C’è un nuovo asse che sta cambiando le dinamiche della trasformazione digitale globale: quello tra telecomunicazioni e spazio. Una convergenza che non è più una visione futuristica, ma una realtà industriale concreta, destinata a diventare il perno dello sviluppo economico europeo nei prossimi anni. Mentre gli operatori TLC tradizionali guardano al cielo per estendere la copertura in ogni angolo del continente, l’infrastruttura satellitare si trasforma in una dorsale strategica della rete del futuro: resiliente, duale, sicura. Il problema? I capitali pubblici non bastano più. Servono capitali pazienti, veicolati da fondi di private equity e strumenti di debito strutturato. Servono scelte industriali.
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Spazio e tlc: un matrimonio inevitabile
Non è un caso se i più importanti operatori satellitari europei — Eutelsat, SES, Hispasat — si stiano muovendo come veri e propri attori del mondo telecom, stringendo alleanze con telco e colossi digitali. L’esempio più chiaro è la fusione tra Eutelsat e OneWeb, che ha dato vita a un nuovo player capace di offrire servizi ibridi LEO-GEO, unendo satelliti a bassa orbita e geostazionari per garantire copertura globale e bassa latenza. Un passo fondamentale per il futuro del 6G, dell’Internet of Things e delle comunicazioni secure-by-design.
Allo stesso modo, Starlink di Elon Musk e il progetto Kuiper di Amazon stanno riscrivendo le regole del settore con investimenti miliardari, puntando su costellazioni da migliaia di satelliti in orbita bassa. In questo contesto, l’Europa non può permettersi di restare spettatrice. Da qui nasce IRIS², la nuova infrastruttura satellitare europea per la connettività sicura, un progetto da oltre 6 miliardi di euro pensato per difendere l’autonomia strategica del Vecchio Continente.
IRIS², un test per la capacità industriale europea
Lanciato nel 2023 dalla Commissione Europea, il programma IRIS² (Infrastructure for Resilience, Interconnectivity and Security by Satellite) rappresenta il cuore della nuova strategia spaziale dell’Unione. Coordinato da un consorzio industriale guidato da SES, Eutelsat e Thales Alenia Space, IRIS² si propone di schierare una costellazione multi-orbita (LEO, MEO e GEO), affiancata da stazioni di terra, software critici e capacità di servizio per governi, difesa, industria e cittadini.
Ma realizzare un’infrastruttura di questo tipo — che dovrà essere operativa entro il 2027 — richiede investimenti massicci, tempi lunghi e un’elevata tolleranza al rischio. Non esattamente le caratteristiche della finanza tradizionale. Per questo, Bruxelles ha scelto un modello PPP (partenariato pubblico-privato), affidando al mercato la responsabilità della gestione e sollecitando capitali privati. È qui che entrano in gioco i grandi fondi infrastrutturali e il private equity.
Private equity e fondi infrastrutturali: i nuovi protagonisti del settore spazio
La crescente ibridazione tra spazio e TLC ha attirato l’attenzione dei big della finanza. EQT Infrastructure, Ardian, CDPQ, Blackstone, Brookfield, Global Infrastructure Partners: sono solo alcuni dei nomi che stanno guardando con crescente interesse agli asset spaziali. La logica è semplice: i satelliti non sono più solo strumenti scientifici o militari, ma vere e proprie autostrade digitali che generano cash flow stabili e offrono vantaggi strategici.
EQT, ad esempio, ha negoziato l’acquisto dell’80% delle infrastrutture di terra di Eutelsat, in un’operazione che ha superato i 700 milioni di euro. Ardian ha invece creato una business unit interamente dedicata alla transizione digitale e alle infrastrutture critiche, includendo asset space-based nel proprio radar d’investimento. In parallelo, i fondi sovrani — come Mubadala (EAU) o QIA (Qatar) — sono entrati nei capitali di player satellitari, in un chiaro segnale della valenza geopolitica del settore.
Debito strutturato e project bond: la nuova finanza per lo spazio
Oltre al capitale proprio, anche la finanza strutturata sta trovando spazio in orbita. La Banca Europea degli Investimenti (BEI) ha recentemente concesso un prestito di 30 milioni di euro alla startup spagnola Sateliot, che punta a lanciare una costellazione di piccoli satelliti LEO per l’Internet delle Cose. Si tratta del primo esperimento di venture debt spaziale supportato da InvestEU, aprendo la strada a project bond, cartolarizzazioni e altri strumenti di lungo termine.
In Francia, Bpifrance ha lanciato strumenti di co-finanziamento per supportare la crescita di PMI e midcap nel settore spazio-TLC, mentre in Germania si sperimenta l’utilizzo di green bond per finanziare infrastrutture satellitari a basso impatto. Anche in Italia, grazie a Cassa Depositi e Prestiti, sono in discussione modelli di finanziamento ibridi per l’infrastruttura digitale e spaziale, in sinergia con i fondi del PNRR.
Space economy e tlc, un ecosistema ancora frammentato ma in evoluzione
Nonostante i segnali positivi, il quadro europeo resta frammentato. Le differenze tra paesi, la burocrazia e la lentezza nella messa a terra delle strategie industriali rendono ancora difficile attrarre capitali pazienti su larga scala. Secondo uno studio recente del think tank Bruegel, nei prossimi 5 anni l’Europa rischia di accumulare un ritardo di oltre 10 miliardi di euro rispetto agli Stati Uniti per investimenti privati in infrastrutture spaziali e digitali.
Per questo motivo, diventa essenziale costruire una visione strategica europea integrata, capace di attrarre investimenti a lungo termine. Serve una regia forte, capace di unire politiche industriali, strumenti finanziari, ricerca e sviluppo. E serve soprattutto un cambio di mentalità: non basta più parlare di spazio come settore “strategico”, bisogna iniziare a finanziarlo come tale.
Space economy e tlc, la scommessa del lungo periodo
Chi investe oggi in spazio e telecomunicazioni sa che i ritorni non sono immediati. Le curve di ammortamento sono lunghe, le incognite tecnologiche reali. Ma i benefici, una volta realizzati, sono moltiplicatori. Secondo l’OCSE, le tecnologie satellitari contribuiranno per oltre 500 miliardi di euro al PIL globale entro il 2040.
Inoltre, l’integrazione tra space economy e Tlc non solo genera valore economico, ma aumenta la resilienza infrastrutturale, riduce la dipendenza da attori extra-UE, e rende possibile la digitalizzazione anche delle aree più marginali, dall’Appennino alla Lapponia. È, in fondo, un investimento non solo finanziario, ma sociale e strategico.
Una nuova politica industriale per connettere l’Europa dal cielo
Lo sviluppo dell’integrazione tra space economy e tlc in Europa non può prescindere da una nuova politica industriale europea: coerente, integrata, lungimirante. Una politica capace di sostenere l’innovazione tecnologica ma anche di rassicurare gli investitori privati. Una politica che riconosca che senza capitali pazienti — equity, debito, fondi infrastrutturali — non ci sarà connettività universale, né autonomia digitale.
La rivoluzione silenziosa del cielo è cominciata. Ora tocca alla Terra — e all’Europa — scegliere se restare spettatrice o diventare protagonista.