Chip Usa-Cina: è questa la keyword che sintetizza il nuovo fronte aperto tra tecnologia, geopolitica e diritto commerciale. Al centro c’è l’accordo tra la Casa Bianca e i colossi americani Nvidia e Amd, che ha acceso un acceso dibattito negli Stati Uniti. Il patto consentirebbe infatti la ripresa delle esportazioni di chip AI verso la Cina in cambio di una quota del 15% dei ricavi da parte delle aziende. Secondo quanto confermato dal presidente Donald Trump, il governo federale concederà licenze di esportazione in particolare per i chip H20 di Nvidia e MI308 di Amd, progettati appositamente per il mercato cinese.
La misura, presentata come una soluzione pragmatica per bilanciare sicurezza nazionale e competitività industriale, è stata definita “senza precedenti” da esperti legali e osservatori politici. Il Dipartimento del Commercio sta ancora valutando la legittimità dell’accordo, mentre il Congresso è stato tenuto ai margini del processo decisionale.
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Le implicazioni costituzionali e legali
Il cuore del dibattito ruota attorno alla Export Clause della Costituzione americana, che vieta esplicitamente l’imposizione di tasse o dazi sulle esportazioni. Secondo Douglas Jacobson, avvocato esperto in commercio internazionale, “si tratta di una tassa incostituzionale sulle esportazioni”. Il precedente giuridico più citato è la sentenza della Corte Suprema del 1998 nel caso United States v. United States Shoe Corp., che ha invalidato una tassa ad valorem sulle esportazioni, ritenendola contraria alla Costituzione.
Inoltre, l’Export Controls Reform Act del 2018 vieta esplicitamente di far pagare agli esportatori per ottenere licenze di esportazione. Anche se alcune eccezioni sono previste per prodotti militari, le licenze civili come quelle in questione non possono essere soggette a tariffe proporzionali al valore delle esportazioni.
Chip Usa-Cina: la posizione della Casa Bianca e delle aziende
La Casa Bianca, per voce della portavoce Karoline Leavitt, ha ammesso che “la legalità e i meccanismi dell’accordo sono ancora in fase di definizione”. Trump ha difeso l’intesa come una forma di compensazione per la concessione delle licenze: “Se do il via libera, voglio che il Paese riceva qualcosa in cambio”, ha dichiarato.
Nvidia, dal canto suo, ha ribadito che sui chip “segue le regole stabilite dal governo Usa per operare nei mercati globali”, sottolineando l’importanza di mantenere la leadership americana nel settore dell’intelligenza artificiale. Amd non ha rilasciato commenti ufficiali, ma ha confermato l’ottenimento delle licenze.
Impatti economici e tecnologici e i chip coinvolti
L’accordo rappresenta un sollievo per Nvidia e Amd, che avevano subito pesanti perdite a causa delle restrizioni imposte in aprile. Nvidia aveva stimato un impatto negativo di 8 miliardi di dollari nel secondo trimestre, mentre Amd prevedeva una flessione di 1,5 miliardi nel corso dell’anno.
I chip coinvolti, H20 e MI308, sono versioni “depotenziate” dei modelli H100 e H200, progettate per rispettare i limiti imposti dalle normative Usa. Tuttavia, secondo analisti di settore, anche questi chip possono essere utilizzati per applicazioni sensibili. L’attenzione va in particolare alle tecniche di riconoscimento delle immagini e all’elaborazione del linguaggio naturale, con potenziali implicazioni militari.
Le reazioni politiche e il rischio di precedenti
Il Congresso ha reagito con preoccupazione. Il deputato repubblicano John Moolenaar ha definito l’accordo “una deviazione pericolosa dalle regole di controllo delle esportazioni”. Il democratico Raja Krishnamoorthi ha annunciato l’intenzione di chiedere chiarimenti sulla base legale dell’intesa.
Gary Hufbauer, economista del Peterson Institute, ha sottolineato come l’accordo trasformi la funzione di controllo delle esportazioni in uno strumento di raccolta fondi. Il precedente potrebbe alterare profondamente il rapporto tra governo e industria tecnologica.
Tracciatori nei chip AI destinati a Pechino
A complicare ulteriormente il quadro emerge intanto una nuova misura di sorveglianza da parte del governo statunitense. Secondo fonti riservate citate da Reuters, gli Stati Uniti hanno iniziato a inserire tracciatori digitali nei chip AI esportati verso la Cina, con l’obiettivo di monitorare eventuali deviazioni non autorizzate verso soggetti o applicazioni vietate.
Questi tracciatori, descritti come “marcatori invisibili”, permetterebbero al Dipartimento del Commercio di rilevare se i chip venduti a clienti civili cinesi vengano successivamente trasferiti a entità militari o governative. L’iniziativa solleva interrogativi sulla privacy industriale e sulla trasparenza delle esportazioni, oltre a rafforzare la percezione di una strategia USA sempre più orientata alla sorveglianza preventiva. Per le aziende coinvolte, si apre un nuovo fronte di compliance, che potrebbe influenzare le relazioni con i partner asiatici e la fiducia del mercato.
Verso una ridefinizione delle regole del commercio tech
Il caso Nvidia-Amd potrebbe aprire la strada a nuovi modelli di negoziazione tra governo e imprese, ma anche a battaglie legali che ridefiniranno il perimetro delle politiche commerciali. La questione non riguarda solo la legittimità costituzionale, ma anche la sostenibilità di un approccio che monetizza l’export come leva strategica.