LAVORO

Bufera sul food delivery, la richiesta dei Pm: “Assumere 60mila rider”

La Procura di Milano apre un’indagine su Just Eat, Glovo, Uber, Deliveroo, Foodinho. Multe per 733 milioni per mancato rispetto delle norme sulla salute e la sicurezza sul lavoro, 6 gli indagati. E su Uber maxi inchiesta fiscale per ipotesi di stabile organizzazione occulta

Pubblicato il 24 Feb 2021

riders

Glovo, Uber, Deliveroo, Foodinho, Just Eat sotto scacco della magistratura. Sono oltre 60mila i “lavoratori” delle società del delivery che dovranno essere assunti come “lavoratori coordinati e continuativi”, ossia passare da lavoratori autonomi e occasionali a parasubordinati. E ciò sulla base, come spiegato in una conferenza stampa della Procura di Milano, di verbali notificati stamani alle aziende. “Diciamo al datore di lavoro – è stato spiegato – di applicare per quel tipo di mansione che svolgono i rider la normativa, di applicare i contratti adeguati e quindi ci devono essere quelle assunzioni”. Altrimenti saranno presi “provvedimenti” specifici.

Indagati i datori di lavoro

Non basta: sono 6 le persone indagate nell’ambito dell’indagine della Procura di Milano sui rider. “Si tratta di figure inquadrate come i datori di lavoro o i legali rappresentanti in Italia” delle società Foodinho, Uber Eats, Just Eat e Deliveroo, hanno spiegato il procuratore aggiunto Tiziana Siciliano e il pm Maura Ripamonti che hanno coordinato le indagini sul mondo delle consegne a domicilio condotte dai carabinieri del Nucleo Tutela Lavoro.

Negli accertamenti sono state coinvolte anche Inps e Inail. In particolare, le sei persone sono state iscritte a vario titolo nel registro degli indagati per aver violato il decreto legislativo 81 del 2008 in tema di sicurezza sul lavoro.

Le società coinvolte, alle quali sono state comminate ammende per un valore complessivo di oltre 733 milioni di euro, avranno 90 giorni di tempo per dare un diverso inquadramento agli oltre 60mila rider attualmente impiegati sul territorio nazionale. Una volta adempiute le prescrizioni, le società potranno regolarizzare la loro posizione pagando “un quarto del massimo” dovuto, hanno chiarito i pm milanesi.

Il procuratore “I rider non sono schiavi”

“Non è più il tempo di dire sono schiavi ma è il tempo di dire che sono cittadini” ha detto il procuratore della Repubblica di Milano Francesco Greco, facendo il punto della “prima fase” delle indagini milanesi sui riders che in questo periodo di lockdown svolgono “una funzione fondamentale” perché consegnano a casa dei cittadini il cibo e hanno permesso a “molte imprese di non chiudere”. Greco si riferisce alla necessità di un “approccio giuridico” al tema.

La Procura di Milano ha inoltre aperto un’indagine “fiscale” su Uber Eats, filiale italiana del colosso americano già finita in amministrazione giudiziaria per caporalato sui rider, “per verificare se sia configurabile una stabile organizzazione occulta” dal punto di vista fiscale. “E’ bene che sia aperta questa analisi fiscale su Uber Eats, peraltro già in corso”, ha aggiunto Greco.

La strategia della Ue

Intanto la Commissione europea fa un ulteriore passo verso una maggiore tutela dei gig workers, avviando una consultazione pubblica.   L’esecutivo dell’Ue ha spiegato di volere feedback dai sindacati e dalle associazioni datoriali. Una successiva consultazione esaminerà, poi il contenuto di una possibile legge da varare entro fine anno.

“L’economia delle piattaforme è qui per restare: nuove tecnologie, nuove fonti di conoscenza, nuove forme di lavoro daranno forma al mondo negli anni a venire – ha spiegato la vicepresidente della Commissione con delega a Concorrenza e Digitale, Margrethe Vestager – Si tratta di nuove opportunità da cui però non devono derivare diritti diversi. Tutte le persone devono essere protette e messe in grado di lavorare in sicurezza e con dignità”.

Nel documento a consultazione, sette le aree su cui intervenire: le condizioni occupazionali dei gig workers, le condizioni di lavoro, l’accesso alla protezione sociale, l’accesso alla rappresentanza collettiva e alla contrattazione, gli aspetti transfrontalieri, l’uso da parte delle aziende di algoritmi e la formazione e le opportunità professionali. Uber si è già detta pronta a collaborare con la Ue.  “Qualsiasi iniziativa legislativa dovrebbe essere basata su ciò che i lavoratori delle piattaforma apprezzano di più ovvero flessibilità e controllo sul proprio lavoro, guadagni trasparenti ed equi”, ha spiegato in una in una nota.

L’associazione Sme Connect, che rappresenta le piccole imprese, ha esortato la Commissione a estendere la consultazione ad altri gruppi. “Guardare questi problemi esclusivamente attraverso il prisma sindacati- datori di lavoro rischia di non tenere conto di queste piattaforme e di coloro che ci lavorano”, ha scritto il suo presidente Paul Rübig in una lettera a Vestager.

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