La trasformazione digitale italiana passa sempre più attraverso le telecomunicazioni e i data center, ormai considerati infrastrutture industriali strategiche. Secondo lo Studio Agici “Scenari di mercato dei data center: prospettive per il sistema energetico e la competitività italiana”, queste strutture rappresentano il cuore della data economy, motore di crescita, innovazione e autonomia tecnologica.
Entro il 2030, il mercato europeo dei dati varrà circa 1.000 miliardi di euro, sostenuto da 190 miliardi di investimenti in nuovi impianti. L’Italia, grazie alla sua posizione geografica e alla disponibilità di energia rinnovabile, può giocare un ruolo da protagonista in questa corsa. Ma la condizione, avverte Agici, è uno sviluppo equilibrato e sostenibile, capace di evitare squilibri territoriali e colli di bottiglia energetici.
Indice degli argomenti
La geografia della data economy europea
Il rapporto fotografa un’Europa in piena espansione digitale, con un tasso di crescita annuo dell’8%. Germania, Irlanda, Paesi Bassi e Francia hanno guidato la prima ondata di sviluppo, ma ora si trovano a fronteggiare la saturazione delle reti e dei carichi elettrici. È qui che il Mediterraneo — e in particolare Italia e Spagna — emerge come nuova frontiera della crescita infrastrutturale.
L’Italia dispone di vantaggi competitivi unici: aree industriali dismesse da riconvertire, una rete di trasmissione moderna, un sistema energetico flessibile e connessioni sottomarine internazionali che la rendono crocevia del traffico dati globale. Fattori che attraggono gli investimenti di hyperscaler e operatori globali del cloud, interessati a collocare i propri hub in aree meno congestionate e più sostenibili.
Un settore in espansione tra energia e occupazione
Oggi nel Paese operano circa 110.000 imprese data-user, che fanno uso di analytics, IoT, cloud e intelligenza artificiale. La capacità installata dei data center italiani, pari a circa 600 MW, potrebbe triplicare entro il 2030, raggiungendo i 2 GW e generando oltre 18 miliardi di euro di investimenti cumulati.
L’impatto economico e occupazionale è notevole: 70.000 addetti diretti e indiretti e un effetto sul PIL stimato tra 17 e 28 miliardi di euro. Ma a crescere è anche la domanda di energia, destinata a passare da 7 TWh nel 2024 a 20 TWh nel 2030, circa il 6% dei consumi nazionali. Una sfida che impone una forte sinergia tra il mondo digitale e quello energetico, con le utility chiamate a fornire energia sostenibile e a recuperare il calore disperso per ridurre l’impronta carbonica complessiva.
Il nodo della concentrazione e la questione territoriale
Il rovescio della medaglia è rappresentato dalla concentrazione geografica degli impianti. Nell’agosto 2025 le richieste di connessione hanno toccato quota 342, in crescita del +1600% rispetto al 2020, per un totale di 55 GW di potenza richiesta. Metà delle richieste arriva dalla Lombardia, con 7 GW solo nell’area milanese.
Questa concentrazione rischia di creare squilibri nella rete elettrica e pressioni sui prezzi dell’energia. Mentre il Nord si avvicina alla saturazione, Roma sta vivendo una fase espansiva e il Sud Italia — pur ospitando le landing station dei principali cavi sottomarini — resta ancora marginale.
Per Agici è urgente una pianificazione strategica nazionale che promuova la distribuzione equilibrata dei data center e una governance unitaria capace di coordinare transizione digitale ed energetica. Solo così l’Italia potrà consolidare il proprio ruolo di hub della data economy mediterranea.
Dichiarazioni e prospettive
“I data center sono una leva strategica per la crescita economica e l’innovazione del Paese”, ha dichiarato Stefano Clerici, Consigliere Delegato di Agici. “Ma serve una politica industriale organica, in grado di attivare benefici diffusi e favorire la nascita di una filiera nazionale del settore”.
Sulla stessa linea, Gianluca Pratesi, Direttore Advisory, ha sottolineato che la crescita deve essere “integrata con la pianificazione energetica nazionale e con le diverse dimensioni territoriali”. Solo una visione coordinata, aggiunge, può garantire che l’Italia attragga investimenti internazionali e si affermi come hub della data economy mediterranea.
La nuova mappa dei data center italiani secondo IDA
Parallelamente, la Italian Data Center Association (IDA), nel suo studio “Ricerca di Mercato 2025 – Status dei Data Center in Italia”, fotografa un settore in rapida espansione. Il Paese, trainato dagli investimenti degli hyperscaler e da una crescente domanda di potenza di calcolo, sta consolidando il suo ruolo di hub strategico nel Mediterraneo.
