Il One Big Beautiful Bill Act (Obbba), approvato dal Congresso Usa il 4 luglio 2025, ha riacceso i riflettori sul tema delle frequenze mobili. La legge prevede l’asta di 800 MHz di spettro entro il 2034, con l’obiettivo di generare 85 miliardi di dollari per il Tesoro statunitense. Un piano ambizioso che punta a sostenere lo sviluppo delle reti 5G e 6G, ma che solleva dubbi crescenti tra analisti e investitori.
Secondo Dean Bubley, fondatore di Disruptive Analysis, “gli operatori potrebbero pagare cifre esorbitanti per asset che non garantiranno ritorni proporzionati”. Il rischio, scrive l’esperto su Fierce Networks, è quello di una bolla speculativa, alimentata da aspettative tecnologiche non supportate da una domanda reale.
Indice degli argomenti
Il paradosso della sovrabbondanza
Molti operatori, tra cui Verizon, hanno dichiarato di avere già abbastanza spettro per soddisfare la domanda prevista nei prossimi anni. “Abbiamo multi, multi, multi anni di capacità sul C-band”, ha affermato il ceo dell’azienda. Eppure, il mercato continua a spingere per nuove acquisizioni, anche in bande ad alta frequenza che presentano limiti fisici ed economici: copertura ridotta, difficoltà di penetrazione indoor, costi energetici elevati.
In parallelo, molte frequenze già assegnate risultano sottoutilizzate. Test indipendenti e mappature RF mostrano che in aree rurali e urbane, gran parte dello spettro resta inutilizzato, nonostante la disponibilità di tecnologie avanzate. Questo solleva interrogativi sulla reale necessità di nuove aste e sull’efficienza del modello attuale.
Efficienza tecnologica vs nuove licenze
Tra il 2015 e il 2024, la capacità delle reti mobili statunitensi è aumentata di sei volte per ogni Hz di spettro. Le innovazioni in arrivo, come le tecniche AI per la gestione radio, promettono ulteriori miglioramenti del 30-60% nei prossimi anni. In questo contesto, secondo Fierce Network, investire in efficienza potrebbe essere più vantaggioso che acquistare nuove frequenze.
La trasparenza sull’utilizzo dello spettro, grazie a strumenti come quelli di Aurora Insight e Hawkeye 360, sta smascherando il mito della congestione perenne. I dati mostrano che la scarsità di spettro è spesso artificiale, creata per giustificare nuove aste e mantenere alto il valore delle licenze.
Il rischio regolatorio e il ruolo della politica
Il caso EchoStar, sotto indagine da parte della Fcc per mancato rispetto delle scadenze di deployment, ha aperto la strada a una possibile revoca delle licenze. Anche il sistema Cbrs è sotto pressione, con il rischio di perdere le autorizzazioni Pal. Diversi Paesi stanno introducendo regole “use-it-or-lose-it”, che potrebbero trasformare lo spettro inutilizzato da asset strategico a passività regolatoria.
Il One Big Beautiful Bill Act conferisce inoltre al Presidente Usa il potere di bloccare riassegnazioni considerate rischiose, aggiungendo un ulteriore livello di incertezza politica per gli investitori.
Banda ultralarga e convergenza infrastrutturale
Il rilancio delle aste per lo spettro si inserisce in un quadro più ampio di modernizzazione delle infrastrutture digitali, dove la banda ultralarga gioca un ruolo cruciale. Il Gigabit Infrastructure Act, entrato in vigore in Europa nel 2025, punta a semplificare la burocrazia e accelerare i cantieri per fibra e 5G, favorendo la convergenza tra reti fisse e mobili.
Questa convergenza è già visibile in progetti come quelli di AT&T, che ha annunciato investimenti mirati per integrare fibra e spettro in un’unica infrastruttura. Un approccio che potrebbe rappresentare una via sostenibile rispetto alla corsa all’accaparramento di frequenze.
Il futuro della connettività: tra satellite e AI
Il 42 GHz e l’Upper C-band sono al centro delle strategie per servizi a bassa latenza e connettività satellitare. SpaceX e Dish Network stanno già sperimentando soluzioni Leo, ma il modello economico resta incerto. Gli analisti consigliano cautela: “Meglio aspettare la maturazione dei ricavi prima di investire pesantemente”.
Nel frattempo, l’intelligenza artificiale promette di rivoluzionare la gestione delle reti, ottimizzando l’uso dello spettro e riducendo i costi operativi. Un’evoluzione che potrebbe ridimensionare il valore delle licenze e spostare l’attenzione dagli asset fisici alle capacità algoritmiche.
Conclusione implicita: una strategia da ripensare
Il messaggio che emerge è chiaro: la strategia del “spectrum pipeline” va ripensata. Più che accumulare frequenze, gli operatori dovrebbero puntare su efficienza, trasparenza e integrazione infrastrutturale. Gli investitori, dal canto loro, devono valutare con attenzione i rischi di sovrainvestimento, regolazione incerta e domanda stagnante.
Il futuro della connettività non sarà determinato solo dalla quantità di spettro disponibile, ma dalla capacità di trasformarlo in servizi reali, sostenibili e scalabili. E in questo scenario, la banda ultralarga e l’AI agentica potrebbero rivelarsi più decisive delle frequenze stesse.