L’INTERVISTA

La scalata di Ovh, Paulin: “Realizzeremo un nuovo data center anche in Italia”

Il ceo della multinazionale francese del Cloud hyperscale: “Siamo costantemente impegnati a investire in infrastrutture e R&D: La velocità nell’innovazione è l’unico modo per differenziarci in un mercato molto competitivo”. Sull’alleanza di Big tech europee per lanciare la sfida a Google & Co: “In Ue ci sono campioni del calibro di BlaBlaCar e Spotify, ci rivolgiamo a tutte queste realtà”

Pubblicato il 19 Ott 2018

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“I nostri investimenti per il futuro saranno indirizzati principalmente su due direttrici: le infrastrutture da una parte e l’R&D dall’altra. Siamo una compagnia fondata sulla tecnologia, e per questo continuiamo a investire sui nostri data center. Non posso ancora dire la data, ma nei nostri programmi c’è di realizzare un data center anche in Italia, perché siamo convinti che sia fondamentale estendere la nostra presenza su scala globale. Abbiamo aperto due data center negli Stai Uniti, un nuovo data center in Germania e nel Regno unito lo scorso anno. Stiamo investendo sui nuovi server e sulla rete, con un’infrastruttura in fibra ottica. E poi l’R&D: software, applicazioni, strumenti sempre basati sull’open source. L’unico modo per differenziarci è mantenere la giusta velocità nell’innovazione”. Lo dice in un’intervista a CorCom Michel Paulin, che dalla fine di agosto Ceo di Ovh, la multinazionale Francese del Cloud hyperscale, spiegando come la società ha in programma sviluppare il proprio piano di investimenti, che prevede 300 milioni per il 2018 e 1,5 miliardi di euro per il periodo complessivo dal 2016 al 2020.

Paulin, chiudendo l’Ovh summit il fondatore della società, Octave Klaba, ha parlato di un’alleanza europea per competere con il Gafam (Google, Apple, Facebook, amazon e Microsoft) statunitense. Quali nomi potrebbero fare parte di questa coalizione?

Io non so ancora chi possano essere con esattezza i nostri partner in questa prospettiva, Octava Klaba ha appena lanciato l’iniziativa. Ma ci sono di sicuro grandi realtà  che potrebbero partecipare, come BlaBlaCar in Francia e Spotify in Svezia. Sono sicuro che oggi in Europa ci siano alcune “perle” di questo genere, come di sicuro ce ne sono anche in Italia. La Gafam virtuale europea potrebbe nascere come una vera e propria community: in Europa non ci sono molti nomi di grandissimo calibro, perché sfortunatamente la maggior parte sono cinesi o statunitensi, ma noi crediamo che sia necessario fare qualcosa: sarebbe importante prima di tutto per l’Europa. Ovh è molto coinvolta in quest’idea di community, perché tutte le aziende nate in questo contesto hanno qualcosa in comune. Noi proviamo a essere il modello alternativo nel settore del Cloud, ed è difficile, perché la competizione è estremamente serrata, ma allo stesso tempo noi crediamo che i ciò che proponiamo ai nostri clienti sia così differente da tutto il resto da poter ottenere ottimi risultati.

Lei è Ceo di Ovh da poche settimane. Perché Ovh ha scelto lei, e perché lei ha scelto Ovh?

Non posso dire con precisione perché Ovh mi abbia scelto, questo lo dovrebbe chiedere al presidente Klaba, ma immagino il motivo sia perché prima di unirmi a Ovh, negli ultimi 20 anni della mia carriera, mi sono occupato costantemente di IT, telco e Web. Ho contribuito a far crescere aziende da zero fino a diventare rilevanti sul mercato, ho portato a termine un’initial public offering, e questa mia esperienza potrà risultare utile a Ovh. Quanto ai motivi per cui io ho scelto Ovh, è perché in questa azienda ho visto tutti gli elementi che possono portarla al successo: la tecnologia, la mentalità giusta, una buona disponibilità di risorse e una buona storia. Sono sicuro che insieme potremo intraprendere un viaggio importante basandoci su questi pilastri, per diventare il cloud provider alternativo. Senza trascurare il fattore umano. Come avrà visto qui al’Ovh summit il fondatore di Ovh, Octave Klaba, è una persona che mette in primo i valori umani. Senza la partecipazione delle persone le aziende non possono funzionare, soprattutto in un mercato molto competitivo come il nostro, dove un elemento chiave del successo è la capacità di attrarre talenti e di farli lavorare nell’ambiente più stimolante e confortevole.

