Il nuovo capitolo della ristrutturazione di BT Group è la creazione di una unit autonoma per le attività estere, con una completa rifocalizzazione sul mercato nazionale. È quanto riporta il Financial Times. La decisione mira anche a semplificare ulteriormente la struttura aziendale e favorire una gestione snella.
La nuova divisione internazionale avrà un organico di 8000 persone e opererà in maniera autonoma rispetto all’attività di BT in Gran Bretagna. Sarà guidata da Bas Burger, ex ceo della divisione Business di BT.
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BT si concentra sul mercato domestico
La separazione delle attività internazionali prosegue nella direzione intrapresa già da tempo dalla telco britannica che va verso lo snellimento del gruppo e la riduzione della presenza estera. BT è già uscita da diversi mercati, incluso quello italiano, dove ha venduto di recente BT Italia a Retelit. BT ha anche disinvestito in Irlanda, cedendo la sua filiale locale a Speed Fibre Group.
Inoltre, alla fine dello scorso anno Equinix si è accordata per acquistare l’attività di data center di BT in Irlanda per 59 milioni di euro; la transazione dovrebbe essere completata entro luglio di quest’anno.
Ora la creazione di una divisione esteri autonoma significa anche che, per la prima volta, i risultati finanziari delle operazioni internazionali di BT saranno riportati separatamente. Questa maggiore trasparenza renderà più facile valutare le prestazioni del business extra-Uk e potrebbe aprire le porte, secondo gli analisti, a eventuali nuove vendite se non a uno spin-off o merger della divisione.
Già a marzo Bloomberg ha riportato che BT aveva discusso di una possibile partnership con At&t e Orange, inclusa la vendita delle attività internazionali.
Tlc, la concorrenza è sempre più agguerrita
Nella nota interna ai dipendenti citata dal Financial Times, BT ha scritto che la ristrutturazione darà all’azienda le maggiori probabilità di successo sui mercati nazionale e internazionale di fronte a concorrenti “sempre più forti”.
La mossa è in linea con la strategia di riduzione dei costi a tutto campo portata avanti dalla ceo Allison Kirkby, alla guida di BT da febbraio del 2024.
Il piano di trasformazione: fibra e 5G
Ad agosto del 2024 Bharti Global è diventato azionista di maggioranza di BT. Il gruppo indiano ha sottoscritto un accordo con il fondo Altice per rilevare un pacchetto del 24,5% in BT per un valore di 3 miliardi di sterline.
Bharti ha sottolineato il suo “sostegno al management team di BT e alla sua strategia, mentre l’azienda accelera il suo ambizioso piano di trasformazione per generare una crescita sostenibile a lungo termine”, facendo riferimento in particolare alle iniziative nella fibra ottica e nelle reti 5G.
BT ha tagliato 3 miliardi di sterline di costi
BT ha annunciato a maggio dell’anno scorso di aver centrato con un anno di anticipo l’obiettivo di risparmiare 3 miliardi di sterline entro il 2025. La maggior parte del risultato si deve al programma di tagli sula forza lavoro: in totale, entro la fine del decennio BT avrà mandato via 55.000 persone, portando il suo organico da 130.000 a 75.000 dipendenti previsti nel 2030.
Kirkby ha annunciato un secondo round di risparmi dello stesso valore: costi ridotti di altri 3 miliardi di sterline entro il 2029.
Le attività italiane di BT nelle mani di Retelit
Ad aprile Retelit ha siglato con la filiale italiana di BT un accordo per l’acquisizione delle attività B2B e degli asset in Italia, che nel 2024 hanno generato ricavi per circa 160 milioni. L’intesa è subordinata ad approvazione delle Autorità competenti.
Grazie a questo accordo Retelit potenzierà la propria rete in fibra con ulteriori 11.500 Km, per un’estensione complessiva di oltre 47.000 Km, e amplierà il proprio network di data center sul territorio nazionale con 10 Mw aggiuntivi di potenza.
La guerra dei prezzi che fa male a tutte le telco
La concorrenza rimane il rischio principale per gli operatori delle Tlc, che può portare a pesanti guerre dei prezzi con effetti negativi sulla redditività. Ciò è particolarmente evidente nei mercati con più player, come l’Italia, dove un singolo operatore aggressivo può spingere i concorrenti a rispondere con tagli dei prezzi. Lo ha scritto Standard & Poor’s nella sua ultima nota “Industry credit outlook 2025-Telecoms”.
S&P’s nota anche che la lenta crescita macroeconomica in Europa potrebbe esacerbare il rischio per le telco, portando a un indebolimento della base di clienti business e una sempre maggiore attenzione ai prezzi da parte dei consumatori.
La concorrenza sui prezzi, in genere, aumenta il tasso di abbandono dei clienti e indebolisce l’Arpu e le entrate, perché le aziende delle Tlc abbassano i prezzi e aumentano le offerte in bundle per fidelizzare i clienti. La guerra dei prezzi, afferma S&P’s, “ha conseguenze negative per tutti i player” e degrada le prospettive anche in mercati di maggiore qualità per le telco.
D’altro lato, il consolidamento in Spagna e nel Regno Unito, l’M&A convergente in Italia e gli effetti di una regolamentazione più leggera nel wholesaledovrebbero mitigare gli effetti dell’agguerrita concorrenza per gli operatori europei delle Tlc. Anche gli aumenti annuali dei prezzi aiuteranno, pur se a ritmi via via più lenti.