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Tim, Labriola: “Crisi delle tlc? È tutta questione di regole”

Servono consolidamento del mercato, libertà nel fissare prezzi e condizioni concorrenziali alla pari con gli over the top. E sulla fibra: Non genera cassa, siamo costretti a investire sulla capacità a scapito dell’accesso. Ma così è impossibile lavorare al meglio per i clienti e per il Paese

Pubblicato il 15 Giu 2023

Pietro Labriola

Il profondo rosso dei conti del mercato italiano ed europeo delle tlc è tutto un “tema di regole”. Perché se la ratio del legislatore di 20 anni era giustificata dalla necessità di connettere e far sviluppare il Paese, oggi lo scenario economico e competitivo è profondamente mutato e i criteri che hanno guidato la liberalizzazione del settore delle telecomunicazioni non valgono più. Lo ha detto Pietro Labriola, amministratore delegato, Tim, intervenendo a TELCO PER L’ITALIA 2023. È evidente che la variabile che si è aggiunta all’equazione è quella dei servizi degli over-the-top, che mettono fortemente sotto stress la capacità delle reti tlc. E così i numeri non tornano.

Serve un level playing-field con gli Ott

“Ci lamentiamo della qualità del servizio di rete? Ma se non funzionano Whatsapp o YouTube di chi è la colpa? Spesso non è delle telco, ma dei server degli Ott. Ma i clienti chiamano le telco e l’operatore telefonico non può evitare, per regola, di avere un addetto in carne ed ossa che risponde. E anche questo è un costo”, ha affermato Labriola. “Ci devono essere regole uguali per tutti. Oggi le regole sono ancora quelle della liberalizzazione del mercato di 20 anni fa, ma non sono più adeguate”.

L’importanza del consolidamento 

L’Ad di Tim ha voluto parlare chiaro, perché “Se non siamo chiari ci troveremo a fare l’autopsia del settore”, ha detto. “E allora parliamo di liberismo. Nella patria del liberismo, gli Stati Uniti, ci sono solo 3 operatori. Che investono in nuovi business, certo, come ATT che ha comprato Direct Tv. Ma con quali soldi? ATT vende servizi di pura connettività a prezzi tre volte superiori a quelli della Germania e molto più di alti di quelli in Italia, ed è così che può investire in nuovi servizi“, ha sottolineato Labriola.

Il confronto con gli Usa torna sul tema della net neutrality. “Ho difficoltà a fare offerte con 100 Giga”, ha detto Labriola. “In Italia una pratica come il throttling, la limitazione di banda, è vietata, ma negli Usa si fa. E così gli Isp possono lanciare un’offerta virtualmente unlimited riducendo la capacità”.

L’Europa e l’Italia sono dunque il grande malato quando si tratta di mercato telecom. Labriola ha snocciolato qualche numero. “DT genera il 75% l’Ebitda in Usa, la Germania ha meno Ftth di noi e lo finanzia con il cash degli Stati Uniti. Telefonica genera il 65% del suo Ebitda fuori dalla Spagna. Tim fa il 30% dell’Ebitda in Brasile. Perciò, a livello domestico il mercato non funziona. Ma le telco non sono aziende no-profit. Questo settore non fa cassa – ha ribadito Labriola – ha regole squilibrate e bisogna rimetterle in equilibrio, per competere tutti alla pari”.

Gli investimenti in fibra non danno ritorno

Tim ha stimato per il secondo trimestre una crescita di ricavi ed Ebitda sul mercato domestico, per la prima volta dal 2017. Ma questo non vuol dire poter cantar vittoria, ha chiarito Labriola: “Oggi sulla fibra non c’è ritorno sull’investimento, e questo è un grande vulnus del nostro mercato”.
La rete, ha proseguito Labriola, è fatta di accesso e capacità, ma oggi le telco sono costrette a investire tutto sulla capacità, perché il traffico dati e video è enorme e cresce a ritmi del 30-40% annui. “Nessuno  vuole penalizzare gli operatori content locali. Qui non parliamo di Mediaset o RaiPlay. Ma ci sono pochi operatori – si contano sulle dita di una mano – che superano di gran lunga il 5% dei volumi dati sulla rete e non ci permettono di pianificare. Il problema di un executive è il capex – ha continuato il numero uno di Tim: – se esplode la capacità devo investire per forza, nonostante i costi, se no mando in crash il paese. Ma devo anche far tornare i conti”.
Insomma, se le telco devono spendere (con scarni ritorni) sulla capacità, si riduce all’osso il margine per investire sull’accesso. Con le parole di Labriola: “Non siamo nelle condizioni di lavorare al meglio per i nostri clienti e per il paese”.

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