L'OPERAZIONE

Tim firma il transaction agreement per Netco. I sindacati sul piede di guerra

Sottoscritto l’accordo con Optics BidCo per il conferimento in FIberCop del ramo d’azienda costituito dalle attività relative alla rete primaria e al wholesale e dall’intera partecipazione nella controllata Telenergia. Cgil, Cisl e Uil contro l’operazione: “Errore di politica industriale, rischi per occupazione e crescita del sistema Paese”. Le opposizioni in trincea

Pubblicato il 07 Nov 2023

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Tim firma il transaction agreement per Netco. Lo comunica il Gruppo in una nota nella quale si precisa che “in esecuzione delle deliberazioni assunte ieri dal Consiglio di Amministrazione della Società”, l’accordo è stato sottoscritto con Optics BidCo, società controllata da Kkr e come ulteriore investitore Azure Vista, società interamente controllata da Abu Dhabi Investment Authority.

Cosa discipilina il transaction agreement

L’accordo disciplina il conferimento da parte di Tim di un ramo d’azienda, costituito da attività relative alla rete primaria, all’attività wholesale e dall’intera partecipazione nella controllata Telenergia in FiberCop, società che già gestisce le attività relative alla rete secondaria in fibra e rame. Inoltre regola il contestuale acquisto da parte di Optics Bidco dell’intera partecipazione detenuta da Tim in FiberCop medesima, all’esito del predetto conferimento (FiberCop post conferimento “Netco”).

Si prevede che alla data del closing dell’operazione si proceda alla sottoscrizione di un master services agreement che regolerà i termini e le condizioni dei servizi che saranno resi da NetCo a Tim e da Tim a NetCo a seguito del completamento dell’operazione.

Il perfezionamento dell’operazione è atteso per l’estate del 2024, una volta completate le attività prodromiche e soddisfatte le condizioni sospensive (completamento del conferimento della rete primaria, autorizzazione Antitrust, autorizzazione in materia di sovvenzioni estere distorsive e Golden Power).

Intanto oggi Tim smentisce “categoricamente” le indiscrezioni di stampa circa presunti bonus in favore del top-management e del suo amministratore delegato, legati all’operazione per la cessione dell’infrastruttura di rete fissa. “Gli unici piani realmente esistenti – si legge in una nota – sono quelli relativi ai sistemi di incentivazione per il management di breve (Mbo 2023) e di lungo termine (Long Term Incentive 2021-2023 e Stock Options 2022-2024) che si basano esclusivamente sull’andamento operativo dell’Azienda, mentre non sono stati stabiliti obiettivi legati alle operazioni straordinarie”.

Sindacati sul piede di guerra

L’operazione Netco mette in allerta i sindacati. Per il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, si tratta si un errore di politica industriale. “Siamo contrari perché questo spezzatino non è la strada da seguire. Solo in Italia si fa cosi, negli altri Paesi  le grandi imprese non dividono la rete dall’azienda, dalle attività e dai servizi – ha spiegato Landini –  Noi pensiamo che questo sia un limite, un errore di politica industriale. Tra l’altro hanno venduto allo stesso fondo che ha comprato Magneti Marelli e che sta chiudendo in giro sue attività”.

“Attività fondamentali come la rete dovrebbe essere elementi su cui un Paese costruisce le politiche industriali di sviluppo – ha concluso – Questo governo non sta facendo gli interessi del nostro paese e che continua a non avere un’idea di politica industriale degna di questo nome”.

Anche la Slc esprime forti preoccupazioni. “L’operazione compiuta determinerà infatti la fine ingloriosa dell’ex monopolista – dice il segretario nazionale Riccardo Saccone – Fatto, questo, che non va solo contro gli interessi generali del Paese, rappresentando un unicum in Europa, dove il valore strategico degli incumbent viene riconosciuto, protetto e rafforzato, ma che si caratterizza anche per la pericolosità di un percorso che mette a rischio migliaia di lavoratrici e di lavoratori. Tutto questo nel momento in cui la necessità di costruire un ecosistema digitale in grado di dare qualità e occupazione si fa più forte che mai per via della transizione digitale che sta modificando assetti, anche geopolitici, senza precedenti”.

“Cedere la rete ad un fondo speculativo straniero, oltre che tradire le aspettative in un Governo che professa la sovranità tecnologica, mostra plasticamente quanto manchi del tutto una reale visione di politica industriale per il Paese, cui sono strettamente legate le sorti delle lavoratrici e dei lavoratori”, sottolinea il sindacalista.

