Il mercato unico è la più grande risorsa dell’Unione europea e bisogna spingere per completarlo, realizzandone a pieno tutte le potenzialità nei suo tre settore chiave: Tlc, banche, energia. Lo ha affermato la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, nel suo Discorso sullo Stato dell’Unione al Parlamento europeo.
“La nostra più grande risorsa è il Mercato unico, ma è ancora incompiuto. Il Fondo monetario internazionale stima che le barriere interne al Mercato unico equivalgano a un dazio del 45% sui beni. E a un dazio del 110% sui servizi. Pensate a che cosa ci stiamo perdendo”, ha sottolineato Von der Leyen. “E, come sottolineato dal rapporto Letta, il Mercato unico rimane incompleto soprattutto in tre settori: finanza, energia e telecomunicazioni. Abbiamo bisogno di scadenze politiche chiare. Per questo presenteremo una Roadmap per il Mercato unico fino al 2028. Su capitali, servizi, energia, telecomunicazioni, il 28° regime e la quinta libertà per la conoscenza e l’innovazione”.
La presidente si è riferita alla proposta della Commissione per un nuovo quadro giuridico opzionale (il 28° regime), che consentirà alle imprese innovative di operare in tutta l’Ue sotto un unico insieme di regole societarie, fiscali e del lavoro. La quinta libertà è un concetto proposto dal rapporto Letta per indiare una nuova fase del mercato unico, focalizzata su ricerca, innovazione e istruzione, che supera le tradizionali quattro libertà (libera circolazione di persone, merci, servizi e capitali).
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Mercato unico Tlc, questione di sostenibilità economica
Oggi sugli operatori europei delle Tlc grava un impianto di decine di regole che ostacola la competitività, rallenta l’innovazione e frammenta il mercato unico digitale, come ha sottolineato lo studio realizzato per Connect Europe, l’associazione che riunisce gli operatori europei di telecomunicazioni, dalla società di consulenza Arthur D. Little.
Secondo il rapporto sono 34 gli obblighi normativi, spesso “sovrapposti e incoerenti tra loro”, che le aziende delle Tlc del continente devono affrontare, con impatti negativi sulla chiarezza per i consumatori e sulla sostenibilità economica del settore. Al tempo stesso, le big tech restano in gran parte escluse da obblighi equivalenti, generando uno squilibrio competitivo.
Questo onere normativo incide significativamente sulla chiarezza delle norme per gli utenti finali e complica la possibilità di offerte transfrontaliere a causa di sostanziali divergenze nazionali, si legge nello studio.
La complessità normativa incide anche sulla sostenibilità finanziaria delle Tlc. Tra il 2014 e il 2023, gli operatori di telecomunicazioni europei hanno registrato un calo medio annuo della capitalizzazione di mercato dell’1,8%. Al contrario, i concorrenti meno regolamentati, tra cui le telecomunicazioni di altre regioni e le piattaforme tecnologiche globali, hanno registrato una crescita annua della capitalizzazione di mercato rispettivamente dell’1,1% e del 36%.
Un’altra conseguenza della moltiplicazione delle regole è l’impossibilità di realizzare un vero mercato unico digitale delle Tlc, prosegue Connect Europe: il rapporto descrive in dettaglio la grave frammentazione nell’attuazione delle norme sulle telecomunicazioni negli Stati membri dell’Ue, in particolare per quanto riguarda la tutela dei consumatori, la neutralità della rete, le misure di sicurezza, la conservazione dei dati e la segnalazione degli incidenti di sicurezza.
Facilitare il customer journey dei clienti delle telco
Il report di Connect Europe mostra come il percorso di un utente telecom – ovvero il customer journey del cliente di un operatore – sia influenzato da 34 obblighi regolatori distinti, derivanti da 9 normative settoriali e 19 regolamenti orizzontali, spesso sovrapposti e frammentati tra gli Stati membri. Tra questi, ci sono almeno 12 obblighi che si sovrappongono tra le normative settoriali e quelle generali a tutela dei consumatori, di cui 16 classificati come particolarmente rigorosi e specifici per le telecomunicazioni. Ciò crea tre sfide principali: eccessiva regolamentazione, condizioni di concorrenza diseguali e frammentazione del mercato.
