TRADE WAR

Big tech Usa contro Trump: no al ban su Huawei

Telco e chipmaker non firmano le linee guida del Dipartimento di Stato. L’industria si prepara alla nuova mossa della Casa Bianca: una “black list” di tecnologie che non si possono esportare in Cina

Pubblicato il 17 Dic 2019

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Le aziende tecnologiche statunitensi hanno respinto la richiesta dell’amministrazione Trump di bloccare ogni acquisto di componenti da Huawei e dalle altre aziende cinesi. Lo riporta il Financial Times in base a fonti riservate: secondo la testata finanziaria, il dipartimento di Stato americano ha chiesto alle aziende telefoniche (tra cui ci sarebbero i big At&t e Verizon) e ai produttori di chip di firmare un documento contenente una serie di linee guida sul mondo digitale, impegnandosi tra l’altro a non comprare prodotti da aziende che, secondo il governo Usa, hanno infranto le sanzioni vigenti o i cui dati potrebbero essere condivisi con le agenzie di intelligence del loro paese. Le aziende hitech hanno tuttavia temuto di esporsi a violazioni antitrust, perché avrebbero fondamentalmente firmato per tenere fuori dal mercato un concorrente importante.

Gran parte delle aziende Usa non apprezza l’atteggiamento di Trump nei confronti dei Huawei e dei partner cinesi e ora teme l’entrata in vigore di una nuova misura che fa capo al dipartimento del Commercio: una “black list” di 5 tecnologie che non potranno essere esportate verso i paesi “avversari”. Secondo le indiscrezioni di Reuters, sono inclusi prodotti per il quantum computing, la stampa 3D e l’intelligenza artificiale.

Lo standard per un “digital trust” globale

Il bando anti-Cina cercato dal dipartimento di Stato è un’iniziativa guidata da Keith Krach, sottosegretario per lo sviluppo economico, l’energia e l’ambiente, e da un ex top manager dell’industria tecnologica che oggi dirige l’Ufficio delle partnership globali dello stesso dipartimento (questo ufficio collabora con le aziende private che vogliono investire in settori a supporto degli obiettivi di politica estera degli Stati Uniti).

L’obiettivo di Krach è ottenere dalle imprese supporto per le linee guida sul digitale che il dipartimento di Stato ha chiamato Global digital trust standard. I principi delineati includono il divieto di acquistare da aziende nella lista nera americana per questioni di sicurezza nazionale; non sono solo le aziende cinesi ma le fonti del Financial Times non hanno dubbi: le linee guida “sono dirette contro Huawei”. E ancora: “È l’ennesimo tentativo dell’amministrazione Trump di spingerci a chiudere le porte a Huawei. Ma se ci fossimo uniti per agire contro un concorrente globale come questo, ci avrebbero quasi certamente fatto causa”.

Il no delle aziende Usa: c’è il rischio “cartello”

Huawei è già oggetto di una serie di misure restrittive da parte del presidente Donald Trump, dal divieto per le aziende americane di vendere componenti al vendor cinese al bando dalle nuove reti 5G. Lo standard sul “digital trust” promosso da Krach è un altro modo per prendere di mira le aziende tecnologiche internazionali che, secondo l’amministrazione Usa, rappresentano una minaccia per l’America. Secondo le fonti del Financial Times, negli scorsi mesi il sottosegretario di Stato ha incontrato 13 diverse aziende e associazioni industriali per chiedere di firmare le linee guida; tra queste ci sarebbero gli operatori telecom At&t e Verizon e diversi grandi chipmaker. Le aziende si sono rivolte ai loro legali e questi hanno sconsigliato la firma del documento, perché escludere un concorrente globale le rende vulnerabili a cause antitrust: le aziende rivali possono trascinarle in tribunale accusandole di aver formato un cartello.

Dal punto di vista dello State department, “In linea col segretario Mike Pompeo, il sottosegretario Krach ha contattato i leader per far leva sull’innovazione e le risorse del settore privato e aumentare la sicurezza e la forza dell’economia globale”. Ma la cena con i rappresentanti delle telco e dell’hitech americani organizzata lo scorso fine settimana da Krach è saltata a causa di “precedenti impegni” dei top manager ed è stata rinviata all’inizio dell’anno prossimo.

No all’export di tecnologie “sensibili”

È ormai prossima al varo, invece, una nuova misura anti-Cina messa a punto dal dipartimento del Commercio: un set di cinque regole che limitano le esportazioni di alta tecnologia verso paesi “nemici” tra cui la Cina. Il dipartimento del Commercio ha lanciato la proposta un anno fa sottoponendola a consultazione pubblica; molte imprese americane hanno espresso preoccupazione per un divieto molto generico e un ampliamento indiscriminato dei poteri del dipartimento che potrebbe impattare tutto il commercio di beni hitech. In base a tali obiezioni, il dipartimento del Commercio, secondo Reuters, ha ristretto il numero di tecnologie “sensibili” incluse in questo nuovo ban, limitandole ai  prodotti per il quantum computing (in particolare, per la refrigerazione degli ambienti che ospitano i computer quantistici) e la stampa 3D di esplosivi; probabilmente ci saranno anche restrizioni sulla tecnologia dei transistor usati nell’industria dei semiconduttori e su alcune sostanze chimiche. Queste limitazioni si applicheranno all’esportazione di beni dagli Stati Uniti nonché alla distribuzione di beni prodotti fuori dagli Usa ma contenenti una buona parte di componenti e tecnologie americane.

Le regole saranno sottoposte agli organismi internazionali prima di entrare in vigore fuori dagli Stati Uniti; questo garantirà alle imprese a stelle e strisce concorrenza ad armi pari sui mercati internazionali, ma i tempi di revisione e entrata in vigore si allungheranno almeno fino a metà 2021.

Esiste anche una sesta regola che il dipartimento del Commercio Usa intende imporre: riguarda il divieto di esportare tecnologie di intelligenza artificiale verso i paesi “nemici” ed entrerà subito in vigore negli Stati Uniti, senza nessuna consultazione dell’industria.

Un atteggiamento più deciso da parte del dipartimento del Commercio americano è stato invocato da politici di entrambi gli schieramenti. Il Senatore Repubblicano Tom Cotton ha spiegato: “Sono deluso dalla mancanza di volontà politica” da parte del dipartimento del Commercio, che non coglie “la necessità di agire con urgenza”; “Mentre burocrati e industria si girano i pollici – ha proseguito Cotton – il Partito comunista cinese continua ad acquistare tecnologie americane con evidenti applicazioni militari. Verificherò personalmente come il Commerce department sta rispondendo”.

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