”Il governo deve immediatamente attivare un tavolo di confronto con le organizzazioni sindacali e con Tim, perché per noi diventa centrale e importante la solidità di questa azienda per gli investimenti che dobbiamo realizzare sulla digitalizzazione, sul 5G, sulla banda ultra larga e per noi diventa centrale salvaguardare e tutelare i posti di lavoro – dice il segretario generale della Cisl, Luigi Sbarra a margine dell’assemblea nazionale della Filca – Ecco perché chiediamo al governo di essere garante di queste operazioni e di programmare da subito un confronto con le parti sociali”.

La Fistel, in linea anche con le richieste delle altre sigle sindacali, si appella al governo. In una missiva inviata a Palazzo Chigi chiede di aprire un tavolo di confronto su Tim dopo una delibera che “ridisegna la politica e le strategie industriali del settore, richiama ad una verifica dell’attuale regolamentazione che l’integrazione verticale prevedeva per l’ex monopolista”. Il segretario generale Alessandro Faraoni richiama l’attenzione al tema dei possibili esuberi: “Riteniamo fondamentale l’utilizzo del Fondo Bilaterale del Settore per le politiche attive di riqualificazione e rioccupabilità dei lavoratori, e la gestione non traumatica delle eventuali eccedenze che dovessero emergere nel piano di riassetto. Per la gestione della fase transitoria il Governo dovrebbe rifinanziare il contratto di espansione per conciliare efficientamento e sviluppo in questa fase di cambiamento”.

Anche la Uilcom giudica l’operazione “un gravissimo errore”. “Nessuna telco – evidenzia a CorCom il segretario generale Salvo Ugliarolo – si è privata della rete che è l’asset strategico per eccellenza. Un errore frutto anche di un metodo scelto dall’azienda, ma anche dal governo, che ha scientemente tenuto fuori da questa operazione i sindacati. Ancora oggi non sappiamo quali ricadute occupazioni ci saranno a valle della cessione, quante e quali professionalità saremmo destinate a Netco e Servco”.

Ad allarmare la Uilcom anche il tema della sostenibilità economica delle newco. “Se, come crediamo, Netco sarà il principale cliente di Servco è chiaro che se quest’ultima avrà problemi di sostenibilità economico-finanziaria impatteranno anche sulla società della rete. Ma nemmeno su queste possibilità siamo stati messi a parte”.

No anche dall’Ugl. “Ora più che mai la nostra attenzione deve essere mirata ad evitare che i lavoratori del gruppo Tim, i veri convitati di pietra di tutta la vicenda, diventino l’agnello sacrificale sull’altare dei bilanci aziendali – dice il segretario Ugl Telecomunicazioni, Stefano Conti – Occorre salvaguardare l’occupazione per i prossimi anni, cosi’ come i vari governi hanno continuamente ribadito, garantendolo, nel corso di questa infinita vertenza”.

Gli analisti

Per gli analisti sono tuttavia molti gli aspetti positivi del deal che riguarda la rete. Moody’s valuta di alzare il rating. “Se la cessione di Netco sarà completata come previsto, l’attesa riduzione di 14 miliardi di euro del debito netto porterà a un significativo miglioramento del profilo finanziario della società, che compenserà in modo consistente il deterioramento del suo profilo di business” spiega Ernesto Bisagno, l’analista di Moody’s per Tim, preannunciando come “se la transazione sarà completata come previsto, potremmo migliorare la società di uno o due notch”, vale a dire di uno o due gradini.

“Le chance di bloccare l’operazione a questo punto sono limitate”, giudicano gli analisti di Equita mentre quelli di Oddo osservano che “gli azionisti hanno già avuto il tempo di esprimere la loro opinione; la valutazione è convincente, genera valore e ha il potenziale per normalizzare il bilancio di Tim dopo decenni di debito eccessivo”.

