L'EDITORIALE

Tlc, dal consolidamento alla rete nazionale: i dossier 2024

La fusione Iliad-Vodafone se andrà in porto diventerà un tassello fondamentale per il riassetto del comparto. E probabilmente non sarà l’unica: riflettori sulla convergenza WindTre-Fastweb. In casa Tim resta da completare l’operazione Netco “preliminare” al progetto di integrazione con Open Fiber

Pubblicato il 02 Gen 2024

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Il 2024 sarà un anno importante per il riassetto del settore delle telecomunicazioni. In Italia ma anche a livello europeo considerati i provvedimenti della Commissione Ue votati da ridare competitività al comparto, dal Digital Network Act al Gigabit Act fino al dossier fair share ossia alla proposta che punta a coinvolgere le big tech nel finanziamento delle nuove reti a banda ultralarga.

Telefonia mobile: da 5 a 3 operatori, la sfida italiana

In Italia si sono messe le radici per un cambio di passo storico: Iliad ha presentato un’offerta che mira alla fusione con Vodafone, un’operazione che se andrà a buon fine darà il via al riequilibrio del mercato, in particolare quello della telefonia mobile. Nel nostro Paese si contano 5 operatori – Tim, WindTre, Vodafone, Iliad e Fastweb – una situazione unica a livello europeo e persino mondiale che non è più sostenibile. L’operazione Iliad-Vodafone probabilmente non sarà sufficiente e i riflettori sono puntati su WindTre e Fastweb. Le due telco potrebbero decidere di “convergere” per rafforzare il reciproco posizionamento con l’effetto finale di tre grandi operatori sul mercato nazionale: Tim e le due newco Iliad-Vodafone e WindTre-Fastweb. Ormai è chiaro, anche a livello europeo, che tre operatori per Paese sono più che sufficienti a garantire la competizione anche a tutela dei consumatori. Ci sono voluti anni e una serie di errori marchiani per arrivare a questa conclusione, ma meglio tardi che mai.

Tim e Open Fiber: l’integrazione si farà?

L’altra operazione chiave del 2024 sarà la messa a terra dello scorporo in casa Tim: Vivendi ha avviato la battaglia legale in tribunale per annullare la vendita di Netco – la newco della rete – agli americani di Kkr. Operazione in cui è coinvolto il Governo attraverso il Ministero dell’economia. Come andrà a finire è presto per dirlo ma va da sé che se l’operazione dovesse essere annullata sarebbe un disastro senza precedenti. Peraltro l’obiettivo ultimo, almeno su carta, è arrivare all’integrazione degli asset con Open Fiber: obiettivo governativo ma anche degli azionisti, in primis degli australiani di Macquaire al 40% nella società wholesale. E tutto dipenderà dall’esito di Netco. Resta aperto il dossier Sparkle: attesa per fine gennaio la nuova offerta di Kkr. Intanto è scattato il countdown sul cda di Tim, in scadenza ad aprile: l’Ad Pietro Labriola sarà riconfermato e dunque potrà portare avanti il lavoro anche e soprattutto in merito ai progetti per ServiceCo, alias la “nuova” Tim?

Addio al modello della telco verticalmente integrata

Tim non è l’unica telco protagonista di un riassetto degli asset: WindTre si prepara a dare vita a una newco delle reti, fisse e mobili, con il fondo svedese Eqt, quest’ultimo in quota 60%. Il closing era previsto entro novembre 2023 ma è stato rimandato e stando a quanto nel sappiamo dovrebbe essere finalizzato entro metà febbraio 2024. Ma al di là delle tempistiche è chiaro il trend, è chiaro che il modello verticalmente integrato è già storia passata e che il business model sta decisamente evolvendo, anche se per tornare ad una vera competitività le telco sono chiamate a fare molto di più, in termini di servizi, di offerta e soprattutto di innovazione.- C’è un dato positivo che emerge dalle trimestrali delle telco: se è vero che la marginalità stenta a riprendersi sta aumentando a doppia cifra il business legato in particolare a cloud e cybersecurity, segno che le telco hanno compreso chiaramente il valore del business digitale e che si sta andando dunque sulla strada giusta.

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