Di conseguenza, i clienti sperimentano confusione e incoerenze sia all’interno che tra i mercati nazionali, riducendo la soddisfazione complessiva del servizio.
Nonostante queste sfide, il settore ha prodotto un valore straordinario: tra il 2014 e il 2023, gli operatori di telecomunicazioni europee hanno decuplicato l’utilizzo di dati mobili per cittadino, riducendo al contempo il ricavo medio per GB dell’85%, consentendo un accesso diffuso a una connettività conveniente e di alta qualità.
Nelle Tlc europee la “scala è regina”
Nel suo discorso di apertura a un incontro tenutosi a giugno e organizzato dalla Gsma e da Teleindustrien (Associazione dell’industria delle telecomunicazioni in Danimarca), Vivek Badrinath, direttore generale della Gsma, ha ammonito con forza che, mentre altre regioni globali stanno innovando e scalando, l’Europa sta rimanendo indietro. Gli operatori europei sono vincolati dalla frammentazione e dall’iperregolamentazione, che ostacolano gli investimenti e rallentano il progresso.
Il suo messaggio è stato chiaro: “La scala è la regina”. Senza, l’Europa rischia di perdere economicamente e strategicamente. Il consolidamento è fondamentale per raggiungere le economie di scala e costruire l’infrastruttura digitale all’avanguardia di cui l’Europa ha bisogno per competere a livello globale.
Badrinath ha invitato la Danimarca, in qualità di presidente dell’Ue per il secondo semestre dell’anno, ad assumersi questa responsabilità storica attraverso il Digital networks act (Dna) – creando un vero mercato unico delle tlc, riformando la politica della concorrenza, riducendo gli oneri normativi e fornendo un ambiente di investimento stabile che supporti gli operatori e offra un valore migliore per i consumatori.
Mercato unico delle Tlc, i nodi del Digital Networks Act
Ma proprio il Digital networks act sta rivelandosi un terreno di scontro tra le telco. La proposta di regolamento, attesa per fine anno e presentata come la grande riforma capace di rilanciare gli investimenti nelle reti e rafforzare la competitività delle telecomunicazioni, si è trasformata in un crocevia di visioni contrapposte.
Da un lato ci sono i grandi operatori, che intravedono l’opportunità di uscire dalla frammentazione regolatoria e trovare finalmente la scala necessaria per competere con i colossi globali. Dall’altro i regolatori, le associazioni dei piccoli operatori e diversi osservatori, che temono un ridimensionamento delle regole di concorrenza costruite negli ultimi vent’anni e un rischio concreto per l’apertura e la neutralità di Internet.
Così per Connect Europe, l’ex-ante, che ha rappresentato la bussola regolatoria degli ultimi due decenni, può essere mantenuto soltanto come “rete di sicurezza” in presenza di colli di bottiglia locali. Per il resto, è necessario affidarsi a un sistema ex-post che garantisca certezza agli investitori e consenta agli operatori di raggiungere dimensioni adeguate. La riforma viene vista come indispensabile per superare la frammentazione nazionale che frena la crescita, uniformando le regole e semplificando gli oneri burocratici.
Sul forte opposto Ecta, l’associazione europea degli operatori alternativi, mette in guardia contro una scelta che potrebbe avere effetti devastanti. Il declassamento del regime ex-ante, secondo Ecta, smantellerebbe l’equilibrio che negli anni ha permesso lo sviluppo della concorrenza e dei progressi tecnologici in ambiti come il cloud, l’edge e l’intelligenza artificiale.
A difendere la stessa linea è Agcom, che nella sua risposta alla consultazione ha sottolineato come l’attuale quadro regolatorio abbia garantito l’apertura del mercato e favorito la diffusione delle reti a banda ultra-larga (Vhcn). Abbandonare l’ex-ante, secondo l’Autorità, significherebbe rinunciare a uno strumento che ha portato benefici tangibili agli utenti e creato un contesto competitivo vitale.