Avenia: “Ict, accelerare la roadmap attuativa”

Il presidente di Asstel: “Il comparto non può permettersi tempi lunghi. Rischiamo di ritrovarci con soluzioni vecchie. Permangono forti resistenze negli apparati burocratici dei ministeri. Il governo intervenga”

Pubblicato il 29 Set 2014

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“Il governo Renzi ha capito l’importanza dell’innovazione tecnologica e del digitale. Non c’è discorso del premier in cui nella ricetta per la ripresa non si citi l’innovazione e l’uso dell’Ict in qualità di ingrediente principale per tornare a crescere, essere competitivi e per tagliare i costi. Nonostante ciò i tempi dell’attuazione delle norme sono così lenti da non consentire la messa in moto del Paese. Il presidente di Asstel, Cesare Avenia accende i riflettori sulla necessità di accelerare la roadmap attuativa se davvero si vogliono cogliere i frutti delle iniziative messe in campo negli ultimi anni sull’Agenda digitale.

Presidente Avenia, se dovesse tracciare un bilancio di questi primi mesi di governo cosa concluderebbe?

La presa di coscienza e il modo in cui si è approcciata la questione dell’innovazione sono più che giusti e dimostrano la volontà del governo di procedere sulla strada dell’innovazione. Quel che è mancato in questi mesi è la spinta forte a concretizzare le iniziative, facendo pressing sui ministeri che si occupano dei decreti attuativi e dove spesso le misure si fermano per questioni burocratiche. L’Ict non è un settore che può permettersi tempi così lunghi: l’innovazione tecnologica corre veloce, se le misure si impantanano si rischia di ritrovarsi con soluzioni “vecchie” da dover sostituire nuovamente. Sono molti i decreti attuativi al palo e ciò conferma tutte le resistenze tipiche degli apparati burocratici dei ministeri. Il governo deve agire in tal senso affinché le promesse si trasformino in atti concreti.

Quando parla di decreti attuativi si riferisce a quale misura in particolare?

Per cominciare mi riferisco al decreto scavi, che l’industria tutta sta ancora aspettando. Nelle misure approvate non è stato risolto il problema dei ripristini del manto stradale che poi è la questione che più incide sui costi complessivi della posa di infrastrutture di Tlc. In questo modo si vanificano gli sforzi ma anche gli investimenti: le risorse infatti potrebbero essere usate per posare più fibra, piuttosto che per le opere edili, quindi per fornire più servizi ai cittadini. Le norme sono vecchie e vanno riviste una volta per tutte. Ed è necessario muoversi anche e soprattutto se vogliamo mettere a frutto le risorse messe a disposizione dall’Europa e dare concretezza alle agevolazioni previste dallo Sblocca Italia che prevede incentivi fiscali per chi investe nell’ultrabroadband. La previsione del credito d’imposta per la realizzazione delle reti fisse e mobili a banda ultralarga costituisce, finalmente, un primo importante riconoscimento della strategicità delle infrastrutture di Tlc per la ripresa economica nel nostro Paese. Ma attenzione, perché permane una forte e legittima preoccupazione sull’effettiva efficacia operativa della norma. Ancora una volta, infatti, la sua applicazione è stata demandata all’emanazione di decreti attuativi da concertare fra i Ministeri dello Sviluppo, delle Infrastrutture, dell’Economia e l’Agenzia delle Entrate, prassi che sinora ha comportato solo inefficienza e ritardi oltre misura dei progetti di trasformazione del Paese.

Altri interventi da fare?

Un’altra misura urgente deve essere lo sblocco delle linee guida sulla rilevazione delle emissioni elettromagnetiche già previste dal Crescita 2.0, indispensabili per il completamenti della copertura Lte. Gli operatori hanno investito e sono a buon punto con il livello di copertura del territorio ma si può fare molto di più e bisogna fare di più.

Molti sostengono che la domanda di banda larga e di servizi innovativi non ci sia. Cosa ne pensa?

Penso che affinché l’Italia cambi passo sia necessario fare leva sulla Pubblica amministrazione. In Italia vi è una resistenza diffusa al cambiamento e dunque quest’ultimo va imposto dall’alto attraverso l’obbligo dell’uso di Internet e del digitale per la richiesta di una serie di prestazioni della Pa, penso ad esempio ai certificati, alle prenotazione e ai tanti servizi che potrebbero tranquillamente essere accessibili online.

La “lobby” dell’Ict non è però riuscita a ottenere risultati significativi nel corso degli anni, come mai?

Diversamente da altri comparti, come ad esempio quello dell’energia, l’Ict è caratterizzato da una forte competizione e concorrenza. Ciò è assolutamente positivo in termini di business e di servizi finali al cittadino ma crea disgregazione e quindi è molto più difficile aggregare le varie posizioni in un unico coro nei confronti delle istituzioni. Ad ogni modo come associazione continueremo a fare la nostra parte e a portare avanti le istanze degli operatori.

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