IL CONVEGNO EIT ICT LABS

Desmedt (University of Texas): “Ripristinare i diritti online con le regole”

Per l’esperto dell’università americana viviamo nell’era del cyber capitalismo dove è imperativo preservare i diritti umani. Le minacce alla sicurezza e alla privacy si moltiplicano e le tecnologie per difendersi non sempre sono efficaci

Pubblicato il 11 Dic 2014

Patrizia Licata

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Nell’era del cyber capitalismo in cui viviamo dobbiamo “ripristinare, anzi estendere i diritti dell’individuo, e per farlo occorrono le regole”. Questo il messaggio del Professor Yvo Desmedt della University of Texas at Dallas, intervenuto al convegno “Cyber Security & Privacy: come garantire la sicurezza senza ledere la privacy?” organizzato da EIT ICT Labs in media partnership con CorCom.

Il mondo di oggi è sicuramente l’impero del digitale o un “Cyber Empire” per Desmedt e la sfida è preservare i diritti umani anche in questo mondo. Altrimenti saremmo costretti, come ha detto il professore con una provocazione, a “buttare il cellulare, rinunciare al laptop – a meno che non sia un vecchio modello senza videocamera e microfono – non usare servizi su cloud e non conservare nessuna informazione sensibile su digitale”.

Esperto di crittografia, sicurezza informatica, infrastrutture critiche, autenticazione, malware, sicurezza delle reti e cyber-terrorismo, Desmedt si è concentrato sulle vulnerabilità del web a cui il mondo della tecnologia ma anche della politica sono chiamati a fornire una soluzione per curare la situazione paradossale in cui ci troviamo oggi, “spiati” nella navigazione Internet, con volumi enormi di dati che possono finire facilmente intercettati dai governi e device mobili che si trasformano “in braccialetti elettronici per detenuti – solo che almeno quelli dei detenuti li paga lo Stato, i cellulari li paghiamo noi”.

Il caso Snowden e lo strapotere degli OTT che profilano gli utenti hanno senz’altro scatenato un’ondata di proteste e acuito l’interesse per i temi della sicurezza e della privacy online. A Desmedt sembra però che l’Europa non abbia reagito nella pratica con grande vigore: “Continuiamo a esportare dati verso gli Stati Uniti, come dimostrano i tantissimi utenti europei di Facebook o Google“, ha detto il professore. Altre nazioni sono state molto più decise, per esempio la Cina ha bloccato l’importazione di alcuni prodotti tecnologici americani e su Internet ha i propri prodotti (il motore di ricerca Baidu, il social network Renren, ecc.), al posto di quelli statunitensi.

Insomma, Europa ancora poco decisa nel prendere il controllo delle sue politiche su privacy e sicurezza? Le nuove regole sulla data protection sono in arrivo e potranno aiutare, dal punto di vista di Desmedt, più delle tecnologie, almeno di quelle esistenti, che il professore ha classificato come “il buono, il brutto e il cattivo”: la maggior parte non è veramente efficace.

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