Ovh ci tiene a presentarsi come “Il cloud alternativo”: Cosa significa esattamente?

Significa che noi miriamo a proporre ai nostri clienti un cloud smart, dove la ‘s’ sta per semplice, la m per multilocal, la a per accessibile rispetto ai prezzi, la r per reversible, che quindi consenta la piena interoperabilità tra servizi e soluzioni diverse, e la t per trasparente e responsabile. Vorrei sottolineare la questione dell’interoperabilità, perché il cloud non può essere un luogo chiuso. Dopo aver migrato le mie applicazioni sul cloud, non posso sentirmi in prigione, ma in un posto dove mantengo la piena libertà di scegliere. Questo è il senso del nostro slogan di quest’anno, “innovation for freedom”. Utilizzando gli standard open source noi mettiamo a disposizione dei nostri clienti una possibilità alternativa dando loro completa libertà di scelta. Siamo alternativi per questo, perché proteggiamo i dati, e perché siamo europei e con una mentalità aperta.

Che tipo di impatto vi aspettate possa avere nei prossimi anni il 5G sulle vostre attività?

E’ una questione molto complessa, ma proverò a riassumerla in due aspetti principali. Il primo è la quantità dei dati. Con l’avvento del 5G lo smartphone diventerà una specie di “coltellino svizzero” delle nostre vite, un elemento essenziale per risolvere qualunque problema pratico. La quantità di dati è destinata a esplodere, basti pensare all’impatto dell’IoT abilitato dal nuovo standard mobile. Ci sarà un’immensa quantità di dati che viaggerà attraverso i nostri smartphone e attraverso l’Internet of things: questi dati andranno sul cloud, e quindi dovremo essere capaci di servire i nostri clienti, mettendoli in grado di analizzare questi dati. Il secondo aspetto è che anche l’architettura dei data center è destinata cambiare: si parla sempre più di data center “edge”, e della necessità di portare i dati più vicini ai clienti. Oggi il volume dei dati e l’importanza dei tempi di latenza richiede di modificare le architetture che prevedevano pochi data center “centralizzati”. In questo campo, progettando e realizzando in proprio i nostri sistemi di raffreddamento e i nostri server, abbiamo un vantaggio competitivo rispetto ai nostri concorrenti, e siamo pronti ad adattarci in tempo reale a questo nuovo modello.

Che strategia di cybersecurity state sviluppando per rendere più sicure le vostre infrastrutture e i vostri servizi?

Da una parte stiamo lavorando per avere data center sempre più affidabili. Dall’altra, quanto alla sicurezza dei dati, stiamo procedendo in due direzioni: lavoriamo sulla protezione dei dati nel senso della compliance con le norme, da ultimo il Gdpr, e per la protezione dagli attacchi esterni, contro ad esempio le offensive Ddos, anche in collaborazione con i nostri partner. La nostra strategia è di lavorare insieme ai partner giusti: non vogliamo fare tutto da soli, ne è un esempio la nostra alleanza con Thales.

Un’ultima domanda sul vostro progetto del “gafam” europeo: vede impegno anche da parte dei legislatori in questo senso?

Certamente, e sarebbe un peccato se questo impegno non si trasformasse in azione. A volte succede che dalle parole si passi ai fatti. Io credo che l’Europa sia differente dal resto del mondo, e penso che sia portatrice di valori importanti. E’ molto differente, solo per fare un esempio, il modo in cui la privacy viene protetta in Europa: in molte altre aree del mondo il nostro è considerato come un esempio.

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Antonello Salerno
Antonello Salerno

Professionista dal 2000, dopo la laurea in Filologia italiana e il biennio 1998-2000 all'Ifg di Urbino. Ho iniziato a Italia Radio (gruppo Espresso-La Repubblica). Poi a ilNuovo.it, tra i primi quotidiani online nati in Italia, e a seguire da caposervizio in un'agenzia di stampa romana. Dopo 10 anni da ufficio stampa istituzionale sono tornato a scrivere, su CorCom, nel 2013. Mi muovo su tutti i campi dell'economia digitale, con un occhio di riguardo per cybersecurity, copyright-pirateria online e industria 4.0.

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