Nel 2024 la capacità complessiva dei data center italiani ha raggiunto 287 MW, in crescita del 6% sul 2023. Le proiezioni indicano una superficie installata di 1 GW entro il 2028 e 2 GW nel 2031, con un aumento del 600% rispetto ai livelli attuali. A spingere il settore è la volontà degli hyperscaler di portare il cloud più vicino agli utenti finali, attraverso nuove availability zone distribuite su tutto il territorio nazionale.
Investimenti per oltre 21 miliardi nei prossimi cinque anni
IDA stima che entro il 2029 gli investimenti complessivi raggiungeranno 21,8 miliardi di euro, con un picco di quasi 5 miliardi in quell’anno. Si tratta di una crescita senza precedenti, che coinvolge non solo il comparto IT ma anche energia, edilizia e telecomunicazioni, rafforzando la sinergia tra industria digitale e operatori Tlc.
Attualmente sono in costruzione impianti per 343 MW, mentre 1.684 MW risultano già pianificati. L’effetto domino è evidente: l’ecosistema dei data center stimola la creazione di nuove infrastrutture di rete e consolida la posizione dell’Italia come snodo europeo per l’innovazione.
Verso una regolamentazione unificata
Sul piano normativo, l’assenza di un codice Ateco dedicato ha finora rallentato lo sviluppo ordinato del settore. Ma il decreto Energia rappresenta una svolta: introduce un iter autorizzativo unico di dieci mesi, dimezza i tempi per le valutazioni ambientali e prevede procedure semplificate per i progetti strategici.
Come sottolinea Laura D’Aprile, Capo Dipartimento del Mase, “i data center devono essere riconosciuti come infrastrutture produttive, con accesso alle agevolazioni riservate agli energivori”. Una definizione che li pone finalmente sullo stesso piano delle grandi reti Tlc, riconoscendone il valore industriale e sistemico.
Il Polo Strategico Nazionale e la trasformazione del pubblico
Il settore pubblico è parte integrante di questa rivoluzione. Il Polo Strategico Nazionale (PSN) prevede la creazione di quattro grandi data center nazionali in colocation e decine di hub regionali. L’obiettivo è consolidare oltre 1.200 piccoli centri di elaborazione dati oggi sparsi nella PA, riducendo sprechi e vulnerabilità.
Secondo Sherif Rizkalla, presidente di IDA, questa è una “sfida infrastrutturale e culturale” che permetterà di realizzare una PA più sicura, efficiente e interoperabile. E ancora una volta, le Tlc rappresentano la condizione abilitante: senza reti veloci e affidabili, nessuna infrastruttura digitale può funzionare.
Sostenibilità e riconversione industriale
IDA insiste anche sulla dimensione ambientale: la crescita deve essere sostenibile. Per questo propone di normare l’uso dei terreni brownfield, ossia le aree industriali dismesse da riconvertire in data center. Questa strategia consente di ridurre il consumo di suolo, ottimizzare l’energia e accelerare i tempi di costruzione.
L’approccio “brownfield” rappresenta un perfetto punto d’incontro tra innovazione digitale e rigenerazione urbana, capace di coniugare sviluppo e responsabilità ambientale.
Milano vicina alla saturazione, emergono i nuovi hub regionali
Milano resta il cuore pulsante dei data center italiani, ma è ormai in una fase di saturazione virtuale. “Serve una pianificazione più coordinata per evitare congestioni e garantire sostenibilità”, ha avvertito Rizkalla.
Le nuove frontiere si spostano verso Genova, Bari e Napoli, città strategiche per la presenza dei cavi sottomarini e per la vicinanza ai mercati energetici del Sud. Questi poli potranno diventare nuovi hub digitali regionali, rafforzando la resilienza del sistema nazionale e ampliando la rete della connettività italiana nel Mediterraneo.
Conclusione: verso un ecosistema distribuito e competitivo
Dalle analisi di AGICI e IDA emerge un quadro coerente: il futuro dei data center italiani dipende dalla capacità di integrare infrastrutture digitali, reti Tlc ed energia in un modello sostenibile e distribuito.
La sfida non è solo tecnologica, ma di governance industriale. L’Italia ha le carte in regola per diventare hub europeo della data economy, ma deve puntare su regole chiare, investimenti stabili e una pianificazione territoriale coordinata.
Le telecomunicazioni, ancora una volta, si confermano la spina dorsale della trasformazione digitale: senza di esse, nessun data center potrà mai essere davvero intelligente.


 
									
































































