadini – ha concluso il Garante – verrà dall’estensione, in attesa di applicazione dopo l’approvazione del regolamento, del Registro delle opposizioni alle utenze mobili (oltre a quelle riservate), così da coprire buona parte del fenomeno oggi più invasivo. Le chiamate promozionali e funzionali a ricerche di mercato dovranno inoltre essere effettuate con una numerazione univoca, distinta da un codice che sarà riconoscibile per gli utenti o, in alternativa, da utenze richiamabili proprio per potervisi opporre e l’iscrizione avrà effetto revocatorio dei consensi precedentemente espressi anche per le chiamate automatizzate”.

Il Dpr sul nuovo Registro della opposizioni è stato approvato e ora si attende la pubblicazione in Gazzetta.

Il pedinamento digitale

“La pandemia ha dimostrato l’indispensabilità dei servizi forniti dalle piattaforme ma, al contempo, anche l’esigenza di una strategia difensiva rispetto al loro pervasivo ‘pedinamento digitale’, alla supremazia contrattuale, alla stessa egemonia culturale/informativa, realizzata con pubblicità mirata e microtargeting”.

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“Le piattaforme – ha premesso Stanzione – stanno assumendo un ruolo sempre più determinante nelle dinamiche intersoggettive, economiche, persino politiche, assurgendo a veri e propri poteri privati scevri, tuttavia, da un adeguato statuto di responsabilità”.

E “il consumatore – ha proseguito il garante – si trova a fronteggiare congiunture e rapporti del tutto inediti, in cui le regole su cui si è fondata la tutela in materia stentano ad affermarsi in un contesto caratterizzato dall’assenza di un mercato di riferimento nel senso tradizionale del termine; dalla dissimulazione delle pratiche commerciali scorrette in illeciti privacy; dalla personalizzazione dell’offerta e dalla segmentazione del mercato, rese possibili dalla profilazione algoritmica del consumatore; dalla pubblicità targettizzata e dalle conseguenti discriminazioni di prezzo, che mettono in crisi la nozione stessa di ‘consumatore medio’ su cui si fonda l’applicabilità delle pratiche commerciali scorrette; dalla sovrapposizione delle figure di professionista e consumatore che, tradizionalmente contrapposte nella disciplina consumeristica, sembrano invece in parte convergere, nella società delle piattaforme, nel nuovo tipo soggettivo del ‘prosumer’ o ‘consumattore’, con il connesso interrogativo sull’eventuale configurabilita’ di doveri di comportamento in capo al ‘privato’ che decida di offrire un bene o servizio in via non ‘professionale’, ma comunque neanche occasionale”.

“Le proposte della Commissione Ue sul Digital Service Act e il Digital Markets Act – ha concluso Stanzione – si muovono nella direzione del doveroso adeguamento delle tutele del consumatore a una realtà così peculiare, e peraltro in costante trasformazione, come quella digitale, anzitutto riconoscendo all’utente una gamma di strumenti di intervento volti a promuoverne, anche in forma proattiva, la tutela ad ampio spettro. Per altro verso, si rafforzano gli obblighi di informazione, lealtà, correttezza, ma più in generale responsabilizzazione delle piattaforme”.

L’importanza dell’educazione

“L’educazione digitale è il necessario presupposto di scelte libere e consapevoli, tanto difficili quanto indispensabili al tempo della ‘zero-price economy’, in cui servizi apparentemente gratuiti sono invece pagati al caro prezzo dei nostri dati e, quindi, della nostra libertà”, ha evidenziato il Garante. Per il Garante, “una più netta presa di coscienza del valore dei propri dati è l’unico, effettivo baluardo contro il rischio della monetizzazione della privacy, che rappresenta oggi la vera questione democratica nel governo della rete. Da un lato, infatti, l’economia delle piattaforme ha reso prassi ordinaria lo schema negoziale ‘servizi contro dati’, dall’altro ammettere la possibilità della remunerazione del consenso rischia di condurre a una vera e propria monetizzazione della libertà. E’ un tema su cui interrogarsi, non solo in sede nazionale”.

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