L'INTERVISTA

Vatalaro: “In Europa i vincoli regolatori hanno ingessato la crescita”

Il professore dell’Università Tor Vergata di Roma: negli anni cresciuto il gap con gli Usa. E ora paghiamo lo scotto di un mancato adeguamento ad uno scenario in rapida evoluzione

Pubblicato il 16 Set 2013

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«I vincoli posti dalle regole europee per la rete fissa di accesso, se hanno consentito la sensibile riduzione delle tariffe al cliente finale, nella Ue hanno però raffreddato l’interesse degli operatori Tlc a investimenti nuovi e rischiosi. E sono una concausa dell’accresciuto divario con il contesto di settore americano». Questa la tesi di Francesco Vatalaro, Professore ordinario di Telecomunicazioni all’Università di Roma Tor Vergata.

Professor Vatalaro, le regole dunque non pagano…

Analizziamo lo scenario nell’ultimo decennio. Nel mercato del fisso, negliUsa si è scesi da otto grandi player a tre. In Europa, invece, gli undici principali attori del 2003 divengono oggi dieci. E, in più, cumulando la capitalizzazione complessiva dei tre operatori europei maggiori – Telefonica ($67 mld), DT ($48,4 mld) e FT ($29,2 mld) – il valore che si ottiene è appena superiore ai due terzi della capitalizzazione di AT&T che vale oggi in Borsa 200,1 miliardi di dollari, dato quest’ultimo che andrebbe anche riferito alla popolazione servita dall’operatore che in Usa è circa la metà, senza avere presenze di rilevo all’estero. L’unico soggetto europeo di dimensione comparabile è Vodafone che capitalizza oggi 135,7 miliardi di dollari. Ma finora gli operatori mobili hanno operato quasi esclusivamente in un settore sostanzialmente deregolamentato e anzi addirittura “sovvenzionato” da tariffe di terminazione asimmetriche poste a carico degli operatori di rete fissa.

Tutto ciò è dovuto alla deregulation?

Alle modalità della sua attuazione, direi. Di certo, la normativa europea nel decennio non sembra avere imboccato la strada adatta a formare campioni globali. Un aspetto di rilievo è sempre stato quello del “tool box” di rimedi regolamentari da attuare. L’indubbia utilità in una prima fase del principale rimedio, l’unbundling, nella regolamentazione europea è andata, però, progressivamente attenuandosi ovunque: in Italia, per esempio, i dati mostrano in crescita le linee condivise fino a circa il 2008. Nell’attuale scenario tecnologico ed economico, poi, la situazione si è aggravata, perché non si riesce a mobilitare sufficienti investimenti privati per la realizzazione delle costose reti di accesso di nuova generazione, le Ngan. La situazione negli Usa è ben diversa. Nel 2005 la Fcc abolì l’obbligo che, per prima al mondo, nel 1996 aveva imposto: la condivisione della linea d’accesso tra operatori (Ull). A seguito di questa decisione si è assistito a un’ondata di merger & acquisition e al chiaro rafforzamento del comparto Tlc. Nella Ue, invece, dopo quattordici anni di regolamentazione asimmetrica basata sull’Ull, le imprese sono per lo più gracili e alcune corrono il rischio di essere acquisite da soggetti che hanno sede fuori dalla Ue. Riprendiamo i dati di capitalizzazione sulle due sponde dell’Atlantico: a distanza di dieci anni, in un comparto molto cresciuto a livello globale, la quota americana si è ridotta di poco (solo 3 punti percentuali) mentre quella del complesso delle imprese Tlc europee è scesa di ben 17 punti.

Qual è la soluzione?

La Commissione Ue, anche sulla base di due consultazioni pubbliche, ha stabilito che, per incentivare gli investimenti in nuove reti, anzitutto quanto meno non si dovrebbero diminuire i canoni Ull fissati per le vecchie reti in rame e, poi, che per le nuove reti ottiche (o ibride) l’orientamento al costo delle tariffe può essere rimosso. Al contempo la Commissione prevede alcuni strumenti utili per evitare forme di discriminazione (cd. Equivalence of Input).

E in Italia?

La situazione ereditata dal precedente Consiglio Agcom include un numero davvero cospicuo di rimedi per la Ngan. È lo stesso Presidente Cardani, nella Relazione annuale Agcom 2013, a mostrare che l’Italia sarebbe, con la Germania, il Paese con la normativa Ngan più severa: tuttavia, un’attenta analisi comparata mostra che le regole italiane sono oggi in Europa le più stringenti in assoluto (si veda tabella). La via scelta finora dall’Autorità mi sembra che scoraggi gli investimenti dell’operatore storico, senza stimolare quelli alternativi alla realizzazione di reti proprie. Dovrebbero quindi essere rivisti i due progetti di delibera elaborati dall’Agcom che tra l’altro aggiungono una nuova normativa, quella per l’accesso ai cabinet dell’operatore storico. Una misura che lascia perplessi, non soltanto perché diverge dalle scelte regolamentari di altre Autorità europee, ma anche perché disincentiva l’impiego del vectoring, tecnologia adatta ad ottenere valori di velocità di trasmissione in linea con le indicazioni dell’Agenda digitale europea, con il rischio di allontanare ancor più l’Italia dalla maggior parte dei Paesi europei.

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