VERSO L'ASSEMBLEA

Tim, Calenda: “Obiettivo public company, serve presenza dello Stato”

Il ministro difende la mossa di Cdp, entrata nel capitale della compagnia con il 4,26%: “L’Italia ha bisogno di una rete unica forte capace di mobilitare investimenti. “. Affondo su Vivendi: “E’ stato un pessimo azionista”. Sale l’attesa per l’assemblea del 24 aprile

Pubblicato il 16 Apr 2018

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Per Tim serve la “presenza” dello Stato, “non necessariamente il controllo”. E’ quanto ha affermato il ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda, in un’intervista alla Repubblica, a difesa della mossa di Cdp che è entrata nella compagnia con il 4,26% del capitale. Secondo il ministro “la rete telefonica dovrà essere come quella del gas, dell’elettricità o dell’acqua. Sarà una garanzia per tutti gli operatori”.

“Cdp – ha spiegato Calenda – è intervenuta per supportare un progetto che vuole trasformare Tim in una public company e scorporare la rete non per prendere il controllo dell’azienda. Vivendi è stato un pessimo azionista e l’Italia ha bisogno di una rete unica forte capace di mobilitare investimenti. Sono favorevole agli investimenti esteri, ma questo non vuol dire rimanere inerti quando dimostrano di distruggere valore piuttosto che crearlo soprattutto quando in ballo c’è un interesse strategico.

Cdp sarà un socio transitorio di Tim ma anche della rete societarizzata? “No, lo Stato dovrà avere una presenza ma non necessariamente il controllo. La rete telefonica dovrà essere come quella del gas, dell’elettricità o dell’acqua. Sarà una garanzie per tutti gli operatori”.

Su questo fronte il Consiglio dei ministri ha deliberato di non esercitare la golden power sulla partecipazione di Cdp. E di far slittare di un mese l’iter per l’eventuale sanzione a Tim per la violazione degli obblighi collegati alla normativa sui poteri speciali: la misura era relativa alla presenza di Vivendi nell’azionariato del gruppo di Tlc. Già a ottobre Calenda aveva parlato di approccio al golden power in modalità “equa ed equilibrata, non punitiva: oltre alla decisione sull’applicazione del decreto golden power su Tim pendeva l’incognita della multa per mancata notifica (il gruppo aveva precisato di ritenere che “nessuna notifica fosse dovuta” e che avrebbe continuato “a far valere le proprie argomentazioni nelle sedi competenti”). La proroga di 30 gionri che consente di scavallare il 24 aprile, la data in cui è fissata l’assemblea dei soci di Tim nella quale dovrebbe giocarsi la partita cruciale tra il fondo Elliott e Vivendi.

Per quanto riguarda la Cassa depositi e Prestiti Palazzo Chigi ha deciso di consentire il decorso dei termini temporali in relazione all’operazione di acquisto di una partecipazione nel capitale sociale di Telecom Italia,  notificata da quest’ultima in data 11 aprile 2018. “Ai sensi del decreto legge 15 marzo 2012, n. 21 – si legge nella nota di Palazzo Chigi -, il Consiglio dei ministri ha comunque raccomandato a Cdp di comunicare ogni modifica che intervenga rispetto ai contenuti dell’operazione.

Intanto Tim ha depositato il ricorso contro l’integrazione dell’ordine del giorno dell’assemblea del 24 aprile, disposto dal Collegio Sindacale su richiesta del fondo Elliott. L’operatore chiede al Tribunale di Milano l’adozione di provvedimenti di urgenza la data dell’assemblea. Si apre così un periodo di fuoco in vista del “redde rationem” rappresentato dalla scadenza del 24 di questo mese. Un ricorso contro la mossa dei sindaci è stato presentato anche da Vivendi.

Nella partita contro Vivendi i “segnali” sembrano a favore del fondo Usa. A fianco di Elliott anche uno dei maggiori fondi pensione americani, il Canada Pension (detiene il 2,4% di Tim) che prevede di sostenere le proposte del fondo all’assemblea di Tim del 24 aprile. Anche Assogestioni che ha rinunciato a presentare una sua lista dovrebbero votare in maniera compatta sulla proposta Elliott mandando in minoranza Vivendi. A Cdp avrebbe incaricato degli acquisti di azioni Bank of America e Morgan Stanley.

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