Tra poche settimane l’Agcom dovrà decidere sulla riduzione delle
tariffe di terminazione mobile. L’Autorità è stata sottoposta
negli ultimi mesi a un’eccezionale pressione su questo tema. Da
parte degli operatori mobil, da parte di parlamentari, ma anche da
parte della Commisisone Ue, dell’Antitrust, delle associazioni di
consumatori. In questo scenario complicato da vari interessi
confliggenti, fissiamo i fatti.
I prezzi della terminazione mobilie in Italia sono del 50%
superiori a quelli della media Europea. E con il percorso di
riduzione oggi proposto da Agcom il divario salirà al 90% in più
nel 2013. E questo è un fatto.
La raccomandazione europea sulle tariffe di terminazione
(IP/09/710) richiede che esse siano ridotte ai costi reali di un
operatore efficiente. Nel 2009, quando fu emanata, prevedeva che
“eliminare le distorsioni di prezzi porterà un risparmio di 2
miliardi di euro entro il 2012 a famiglie e aziende europee”. La
raccomandazione ha come ultimo termine di recepimento il 2012 e la
proposta Agcom di maggio scorso la disattende, ritardandone in
sostanza l’introduzione al 2015. La raccomandazione Europea è
una legge, quindi non è in discussione come qualcuno vorrebbe. E
il ritardo con cui i prezzi efficienti saranno introdotti in Italia
ha attirato le critiche della Ue, e dell’Antitrust italiano.
I profitti pretasse e preinvestimenti degli operatori mobili in
Italia sono di 7 miliardi all’anno, contro i 4 miliardi degli
operatori fissi (tutti concentrati in Telecom Italia) a fronte di
un investimento infrastrutturale analogo negli ultimi 10 anni (35
miliardi spesi dal settore mobile, 36 dai fissi). Gli operatori
mobili, a parità di investimento, hanno una redditività quasi
doppia rispetto agli operatori fissi. E questo è un fatto.
La tariffa di terminazione mobile è 10 volte quella fissa, e il
fisso finanzia il mobile tramite tariffe di terminazione mobile
ampiamente superiori ai costi effettivi. E questo è un fatto. La
teoria economica, possiamo aggiungere, sostiene che artificiali
trasferimenti di risorse da un mercato all’altro distruggono
benessere per i consumatori, e questo è un fatto registrato nella
sua analisi di mercato da Ofcom, un’autorità di regolamentazione
cui tutti guardiamo come esempio.
La terminazione mobile rappresenta il 30% del costo medio del
prezzo finale di una chiamata media. Sostenere che ridurre una
componente di prezzo a un livello di costo efficiente produrrebbe
uno svantaggio per i consumatori, come fanno alcuni operatori
mobili e addirittura alcuni parlamentari negli ultimi giorni, non
è solo contrario al buon senso, ma anche alla verifica empirica. I
pochi studi indipendenti su questo aspetto dimostrano, dati alla
mano, che minori tariffe di terminazione mobile si traducono in
minori prezzi finali. Non solo, dall’osservazione di paesi come
la Francia che ha introdotto tariffe di terminazione mobile
orientate ai costi, si vede che nascono virtuosamente tariffe flat
fisso mobile e mobile mobile. Piani tariffari che sono oggi ancora
totalmente preclusi ai consumatori italiani e che, se Agcom non
rivedrà la propria proposta, in un’ottica di compliance con le
richieste europee, rimarranno preclusi almeno sino al 2015.
Con questi fatti (riassumendo i principali: la terminazione mobile
in Italia è più cara che in Europa; i Paesi che l’hanno ridotta
a un costo efficiente hanno ottenuto benefici per i consumatori,
come previsto dalla raccomandazione Europea del 2009; gli operatori
mobili godono di extraprofitti rispetto ai fissi dovuti i parte al
trasferimento di risorse dal fisso al mobile realizzato tramite le
alte tariffe di terminazione mobile) incontrovertibili e
verificabili da chiunque, l’Agcom ha una sola opzione e, come ha
riconosciuto lo stesso presidente Calabrò in un’intervista,
“la raccomandazione comunitaria è ineludibile e le tariffe di
terminazione dovranno diminuire”.