Secondo Intermonte la logica dell’accordo non è esclusivamente finanziaria ma “comporta anche notevoli vantaggi industriali. Oltre a ridurre il debito e liberare risorse, Tim – scrive – avrà l’opportunità di operare nel mercato domestico con minori vincoli normativi, il che contribuirà a mantenere la flessibilità strategica delineata nel piano di differimento”. “Riteniamo che il Cda di Tim abbia preso la decisione giusta ai sensi della normativa vigente (si tratta di una decisione manageriale: non è prevista alcuna modifica dell’oggetto sociale) sulla base dei diversi pareri legali ricevuti, pertanto vediamo pochissime possibilità che la NetCo la vendita potrebbe essere contestata o bloccata da un giudice se Vivendi intraprende un’azione legale”, scrivono ancora gli analisti.

I commenti della politica

Opposizioni in trincea sull’operazione Netco. “La vendita della rete Tim, decisa secondo le logiche finanziarie di un ristretto gruppo di azionisti, non risponde a logiche di mercato e tantomeno industriali – evidenzia Annarosa Pesole, responsabile dipartimento Transizione digitale del Partito democratico – Siamo preoccupati per questa decisione presa con l’assenso e l’appoggio decisivo del Governo, che impegna oltre 2 miliardi e mezzo di risorse pubbliche per acquisire una quota minoritaria della nuova società, senza che ciò garantisca un controllo pubblico della rete. È inaccettabile che il Governo Meloni, che professa a parole la difesa di sovranità tecnologica, nei fatti dia impulso allo smantellamento di una impresa strategica, per dar vita ad una incerta operazione finanziaria, cedendo di fatto la Rete sotto controllo straniero e mettendo a rischio le prospettive di crescita dell’azienda e di migliaia di lavoratori e lavoratrici, e senza ricercare un confronto politico su temi di tale vitale importanza da cui dipende l’autonomia strategica di questo Paese. Ciò avviene in assenza di qualsiasi disegno di politica industriale per il Paese, che sta portando al deterioramento del tessuto produttivo nazionale, come già dimostrato anche dalle crisi di Magneti Marelli e Ilva”.

Sulla stessa lunghezza d’onda i 5 Stelle. “Sono scelte incomprensibili che danneggeranno l’Italia , le imprese e i cittadini. Invece di puntare sul progetto di rete unica nazionale sotto controllo pubblico, attraverso l’integrazione con Open Fiber, controllata di Cdp, invece di puntare su una soluzione che assicuri i necessari investimenti per rendere sempre più efficiente e sicura la rete infrastrutturale di tcl, il governo Meloni consegna il nostro futuro a un colosso speculativo come Kkr, senza avere alcuna possibilità di incidere sulle scelte strategiche della governance della NetCo, visto che il Mef ne possiederà circa il 20% a fronte del 65% di Kkr – dice Marco Pellegrini, componente del Copasir e capogruppo M5S nella commissione Difesa di Montecitorio – Peraltro, non c’è alcuna garanzia di sostenibilità della nuova ServCo, residua società di servizi che nascerà dallo spezzatino della attuale Tim. Sarebbe l’ennesima tappa di una via crucis industriale inaugurata trent’anni fa con la privatizzazione di Telecom Italia, che spogliò, riempì di debiti e azzoppò una società che fino ad allora era il primo operatore europeo di Tlc e il settimo nel mondo. Privatizzazioni a debito che rallentarono gli investimenti e, quindi, impedirono lo sviluppo del Paese in un settore strategico. Con questa folle cessione al fondo speculativo Kkr, la storia si ripeterebbe trent’anni dopo, con il rischio aggiuntivo della sicurezza nazionale. Un rischio che è dovere della politica comprendere a pieno e scongiurare. Per questo il Movimento 5 Stelle si batterà con tutte le proprie forze”.

Per il senatore FI, Maurizio Gasparri, ci sono degli aspetti dell’operazione che vanno seguite. “In primo luogo il ruolo del governo per garantire la rilevanza strategica della rete – spiega – L’esecutivo, sia con le norme vigenti sulla golden rule e anche con la partecipazione azionaria che avrà, potrà svolgere la sua funzione. C’è poi la questione dei dipendenti, numerosissimi della rete, il cui destino deve essere assolutamente garantito. Infine poi c’è il destino di Open Fiber. Avviata la Netco per la rete bisogna far confluire in questa società Open Fiber, che deve concludere la sua inutile e costosissima missione. Una vicenda che si è protratta per fin troppo tempo e che deve arrivare ad un epilogo. La società deve essere una sola, la rete deve essere moderna ed efficiente ed i nuovi azionisti dovranno tener conto degli interessi del Paese e soprattutto del destino dei dipendenti”.

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