FORMAZIONE

Scuola digitale, l’autocritica degli Usa: così non va, ripensare tutto

Ancora troppo skill gap nel mercato del lavoro americano: gli studiosi puntano a una riforma radicale che preveda un “blended learning”. Più compiti base per i software, maggior ruolo agli insegnati nella personalizzazione di progetti e ricerche

Pubblicato il 30 Set 2015

Patrizia Licata

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Tecnologie a scuola, dopo il rapporto Ocse uscito questo mese sull’uso delle Ict nelle aule scolastiche e l’impatto sulle metodologie didattiche e l’apprendimento di base, anche gli Stati Uniti si interrogano su come preparare gli studenti di oggi alle sfide del 21mo secolo.

Secondo un commento del Wall Street Journal, le scuole e le università americane non stanno riuscendo ad adeguarsi alle esigenze di un’istruzione aggiornata. Anche negli States le capacità in matematica e lettura di chi esce dal liceo e persino le competenze di chi si laurea non sembrano all’altezza – e la dimostrazione arriva dal mercato del lavoro, dove si crea uno skill gap, specialmente nelle professioni altamente specializzate.

Secondo la testata economica, l’America non ha ancora capito come usare le tecnologie per aiutare studenti e insegnanti. Mentre nell’industria le tecnologie vengono già applicate con successo per accrescere la produttività e gli scienziati hanno sviluppato “algoritmi di apprendimento” che permettono alle macchine di emulare molte delle capacità umane, poco è stato fatto sul versante opposto, per aiutare le persone ad essere più intelligenti e capaci rispetto ai processi automatizzati in fabbriche e aziende. Il rischio è che le macchine sottraggano all’uomo e alla donna tutte le loro competenze e arrivino a fare tutto quello che potremmo fare noi. “Occorre una rivoluzione nelle tecnologie per l’insegnamento, tali da permetterci di sfruttare le macchine non per rimpiazzare gli esseri umani ma per potenziarne le capacità”, scrive il WSJ. “Dobbiamo investire nell’intelligenza umana quanto spendiamo nell’intelligenza artificiale”.

Un primo passo per gli americani sembra essere il cosiddetto “blended learning”, un mix in cui all’insegnante in carne ed ossa si affiancano gli strumenti hi-tech. Così i tradizionali compiti standard di un insegnante (spiegare una lezione, assegnare dei test) possono essere erogati da un software direttamente sui Pc e i tablet degli studenti. Ma la “educational technology” va molto oltre per disegnare programmi scolastici personalizzati: “L’idea che ci sia un libro di testo uguale per tutti è arcaica”, afferma Jose Ferreira, chief executive di Knewton, azienda software che usa l’adaptive learning per decidere esattamente quali lezioni e compiti dare a ogni singolo studente. Queste lezioni e test personalizzati si aggiornano in tempo reale, in base ai livelli di apprendimento raggiunti o ai problemi riscontrati. Ad adottare questi sistemi negli Usa ci sono già le scuole riunite nel gruppo K-12 Summit Public Schools la cui piattaforma web-based di “personalized learning” è stata di recente aggiornata da alcuni ingegneri di Facebook.

L’idea sembra contraddittoria: sostituire gli insegnanti con software-tutor proprio mentre si sostiene che le competenze delle persone devono “superare” quelle delle macchine? Ma gli esperti spiegano: al software si affidano compiti base per dare più tempo agli insegnanti di lavorare su progetti e ricerche, lezioni individuali e altre attività che nessun robot potrà mai svolgere. “Non vogliamo usare i computer per insegnare tutto. Sappiamo bene che se i ragazzi stanno tutto il tempo davanti al tablet non sapranno affrontare mai il lavoro e la vita di tutti i giorni”, afferma Max Ventilla, ex ingegnere di Google e fondatore di AltSchool, una catena di scuole private che vuole ridefinire i metodi di insegnamento per bambini e ragazzi nell’era di Big data, device mobili e cloud. Invece, prosegue Ventilla, si punta a innalzare la qualità del compito affidato all’insegnante in carne ed ossa: dovrà sviluppare negli allievi quelle “competenze caratteriali e capacità umane, sociali e di apprendimento che sono la parte più importante dei programmi educativi e che si devono saper applicare in ogni contesto della vita reale”.

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