E sul modo in cui ciò deve avvenire, la Commissione Europea, nei
commenti alla proposta di decisione di Agcom, scrive: “Agcom
propone di implementare tariffe di terminazione mobile orientate al
costo solo da gennaio 2015, cioè due anni dopo la data fissata
dalla Raccomandazione sulle tariffe di terminazione. Questa
proposta non è in linea con la Raccomandazione secondo la quale
entro il periodo di transizione del 31 dicembre 2012, i regolatori
nazionali devono implementare il modello di costo e fissare tariffe
di terminazione mobile a un livello di costo efficiente. La
Commissione è preoccupata che i livelli di costo proposti per le
tariffe di terminazione mobile sono, sull’intero sentiero
calcolato da Agcom, considerevolmente al di sopra dei livelli di
costo e della media europea (…). In questo contesto, la
Commissione richiede ad Agcom di fissare un percorso di riduzione
che raggiunga livelli di tariffe orientate al costo già a dicembre
2012, per esempio riducendo il numero dei gradini nel percorso di
riduzione”.
E questa è la naturale conseguenza di fatti. Se vogliamo poi dare
spazio alle teorie e alle simulazioni, e quindi confrontarci con
gli altri attori dell’industria delle tlc su quali saranno, per
esempio, gli effetti reali del lancio dei nuovi servizi Lte, si
può aprire un dibattito. Diversi tra gli operatori mobili hanno
dichiarato che, avendo speso 4 miliardi per comprare le frequenza
4G e dovendo investire circa altrettanto per fare le nuove reti,
non sia giusto chiedere loro di rinunciare a introiti sicuri e ad
alta marginalità quale sono le tariffe di terminazione mobile.
Questo è un punto di vista. Il mio punto di vista è che avere una
disponibilità assoluta e ventennale su frequenze che permetteranno
di sviluppare la nuova rete mobile per servizi dati, l’unica voce
delle tlc in crescita quest’anno, è una grande opportunità per
un operatore. L’Italia è stato il secondo Paese in Europa ad
assegnare le frequenze 4G: è un vantaggio per gli operatori
mobili, non una corvé come a volte si cerca di farlo passare, e
una fonte preziosa di ricavi aggiuntivi. Il primo paese è stato la
Germania, dove gli operatori mobili hanno speso a maggio del 2011
una cifra analoga a quelli italiani per aggiudicarsi le frequenze
Lte, e questo non ha impedito all’autorità nelle comunicazioni
nazionale di dimezzare le tariffe di terminazione mobile tra il
2011 e il 2012.
Sempre parlando di punti di vista se, come ha fatto Vodafone, si
sottolinea che i ricavi degli operatori mobili sono in contrazione
del 2% all’anno e che quindi non si può ridurre loro una fonte
di ricavi così importante (l’anno scorso, i ricavi da
terminazione mobile sono stati 2,5 miliardi) e a così alta
marginalità, non si può non rispondere che quelli degli operatori
fissi scendono al ritmo doppio; che la profittabilità di un
operatore globale come Vodafone i n Italia è del 50% superiore a
quella media di gruppo. E che con l’attuale contesto regolatorio,
gli operatori fissi alternativi, pur avendo investito 13 miliardi
negli ultimi 10 anni, oggi bruciano cassa al ritmo di 200 milioni
all’anno, a fronte dei 7,7 miliardi di cassa generati dal settore
mobile.
Chi realizzerà allora la rete Ngn quando ci accorgeremo che Lte,
magnifica tecnologia mobile, non è tuttavia in grado di affrontare
la crescita esponenziale della domanda di bit di famiglie e
aziende?