È ancora tensione tra il Ministero dell’Economia e delle Finanze (Mef) e il fondo americano Kkr sul dossier della rete unica, ma il governo cerca, per il momento, di evitare lo strappo. Come risulta a CorCom, il Mef vuole andare avanti sulla fusione tra FiberCop (partecipata da Kkr, Tim, Fastweb e, per il 16%, dal Tesoro) e Open Fiber e tenta la via del dialogo con Kkr.
Il fondo Usa frena sull’unione per motivi che vanno dalla gestione economica (Open Fiber è fortemente indebitata, anche se ha ridotto il suo rosso) ai timori sulla concorrenza. Il fondo ha anche segnalato alla Commissione europea presunti aiuti di Stato per 4,5 miliardi di euro concessi a Open Fiber.
Questa mossa, in particolare, ha irritato il Mef: l’obiettivo del governo resta quello di arrivare alla rete unica tra FiberCop e Open Fiber, ma la segnalazione di Kkr alle autorità dell’Ue rischia di complicare i rapporti tra le parti.
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Rete unica, ancora tensioni tra Mef e Kkr
La denuncia di Kkr si riferisce a fondi pubblici destinati al progetto di cablaggio nazionale. Il fondo, nel documento trasmesso all’Ue, avrebbe sostenuto che i finanziamenti e le garanzie a Open Fiber abbiano alterato la concorrenza, trasferendo rischi economici allo Stato e violando le regole sugli aiuti pubblici. FiberCop, dal canto suo, ha dichiarato ufficialmente a Reuters di aver segnalato alla Commissione una “serie di circostanze” che meritano un approfondimento dal punto di vista della concorrenza.
Nelle ultime settimane si è parlato anche di un memorandum of understanding proposto da Cassa depositi e prestiti (Cdp) e Macquarie (entrambi azionisti di Open Fiber) per avviare un tavolo negoziale concreto con Kkr, ma il fondo americano si sarebbe rifiutato di firmare.
“Al di là dei debiti di OpenFiber, c’è una divergenza tra strategie di exit tra i due fondi Kkr e Macquaire: probabilmente Kkr guarda a un’orizzonte temporale di due-tre anni che non coincide con quello di Macquaire”, ha dichiarato nei giorni scorsi Davide Di Labio, Associate Partner di Kpmg a CorCom.
Le mosse del governo per riaprire il dialogo
La denuncia di Kkr a Bruxelles ha suscitato irritazione anche perché è arrivata in una fase in cui l’Italia è impegnata nella revisione del Pnrr, in particolare nelle misure relative alle aree bianche e nella definizione delle garanzie statali sulle linee di credito.
Nonostante ciò, il Mef non intende abbandonare la via diplomatica, convinto che un’intesa con Kkr sia ancora possibile, anche per evitare che la segnalazione all’Unione europea inneschi una controversia politica o regolatoria più ampia.
Milano Finanza riporta che il governo italiano starebbe valutando anche alcune misure di riequilibrio del settore (collegate al Pnrr e alle concessioni per le aree bianche).
Il governo italiano vorrebbe la combinazione delle due aziende della rete in un’unica rete a banda larga, esclusivamente wholesale e sotto la supervisione dello Stato, per evitare la duplicazione degli ingenti investimenti per la copertura Ftth in Italia e per ridurre i ritardi nella copertura di Internet ad alta velocità su rete fissa rispetto agli altri Paesi europei. Solamente circa il 70% delle famiglie italiane ha, infatti, accesso alla banda larga ultraveloce contro una media europea dell’82%.
Scenario complesso, rischio impasse
La situazione resta complessa e, secondo alcuni analisti, il governo italiano e Kkr rischiano l’impasse.
“Riteniamo che l’attuale struttura non sia quella ottimale, quindi continuiamo a lavorare affinché si raggiunga una struttura industriale della rete che sia migliore e più efficiente per tutti”, ha affermato Dario Scannapieco, amministratore delegato di Cassa Depositi e Prestiti, fotografando con chiarezza lo stato dell’arte del progetto di rete unica: un cantiere aperto da anni, che continua a oscillare tra annunci e smentite, senza mai compiere il passo decisivo verso la fusione delle infrastrutture di Open Fiber e Fibercop.
Sul dossier pesa innanzitutto la complessità della governance. Cdp, controllata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, è azionista di maggioranza di Open Fiber (60% tramite Cdp Equity) e al tempo stesso indirettamente presente in Fibercop (16%). In teoria, una posizione ideale per facilitare il consolidamento. In pratica, invece, la pluralità di interessi in gioco – Tim, Kkr, governo, autorità regolatorie – ha reso ogni passo lento e faticoso.
C’è poi la questione politica. L’esecutivo deve bilanciare l’esigenza di dotare il Paese di un’infrastruttura strategica con l’obiettivo di non alterare le dinamiche di mercato e di rispettare le regole europee sugli aiuti di Stato e la tutela degli investimenti privati.
Il risultato è che il governo sulla rete unica continua a muoversi con cautela, rinviando scelte che avrebbero un impatto diretto sugli equilibri del settore e sull’attuazione del Pnrr, che prevede obiettivi stringenti sul fronte della connettività ultraveloce.
La rete unica è davvero la soluzione?
“Non è facile entrare nel merito del disaccordo tra governo e Kkr, solo i funzionari coinvolti possono conoscerne i motivi, e non trapelano notizie ufficiali”, ha dichiarato nei giorni scorsi a CorCom Francesco Vatalaro, Professore emerito di Telecomunicazioni all’Università di Roma Tor Vergata. “Molto potrebbe dipendere da come sono stati scritti gli accordi sul passaggio di FiberCop al Ministero e a Kkr. Ma il problema è a monte. La situazione di oggi si basa su gravi errori commessi dal governo negli ultimi dieci anni sul tema delle telecomunicazioni, con il suo comportamento invasivo, ovvero con una presenza diretta inopportuna. La situazione di oggi conferma che l’interventismo governativo non fa il bene delle telecomunicazioni italiane”.
D’altra parte, secondo Di Labio, “la rete unica non è la soluzione di tutti i mali: si potrebbe pensare ad assetti diversi per aree geografiche e, soprattutto, per opportunità di mercato, ovvero più wholesaler nelle aree nere, dove non sono necessari grandi investimenti e il ritorno è più certo, e uno solo nelle aree bianche che richiedono un forte intervento infrastrutturale. Il takeup è la cartina di tornasole e, se gli utenti non comprano la fibra questo cambia le strategie di investimento”.
Intanto, FiberCop ha annunciato di aver rimborsato in anticipo un’emissione obbligazionaria da 375 milioni di euro con scadenza nel 2026 e tasso del 2,875%, un’operazione che ha consentito al gruppo di ottimizzare la struttura finanziaria, mantenendo circa 3,5 miliardi di euro di liquidità al termine del primo semestre.