La connettività è oggi il fondamento su cui poggia la trasformazione digitale dell’Europa. L’accesso a reti fisse e mobili ad alta capacità non è solo una questione tecnologica, ma un fattore determinante per la competitività industriale, la coesione sociale e l’efficienza dei servizi pubblici. In questo contesto, l’Italia si trova a fronteggiare una sfida complessa: accelerare il deployment delle infrastrutture superando ostacoli normativi, burocratici e territoriali.
Lo studio “Verso la nuova connettività”, realizzato da I-Com e Join Group nell’ambito del progetto Futur#Lab, con il supporto di Ericsson, FiberCop, Inwit, Open Fiber, Unidata e WindTre, offre una fotografia dettagliata dello stato dell’arte. L’indagine, condotta con il coinvolgimento diretto delle aziende del settore, mette in luce ritardi persistenti, disomogeneità applicative e resistenze locali che rallentano il raggiungimento degli obiettivi nazionali ed europei.
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Reti fisse: miglioramenti parziali, ma il quadro resta critico
Per quanto riguarda le infrastrutture fisse, lo studio evidenzia un miglioramento nei tempi medi per ottenere l’autorizzazione all’illuminazione pubblica, passati da 121 a 105 giorni. Anche per gli scavi si registra una riduzione significativa: da 117 a 92 giorni. Tuttavia, le tempistiche restano elevate, con differenze territoriali marcate. Il Nord è il più efficiente per gli scavi (85 giorni), mentre il Centro si distingue per l’illuminazione (100 giorni).
Questi dati, pur mostrando una tendenza positiva, non sono sufficienti a garantire una celerità compatibile con le esigenze del mercato. Le procedure continuano a essere complesse, frammentate e spesso soggette a interpretazioni divergenti da parte delle amministrazioni locali. In particolare, le conferenze dei servizi, strumento chiave per la semplificazione, risultano convocate solo nel 15% dei casi. In regioni come Campania, Puglia e Lazio, la percentuale di mancata convocazione supera l’80%, segnalando una grave inefficienza amministrativa.
Reti mobili: autorizzazioni lente e conferenze disattese
Sul fronte delle reti mobili, il tempo medio per ottenere l’autorizzazione è sceso da 162 a 144 giorni. Un miglioramento lieve, che non basta a garantire una tempestiva realizzazione delle infrastrutture. Anche qui, le conferenze dei servizi sono spesso ignorate: nel 2022, il 59% delle istanze non ha portato a convocazioni; nel 2024, la quota è scesa al 41%, ma persistono forti disomogeneità regionali, con Sicilia e Campania ancora in fondo alla classifica.
Il quadro che emerge è quello di una applicazione normativa disomogenea, dove la volontà politica e la capacità amministrativa locale giocano un ruolo decisivo. In molte aree, le amministrazioni non solo non convocano le conferenze, ma adottano provvedimenti ostativi, come ordinanze di sospensione dei lavori, spesso prive di fondamento giuridico. Queste pratiche generano contenziosi e ritardi, compromettendo la realizzazione degli obiettivi di copertura previsti dal Piano Italia 1 Giga e dalle strategie europee.
Edge data center: un segnale positivo, ma servono regole dedicate
Una novità dello studio è l’analisi delle autorizzazioni per gli edge data center, infrastrutture sempre più centrali per l’economia digitale. In questo ambito, le tempistiche risultano in linea con la normativa: 30-45 giorni per il permesso di costruire, 30 per l’autorizzazione sismica, 15 per la Scia. Tuttavia, I-Com sottolinea la necessità di una procedura dedicata, più adatta alle peculiarità di queste strutture, che richiedono flessibilità e rapidità per rispondere alle esigenze di localizzazione e scalabilità.
L’edge computing, infatti, rappresenta una frontiera strategica per l’adozione dell’intelligenza artificiale, la gestione dei dati in tempo reale e la resilienza delle reti. Ritardarne lo sviluppo significa limitare la capacità del Paese di competere in settori ad alta intensità tecnologica.
Connettività: quadro normativo chiaro, ma applicazione disomogenea
Il Codice delle comunicazioni elettroniche è stato oggetto di numerose modifiche e integrazioni, culminate nel decreto Mimit dell’11 marzo 2025. Questo ha aggiornato la modulistica, ma ha anche introdotto criticità applicative, come la richiesta di documentazione non prevista e l’assenza di riferimenti alla conferenza dei servizi.
Il problema principale, secondo I-Com, non è la normativa in sé, ma la sua applicazione disomogenea. In molti casi, gli enti locali adottano ordinanze di sospensione dei lavori per motivi non giustificati, generando contenziosi e ritardi. Le difficoltà sono particolarmente evidenti nei piccoli comuni, spesso privi di personale tecnico e strumenti digitali adeguati.
Competenze, enforcement e incentivi: le leve per sbloccare il sistema
Per superare le criticità, lo studio propone azioni concrete: linee guida, strumenti di monitoraggio, supporto applicativo e campagne di comunicazione istituzionale. È necessario incentivare le amministrazioni virtuose e obbligare quelle che, pur avendo risorse, ostacolano il deployment delle reti. Solo così sarà possibile rispettare le timeline europee e garantire una connettività capillare e performante.
La formazione del personale locale, l’adozione di strumenti digitali per la gestione delle pratiche e la definizione di meccanismi premianti per le amministrazioni efficienti sono elementi chiave. Al tempo stesso, occorre rafforzare il principio del silenzio-assenso, già previsto dalla normativa, e garantire che le violazioni siano sanzionate in modo efficace.
Un ecosistema digitale da costruire con urgenza
La massimizzazione delle opportunità offerte da tecnologie come l’intelligenza artificiale passa attraverso la disponibilità di reti fisse e mobili performanti, soluzioni cloud moderne e data center diffusi. Si tratta di elementi indispensabili per garantire il percorso di digitalizzazione del Paese, la competitività del tessuto industriale e la disponibilità di servizi pubblici all’avanguardia.
In questo scenario, il ritardo nel deployment delle infrastrutture non è solo un problema tecnico, ma una questione di sistema. Serve una governance più efficace, una maggiore responsabilizzazione degli attori locali e una visione strategica condivisa. Solo così l’Italia potrà colmare il divario con le altre grandi economie europee e contribuire alla costruzione di un mercato unico digitale competitivo e resiliente.