Tim Brasil-Gvt: voci di fusione

La stampa brasiliana riferisce di colloqui preliminari su un possibile merger tra le controllate di Telecom Italia e Vivendi. In ballo l’integrazione degli asset fissi e mobili. Ma TI: “Non ci sono trattative”

Pubblicato il 07 Feb 2014

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Vivendi interessata all’integrazione con Tim Brasil. La notizia è riportata dal quotodiano O Estado de Sao Paulo, secondo cui Telecom Italia avrebbe già avviato colloqui preliminari. L’eventuale deal, oltre a generare interessanti e un consistente aumento del market share, darebbe vita a una grande compagnia fisso-mobile, dato che la società guidata da Vincent Bollorè è presente in Brasile con Gvt, operatore in banda larga fissa. In questo senso va ricordato che Tim Brasil possiede due anelli in fibra – a Rio e San Paolo – complementari alle infrastruttire di Gvt; condizione, questa, che consentirebbe di accelerare sulla banda ultralarga in fibra. Ma un portavoce di Telecom dichiara: “Non ci sono trattative in corso”.

“Il gruppo francese Vivendi comincia ad emergere come un’alternativa per il futuro di Telecom Italia in Brasile”, scrive il quotidiano, riferendo di ”un colloquio preliminare” che nelle ultime settimane ”un alto dirigente del gruppo italiano ha avuto con la direzione della società francese su una possibile fusione delle controllate brasiliane Gvt e Tim Brasil”. Il tema di una possibile operazione che in Brasile coinvolgesse Telecom Italia e il gruppo francese era stato al centro nei giorni scorsi di alcune indiscrezioni circa una “trasferta” parigina dell’Ad Marco Patuano per un colloquio con il finanziere bretone Vincent Bolloré, vicepresidente del Supervisory board di Vivendi,

Delle potenzialità di un’integrazione tra Gvt e Tim Brasil parla da tempo Marco Fossati, numero uno di Findim, che poi le ha rilanciate, mettendole nero su bianco sul suo piano per Telecom Italia.

La controllata carioca di Telecom Italia continua, dunque, a rappresentare una preda appetibile. Nelle scorse settimane era stato Carlos Slim, numero uno di America Movil, da annunciare il suo interesse per il carrier dicendosi disponibile da un’offerta. A questo proposito sarebbe spuntata anche una scrittura privata, depositata presso un avvocato di Mexico City con cui il capo di Telefonica Cesar Alierta si sarebbe impegnato con il magnate messicano a far cedere da Telecom Italia la sua pregiatissima partecipazione brasiliana, Tim Brasil, al gruppo controllato da Slim, America Movìl. Il prezzo? 15 miliardi di dollari.

Slim avrebbe già a sua volta progettato lo spezzatino di Tim Brasil tra i vari operatori della confederazione sudamericana, per rientrare del grosso del costo dell’acquisizione rafforzandosi dove preferisce. Telefonica, a sua volta, imponendo a Telecom Italia di cedere Tim Brasil, risolverebbe con questo blitz i suoi problemi di antitrust in Sudamerica e quelli di primo azionista di un gruppo decotto dai troppi debiti, appunto Telecom, debiti che con questa dismissione si dimezzerebbero.

Non si capisce bene, però, a che titolo Cesar Alierta possa aver firmato tale scrittura dato che, sulle scelte che riguardano il Brasile, è titolato a decidere solo il cda di Telecom Italia. In questo senso il numero uno di Telefonica non ha nessun potere effettivo.

Intanto il cda di Telecom Italia ha dato il via alla procedura speciale per eventuali offerte su Tim Brasil. Nel dettaglio procedura scatterà per ogni operazione che possa determinare il trasferimento a soggetti esterni” delle “partecipazioni detenute nelle società del gruppo Tim Brasil, ovvero di asset delle relative aziende o rami d’azienda per un valore complessivamente superiore a due miliardi di euro. Qualunque proposta di acquisto sulla controllata brasiliana, dunque, deve essere “tempestivamente” portata all’attenzione dell’amministratore delegato, che ne dà “immediata comunicazione” al presidente della società, al Lead indipendent director e al presidente del collegio sindacale.

Qualora un’eventuale offerta fosse ritenuta interessante, viene presentata in via preliminare al cda, “da convocare appositamente”. In apertura dei lavori della riunione, ai singoli consiglieri viene richiesto “di dichiarare eventuali interessi rispetto alla potenziale operazione, di cui sono portatori per conto proprio o di terzi”. A seguito della presentazione al cda del “Progetto”, il management è autorizzato a trattare con il coinvolgimento del presidente, del Lead indipendent director e del presidente del collegio attraverso un “flusso informativo completo e tempestivo” assicurato dall’ad, anche attraverso il direttore finanziario e il General counsel.

Spetta comunque al presidente del cda “monitorare l’adeguatezza e la tempestività” delle informazioni. Al presidente, e al capo degli indipendenti, fa carico la responsabilità di informare, “nel rispetto della “massima confidenzialità”, il cda e i suoi consiglieri indipendenti. Questi ultimi, collegialmente, “sono chiamati a esprimere un parere in merito all’interesse della società” circa “la convenienza” e “correttezza sostanziale delle relative condizioni, in vista dell’approvazione consiliare”. Il cda, in ogni caso, è competente “in via esclusiva ad approvare la conclusione delle operazioni”. Un’eventuale parere negativo degli indipendenti, infatti, “s’intende superato” quando l’operazione sia approvata dal cda con doppia maggioranza: assoluta dei consiglieri presenti alla riunione e maggioranza degli indipendenti in carica “non portatori di interessi per conto proprio o terzi” rispetto all’operazione. In caso di mancanza di voto favorevole degli indipendenti, tuttavia, il cda ha la possibilità, a maggioranza, di sottoporre l’operazione all’assemblea.

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