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Smart working, il piano Brunetta spacca la maggioranza

L’intenzione del ministro di far rientrare in ufficio i dipendenti pubblici accende il dibattito politico. Pd e 5 Stelle: “Al passato non si torna”. Assist da Forza Italia: “Lavoro in presenza fondamentale per la crescita”

Pubblicato il 03 Set 2021

smart working, scuola, computer

Il piano di Brunetta che punta a riportare in ufficio i dipendenti pubblici spacca la maggioranza di governo. Se da PD e 5 Stelle arrivano crtitiche, Forza Italia evidenzia il ruolo strategico del lavoro in presenza.

Secondo Matte Orfini, deputato Pd, “lo smart working va pensato, migliorato, progettato, normato. Non certo rimosso per tornare al passato”.

“Considerarlo un freno allo sviluppo è segno di arcaismo e mancanza di coraggio – spiega – Cerchiamo ogni tanto di immaginare il futuro senza spaventarci per i cambiamenti possibili”.

Sulla stessa lunghezza d’onda la deputata 5 Stelle, Federica Dieni. “Il Ministro Brunetta invece di  decidere per lo stop dello Smart working dovrebbe pensare a fare  quello per cui è stato chiamato al Governo, ossia il Ministro della Pubblica Amministrazione – dice  – Mi chiedo se il ministro abbia ascoltato  le opinioni dei dipendenti pubblici che in questi mesi di pandemia hanno lavorato egregiamente, anche stando a casa. Non si può pensare di fermare un processo di modernizzazione della società creando i presupposti di uno scontro tra dipendente pubblico e lavoratore privato, e il ritorno alla normalità non può essere concepito in un’ottica pre-Covid”.

“Finché c’è lo stato di emergenza, prorogato sino al 31 dicembre, lo Smart working dovrà continuare – conclude – Ma non solo, una volta terminata l’emergenza bisognerà lavorare non per ritornare al Medioevo, ma per agevolare i dipendenti, pubblici e privati, a lavorare da remoto, ovviamente accompagnando il tutto con le dovute procedure di sicurezza digitale e attenzione alla cybersecurity.”

Assist al ministro arriva da suo partito, Forza Italia, per bocca della deputata Maria Spena. “Il ministro Brunetta si sta muovendo nella direzione giusta per riportare il Paese verso la normalità. La fine dello smart working e il ritorno al lavoro in presenza saranno, come è stato stimato, fondamentali per la crescita e lo sviluppo – evidenzia – Lo smart working, sia nel pubblico che nel privato, è stato una grande sperimentazione che ha svolto efficacemente la sua funzione durante la crisi pandemica. Adesso però c’è bisogno di presenza sul lavoro, resa possibile anche grazie al buon andamento della campagna vaccinale. Una vera e propria svolta,
che dimostra il grande lavoro che si sta facendo per rendere più efficiente la pubblica amministrazione e il mondo del lavoro”.

Nei mesi scorsi il ministro Brunetta aveva evidenziato la necessità che lo smart working fosse normato nel contratto. Proprio su questo punto interviene il presidente di Aran, Antonino Naddeo.

“Per quanto riguarda il dibattito sullo smartworking e sul rientro in ufficio del personale del pubblico impiego, credo che le polemiche sul ruolo della contrattazione siano del tutto infondate. Il contratto deve regolare, per la prima volta, gli istituti normativi ed economici del lavoro agile, ma non dove, come e quando fare il lavoro agile – ricorda – Quello svolto fino ad ora è stato in pratica uno strumento di protezione del lavoratore a fronte della pandemia, adesso occorre riportarlo progressivamente al suo vero ruolo: uno strumento possibile di organizzazione del lavoro”.

 Treu: “Nella PA serve gradualità”

Per il presidente del Cnel, Tiziano Treu, la parola d’ordine è gradualità perché la PA ha esigenze e funzioni diverse rispetto al settore privato. “Il pubblico – ha sottolineato a Tgcom24 – ha sperimentato una forma particolare di lavoro a distanza imposto dall’emergenza: ora ha ragione il ministro Brunetta  bisogna uscire ma non da un giorno all’altro. Occorre cercare una gradualità e vedere le esigenze e le modalità migliori anche ibride”.

Smart working, gli effetti nel settore privato

Ma il dibattito smart working sì, smart working interessa anche il settore privato. Per Antonio Patuelli, presidenre di Abi, il ricorso al lavoro agile non ha impattato negativamnte sulla produttività nel settore bancario.  “Non penso che abbia contato, perché non c’è stata una riduzione delle ore lavorate, le attività sono proseguite – dice in un’intervista al Corriere della Sera – Anche a distanza, il lavoro è sempre lavoro. E tra moratorie e prestiti più o meno garantiti, negli ultimi mesi, ce n’è stato molto”. Dunque, l’intenzione è continuare ad applicarlo dove possibile? “Non c’è rigidità, abbiamo un quadro di accordi nazionali e banca per banca”.

Preoccupata invece Coldiretti. L’estate in zona bianca per l’intera Penisola ha determinato – stima l’associazione – un significativo incremento dell’ospitalità  e degli incassi per la ristorazione, con un  valore superiore ai 20 miliardi di euro durante gli ultimi tre mesi. Con il rientro  dalle vacanze nelle città è allarme smart working in bar, pub, ristoranti, trattorie, pizzerie e agriturismi a causa dell’azzeramento delle pause pranzo.

Lo smart working – si legge in una nota – riguarda cinque milioni di persone collegate all’ufficio dalla cucina, dal salotto, dallo studio o dalla camera da letto di casa e colpisce soprattutto i locali situati nelle aree delle città con forte presenza di uffici. Una situazione che, dopo gli importanti segnali di ripresa, rischia di avere un pesante
impatto a cascata sull’intero sistema agroalimentare nazionale con oltre un milione di chili di vino e cibi invenduti dall’inizio della pandemia, secondo la Coldiretti.
Per mangiare fuori casa è destinato oltre un terzo del totale dei consumi alimentari delle famiglie italiane con una tendenza all’aumento che non si è mai arrestata prima dell’emergenza Covid, mentre nel 2020 si è dimezzato (-48 per cento) il fatturato della ristorazione.

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