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Chip e terre rare, la Camera avvia indagine su impatti geopolitici

Le questioni di sicurezza strategica possono mettere a rischio il Green Deal europeo. Tre i filoni dell’analisi: impatto sulle relazioni internazionali, implicazioni per la politica estera Ue, situazione in Ucraina e in Asia centrale. Oggi la produzione è dominata dalla Cina

Pubblicato il 23 Mar 2023

Patrizia Licata

chip

La Camera dei deputati ha avviato un’indagine conoscitiva sui risvolti geopolitici dell’approvvigionamento delle terre rare. Questo gruppo di 17 elementi chimici con particolari proprietà magnetiche e conduttive ha un ruolo cruciale nell’industria elettronica e tecnologica ma anche inevitabili impatti sulla sicurezza delle nazioni e sulle relazioni interstatali perché la produzione è fortemente concentrata in Cina.

L’indagine si colloca, dunque, nell’attuale contesto geopolitico purtroppo dominato dalle tensioni tra grandi potenze, inclusa la guerra in Ucraina, le sintonie Russia-Cina, gli attriti fra Usa e Cina e la corsa al controllo delle fonti di questi elementi rari, situate anche in Africa e, in parte, nella stessa Ucraina.

L’importanza strategica di questi elementi deriva soprattutto dal loro massiccio utilizzo nell’industria dell’elettronica di consumo, nel settore medico e nell’industria della difesa.

Le terre rare al centro delle tensioni tra Stati

Allo stato attuale la Cina ha assunto un ruolo dominante nel settore. Il Paese infatti detiene circa un terzo delle riserve del pianeta di terre rare e, soprattutto, ha il primato in termini di produzione. L’importazione di terre rare dalla Cina è probabilmente la questione più sensibile in termini strategici in questo ambito, dati i possibili risvolti innanzitutto sulla regione europea. Allo stesso tempo la corsa all’approvvigionamento di questi elementi sul continente africano sta determinando importanti e spesso non positive conseguenze sugli assetti politici e i sistemi di alleanze di quel continente.

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Per questo la Camera ha ritenuto particolarmente importante approfondire i riflessi della questione dell’approvvigionamento delle terre rare sui Paesi della regione euro-atlantica e sui sistemi di alleanza di cui l’Italia è parte. Ciò sulla base del dato, segnalato da molti analisti, che tale questione avrà un impatto determinante sui futuri equilibri geostrategici dei maggiori attori internazionali, con risvolti a livello globale.

I settori dell’indagine

L’attività di indagine sarà principalmente svolta attraverso audizioni di soggetti rilevanti in relazione al tema oggetto dell’analisi e, ove necessario, attraverso sopralluoghi al di fuori del Parlamento previa autorizzazione richiesta al Presidente della Camera. Terminerà il 31 marzo.

Due i filoni dell’indagine. Un primo ambito è quello della valutazione dello scenario attuale e dell’impatto sulle relazioni internazionali, nel medio e lungo periodo, per quanto concerne Italia, Europa e Nord America.

Un secondo settore di indagine è relativo, in particolare, alle implicazioni per la politica estera dell’Ue. Quest’ultima è fortemente condizionata, da un lato, dalla necessità di garantire sufficienti forniture di petrolio e gas, dall’altro, dalle esigenze ambientali che stanno alla base dell’European green deal.

Un ultimo settore di indagine allarga l’orizzonte della riflessione al conflitto in corso in Ucraina e più in generale alla situazione politica dell’Asia centrale, allo scopo di comprendere in quale misura le esigenze di approvvigionamento e commercializzazione delle terre rare influenzino i conflitti e la geopolitica di quelle aree.

Lo European Green deal a un bivio

In ragione della sua scarsità di risorse interne l’Ue si trova a dover importare circa l’87% del petrolio e il 74% del gas naturale che consuma e ha sviluppato nel tempo grandi problemi di dipendenza in termini di diversificazione dell’approvvigionamento. Sotto questo punto di vista l’European Green deal, certamente contribuirà in maniera significativa a ridurre i problemi di sicurezza connessi a petrolio e gas, ma potrebbe innescare nuovi rischi strategici per la sicurezza energetica, connessi all’importazione di minerali e metalli necessari per la produzione di pannelli solari, turbine eoliche, batterie e veicoli elettrici.

La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha dichiarato che il fulcro del piano industriale del Green deal “sono due atti giuridici”: il Net-Zero Industry Acte il Critical Raw Materials Act. Quest’ultimo  – ha spiegato von der Leyen – serve a “garantire la fornitura di materiali critici che sono assolutamente necessari per la transizione digitale e verde. Questi minerali alimentano telefoni e veicoli elettrici, chip e batterie, mulini a vento, pannelli solari, basta nominarlo. In altre parole: non possiamo funzionare senza le materie prime essenziali. E la domanda di materie prime critiche aumenterà drasticamente nei prossimi anni e decenni. Ma oggi l’Unione europea dipende fortemente da alcuni paesi terzi per queste materie prime strategiche. Solo alcuni esempi: otteniamo il 98% della nostra fornitura di terre rare dalla Cina; 93% del nostro magnesio dalla Cina; 97% del nostro litio dalla Cina. Se vogliamo essere indipendenti, dobbiamo urgentemente rafforzare e diversificare le nostre catene di approvvigionamento con partner che la pensano allo stesso modo. Quindi il nostro Critical Raw Materials Act sosterrà questi sforzi delle aziende europee”.

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