AUTHORITY IN SCADENZA

Tempo di tecnici per Agcom?

Parte il totonomine per l’autorità il cui mandato scade a metà maggio. E per la prima volta spuntano nomi
di personaggi extra-politici. Ma soprattutto si affacciano da Rete e partiti richieste per procedure diverse: più trasparenza nei metodi per le elezioni e profili professionali pubblici

Pubblicato il 02 Apr 2012

R.C.

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Effetto Monti per il nuovo Agcom. Forse. Certo è che per la prima volta tra le “nomination” in circolazione si sente un’aria diversa. Più nomi di tecnici e ingegneri al posto di personaggi prestati in toto dal mondo della politica o della giurisprudenza. E una tensione, in rimbalzo dalla Rete alle stanze dei partiti, che chiede una maggiore trasparenza nelle procedure, un palazzo un po’ più di vetro, e possibilmente un “menu” con il curriculum dei candidati perché non si ripeta mai più un “caso Martusciello” come ha rievocato sulla Stampa Juan Carlos De Martin. I tagli voluti da Monti aprono la porta a uno snellimento nella struttura dell’authority che potrebbe abolire la suddivisione tra le due commissioni. Mentre l’accelerazione tecnologica prefigura un cambio di mission: più Ict, meno televisione.

Soffia insomma il vento tecnico anche sui candidati in corsa per le poltrone da cui dipenderanno le sorti dei settori strategici per l’economia italiana per i prossimi sette anni. Non a caso tra i rumor uno dei più nomi più gettonati è quello di Antonio Sassano, riconosciuto fra i massimi esperti di frequenze a livello internazionale, ordinario di ricerca operativa all’Università Sapienza di Roma, “padre” del piano frequenze 2010 e a lungo consulente di Agcom e del ministero delle Comunicazioni e a suo tempo direttore generale della Fub. Oltre a Sassano un altro superspecialista, Maurizio Dècina, ingegnere elettronico, ordinario di Reti e Tlc al Politecnico di Milano, ex presidente della Fondazione Bordoni e direttore scientifico del Cefriel, che ha lavorato per Sip, Italtel, At&t.

In corsa anche Andrea Camanzi Consigliere dell´Autorità per la vigilanza sui contratti, tiene un corso in economia e gestione delle imprese di comunicazione alla Luiss, a suo tempo nel cda di società di Tlc (Telecom Italia, Tim, Tecnost, Olivetti). Ancora, Piero De Chiara, professionista della convergenza tv-Internet, attualmente in Telecom (broadband content market development) ed ex presidente di Dgtvi. Si fanno anche i nomi di Roberto Zaccaria, docente di istituzioni di diritto pubblico, ex presidente Rai oltre che consigliere di amministrazione dell’Ente cinema, e di Giovanni Valentini, editorialista del quotidiano la Repubblica (nei giorni scorsi ha dedicato un articolo ad Agcom, copyright e Internet), di Antonello Falomi, ex senatore Pds e Ds, ora nel gruppo Misto, che si è occupato a lungo di Rai, e di Giovanna De Minico, docente di diritto all’Università di Napoli e componente della fondazione Astrid. Per finire Antonio Martusciello, alla cui riconferma sembra puntare il centro destra, unico commissario rieleggibile perché entrato in Agcom solo negli ultimi due anni (nel 2010, a seguito delle dimissioni di Giancarlo Innocenzi).

Voci più rarefatte per il successore di Corrado Calabrò, che verrà nominato con decreto del Presidente della Repubblica su proposta del Presidente del Consiglio (d’intesa con il ministro delle comunicazioni), sottoposta al parere con maggioranza qualificata delle competenti Commissioni parlamentari. Fra i candidati spunta il nome di Roberto Viola, attuale segretario generale di Agcom e presidente (al secondo mandato) del Gruppo dei Regolatori europei del radiospettro, oltre a quello di Vincenzo Zeno Zencovich, docente di diritto comparato, che ha preso posizione a difesa del beauty contest (“una gara onerosa andrebbe deserta”) e di Fabio Colasanti ex direttore generale della direzione della società dell’informazione dell’Ue.

Quest’anno conquistare le poltrone negli uffici di via Isonzo rappresenta un obiettivo sfidante. Sia perché con l’articolo 23 del decreto Salva Italia i commissari passano da otto a quattro. Sia perché l’Autorità per le Garanzie nelle comunicazioni riveste un ruolo sempre più di primo piano nel disegno di settori strategici: nel corso degli ultimi 15 anni, da quando cioè fu creata nel 1997 con la legge Maccanico, i poteri nel settore delle Tlc e della Tv si sono spostati progressivamente dalle stanze del governo a quelle dell’organismo di regolamentazione. Diventa quindi centrale, come viene richiesto da più fronti, che le nomine siano precedute da una verifica anche pubblica delle competenze dei candidati.

La partita si gioca su un campo arroventato: i nuovi commissari si troveranno a dover mettere mano su più di un nervo scoperto che rischia di fermare la ripresa italiana. Sulle scrivanie di via Isonzo li aspettano il dossier delle frequenze, con il nodo ancora da sciogliere dell’ex beauty contest, la liberazione dei canali (dal 61 al 69 nella banda 800 Mhz) acquisiti dagli operatori di Tlc con l’asta Lte di settembre (le emittenti locali chiedono una proroga di almeno un mese oltre il termine previsto di fine 2012). Ancora, l’adeguamento del radio spettro italiano alle nuove richieste dell’Itu e del Parlamento europeo. Le regole delle future reti di nuova generazioneneutrality, il diritto d’autore… Temi che bruciano in un momento in cui anche il governo spinge sull’Agenda digitale e promuove l’Ict a leva per la ripresa: non basteranno le “solite” nomine per la risoluzione.

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