SPECTRUM REVIEW

White spaces, l’Italia fuori dalla Ue

L’Europa spinge sull’uso degli spazi bianchi. Ormai tutti occupati nel nostro Paese. Neelie Kroes: “Spettro radio ossigeno per l’economia, va ottimizzato attuando strategie di riutilizzo”

Pubblicato il 17 Set 2012

Roberta Chiti

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Condivisione dello spettro radio e utilizzo degli white spaces, le “fettine” di spettro inutilizzato tra bande Tv. La Commissione Ue chiede di mettere in atto strategie contro lo “spectrum holding”, la tendenza a tenere le mani sullo spettro pur senza utilizzarlo. Strategie urgenti, dice la Commissione europea, di fronte alla crescita esplosiva di traffico mobile di dati (entro il 2015 si prevede un aumento del 26% all’anno) che mette a rischio la disponibilità di frequenze che costituiscono invece, ricorda Neelie Kroes, Vp della Commissione responsabile per l’Agenda digitale europea, “l’ossigeno dell’economia. Dobbiamo ottimizzare questa risorsa limitata riutilizzandola e creando un mercato unico per tali frequenze”.

Peccato che l’invito rivolto dall’Europa a tutti gli Stati membri non potrà essere raccolto dall’Italia. Nella geografia frequenziale del nostro Paese non esistono più “white spaces”: le porzioni di spettro inizialmente destinate a rimanere vuote, così da costituire un “cuscinetto” anti-interferenze, sono state, infatti, tutte assegnate alle tv. Provocando, tra l’altro, il caos interferenze.

Al contrario, secondo il programma presentato dalla Commissione Ue, la condivisione di spettro radio fra diversi operatori wireless, o l’utilizzo degli spazi bianchi per il wi-fi, potrebbe portare a un’espansione della capacità della rete mobile, ad una riduzione dei costi della banda larga senza fili ed all’emergere di nuovi mercati, quali quello dei diritti secondari negoziabili per una determinata assegnazione di frequenze. L’idea poggia su ipotesi – già formulate da esperti di frequenze tra cui Antonio Sassano (vedi l’intervista rilasciata al Corriere delle Comunicazioni nel luglio 2011) di “sharing” tra servizi e operatori diversi, sulla stessa frequenza.

L’invito Ue è rivolto non tanto agli operatori Tlc che tipicamente utilizzano tutto lo spettro a loro disposizione (e acquisito in genere a caro prezzo), quanto a operatori (Tv, radio ecc) che più spesso tendono a non utilizzare completamente le frequenze a loro disposizione generando white spaces. Secondo la Commissione Ue all’interno di questi spazi possono trovare posto nuove tecnologie: una strategia di “riuso” e di sfruttamento degli spazi bianchi potrebbe dunque fare da leva per lo sviluppo di nuovi e più sofisticati apparati in grado di sondare l’uso dello spettro in una certa zona geografica e di trasmettere su frequenze non utilizzate (cognitive radio, apparati intelligenti ecc) con impatti positivi sullo sviluppo tecnologico.

In questo senso l’Italia rischia di perdere un treno importante per due motivi. Intanto perché tutti gli white space, al contrario di quanto è stato pianificato e realizzato in altri Paesi come Francia e Gran Bretagna, sono stati tutti occupati dalle Tv determinando gravi interferenze. Poi perché per realizzare la strategia a cui tende l’Europa serve una spectrum review, in Italia avviata nel 2007, ma mai portata a termine. Molte delle nuove tecnologie a cui si riferisce la Ue vanno infatti verso un uso non regolato della risorsa spettrale. Ma funzioneranno solo nei Paesi che si saranno dotati di strumenti tecnici in grado di monitorare in tempo reale l’uso effettivo dello spettro (interrogando un catasto aggiornato di frequenze) e garantire il rispetto dei vincoli d’uso da parte degli operatori.

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