IL DOSSIER NETCO

Tim, Giorgetti pronto a incontrare vertici Vivendi

Via al tavolo delle trattative in vista della scadenza dei tempi per la presentazione dell’offerta vincolante da parte di Kkr, anche se la deadline sarà prorogata di almeno 15 giorni per questioni “tecniche”. La partita si gioca sul destino di ServiceCo. I sindacati in audizione alla Camera

Pubblicato il 20 Set 2023

giorgetti

I vertici di Vivendi vogliono incontrare il Governo prima del 30 settembre, ossia della scadenza fissata per la presentazione dell’offerta vincolante di Kkr per Netco. E il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha accetto la proposta.

In realtà la deadline dovrebbe essere spostata di almeno 15 giorni per “questioni tecniche” riferiscono fonti stampa e dunque ci sarebbe più tempo. La richiesta di proroga dovrebbe essere formulata tra oggi e domani e trasmessa a Tim in tempo utile per la riunione del cda del 27 settembre.

La lettera al Mef

I francesi intendono avere un ruolo di primo piano nelle negoziazioni e avrebbero fatto richiesta formale di un incontro al ministero dell’Economia attraverso una lettera. “La richiesta di Vivendi per un incontro ufficiale con il Mef segna sicuramente un punto a favore nelle negoziazioni in corso ma ci sembra prematuro interpretare questa apertura con una posizione più conciliante da parte dei francesi, considerando la distanza sui diversi nodi ancora aperti”, evidenziano gli analisti di Intermonte. E secondo Akros “l’incontro è più importante che mai in attesa della consegna dell’offerta finale e vincolante da parte di Kkr”.

La questione ServiceCo e il nodo assemblea

Sempre secondo fonti stampa Vivendi punta a raggiungere un accordo con il ministero dell’Economia sul Master Services Agreement tra ServiceCo e NetCo. Questioni sono state sollevate anche sulla tipologia di assemblea chiamata a ratificare l’operazione: secondo Vivendi sarebbe necessaria un’assise straordinaria perché la vendita della rete andrebbe a incidere sull’oggetto sociale di Tim. In questo caso potrebbero far valere la propria minoranza di blocco, se l’offerta non fosse ritenuta sufficiente, poiché per approvare la cessione servirebbe la maggioranza dei due terzi dei presenti. “Non vediamo rischi di cambio dello statuto dal momento che l’oggetto sociale risulterebbe inalterato”, è il parere di Intermonte. “Una volta ceduta NetCo, Tim continuerà infatti a controllare altre infrastrutture di rete fissa (datacenter) e mobili”.

Quante risorse resteranno in ServiceCo?

Gli analisti accendono i riflettori sull’altro nodo aperto è quello del personale: “Ricordiamo che il piano delayering di Tim prevede sulla ServiceCo domestica restino circa 19mila dipendenti (destinati a scendere a circa 17mila nel 2025-2026), più del doppio degli 8mila chiesti da Vivendi. Non escludiamo tuttavia che la stessa NetCo possa assorbire gran parte del personale eccedente qualora dovesse esserle riconosciuto un regime regolatorio più favorevole in grado di remunerare i costi per le attività di costruzione, gestione e manutenzione della rete che verosimilmente richiederanno un maggior effort anche di personale”.

L’audizione dei sindacati alla Camera

I sindacati oggi in audizione alla Commissione Lavoro della Camera dei Deputati hanno acceso i riflettori sulla crisi delle Tlc.

“Abbiamo rappresentato la crisi strutturale che il settore delle telecomunicazioni sta vivendo ormai da troppo tempo. Il settore ha bisogno di vere risposte dalla politica. Stiamo assistendo da tempo alla perdita di professionalità per le continue ristrutturazioni che vedono migliaia di uscite da questo settore – sottolinea a CorCom Salvo Ugliarolo, Segretario generale della Uilcom -. Anche le operazioni attualmente in corso, tra lo scorporo della rete di WindTre e quella di Tim vanno nella direzione di mere operazioni finanziarie che nulla fanno presagire al rilancio un settore strategico come quello delle Tlc A questo si aggiunge, il tema del mondo degli outsourcing che vivono le storture di un sistema legislativo che viene scaricato sui lavoratori. Cambi di appalto che non rispettano le clausole sociali, così come il fenomeno di fare gare con il massimo ribasso. Tutto questo con un Governo che non si confronta su questi ed altri temi con il sindacato”.

“La separazione delle reti dai servizi, a partire da quella possibile in Tim, porterà a una radicale trasformazione del paradigma industriale. Le società di telecomunicazioni che rimarranno saranno molto più deboli sul piano infrastrutturale ed esclusivamente votate alla vendita di servizi. A partire dall’ex monopolista questo avrà dei ritorni inevitabili sulla tenuta occupazionale. Avremo un mercato del tutto asservito alla logica dell’ipercompetitività sui prezzi e aziende con organici sovradimensionati”, evidenzia in una nota Riccardo Saccone, Segretario nazionale Slc-Cgil.

Suil tavolo anche i dossier customer care e appalti fibra. “I customer care sono sempre più esposti alle politiche di massimo ribasso, favorite dal ricorso ai contratti pirata. Su questo chiediamo un confronto immediato che porti a individuare il contratto collettivo nazionale delle Telecomunicazioni quale contratto di riferimento per le attività di call center. Un’esigenza che sottolineiamo anche per le gare pubbliche, in cui spesso si scelgono fornitori con contratti inadeguati”. Riguardo al comparto degli appalti di rete della filiera ” si sta attraversando una fase di crisi profonda. Massimi ribassi e ricorsi massicci ai subappalti stanno facilitando le aziende presenti – i fallimenti ormai non si contano più. Tutto ciò è ancora più incomprensibile alla luce delle ingenti somme di denaro pubblico legate al Pnrr che stanno convergendo sul settore”.

Il settore delle telecomunicazioni “è in continua evoluzione” ma “l’Italia sembra non saperne gestire il passo per la mancanza di una politica industriale di settore e per una crescente concorrenza che porta a tariffe sempre più basse e condizioni di lavoro sempre peggiori. Questo espone circa 20mila lavoratrici e lavoratori al grave rischio della perdita del proprio posto di lavoro nel breve medio termine”. Lo ha rimarcato in una nota il segretario confederale della Cisl, Andrea Cuccello, in audizione alla commissione Lavoro della Camera con il segretario generale della Fistel-Cisl, Alessandro Faraoni. “La situazione più grave sembra essere per Tim, l’ex monopolista di Stato, che vive una crisi strutturale da oltre un decennio, con un debito enorme e prospettive sempre più incerte per i suoi dipendenti posti in utilizzo degli ammortizzatori sociali da diversi anni. Anche i lavoratori dei call center sono a rischio a causa delle aziende che cercano di eludere il contratto collettivo nazionale o apportare deroghe in peius”, temi su cui il sindacato “chiede al governo di affrontare i problemi strutturali del settore concentrando i propri sforzi sul lungo periodo”. Per affrontare i cambiamenti tecnologici in atto “è necessario garantire una formazione adeguata per i lavoratori e un massiccio ricambio generazionale a causa dell’elevata età dei dipendenti”.

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