SCENARI

Digitale potente traino per l’economia italiana: nel 2023 sprint del 3%

Secondo le stime di Anitec-Assinform il prossimo anno il giro d’affari si attesterà a oltre 79 miliardi per poi salire del 4,8% a 83 miliardi nel 2024 e del 5,3% a 87 miliardi nel 2025. Il presidente Marco Gay: “Il 2022 è stato l’inizio di un nuovo ciclo positivo per tutto il settore”. L’Osservatorio The European-House Ambrosetti, realizzato con le Fondazioni Ibm Italia ed Eni, mette sul tavolo 5 proposte per colmare i gap con l’Europa

Pubblicato il 29 Nov 2022

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Il digitale torna ad essere un potente traino per l’economia italiana: questo il messaggio che emerge dal report “Digitale in Italia. Previsioni 2022-2025 e policy” (SCARICA QUI IL REPORT) presentato da Anitec-Assinform, l’associazione di Confindustria che raggruppa le principali aziende dell’Ict, e condotto in collaborazione con NetConsulting cube.

Il mercato si conferma anche nel 2022 un segmento dell’economia italiana estremamente dinamico, capace di sfidare il deterioramento del quadro economico. Nei primi sei mesi del 2022 il digitale ha fatto registrare un valore di 37,2 miliardi di euro, con una crescita del 3% rispetto ai primi sei mesi del 2021. Ad avere la crescita percentuale più sostenuta sono stati i settori dei Servizi Ict (+7,2%), spinti soprattutto dal mercato Cloud (+25,5%), e dei Contenuti e pubblicità digitale (+7,1%). Le dinamiche economiche generali della seconda metà del 2022, influenzate da una flessione dei consumi delle famiglie e da un rallentamento del Pil, porteranno il mercato digitale a crescere a fine anno del 2,1%, per un valore complessivo di 76,8 miliardi di euro.

A fine anno risulteranno in crescita tutti i settori – Servizi Ict (+7,3%), Contenuti e pubblicità digitale (+6,9%), Software e soluzioni Ict (+5,1%) – tranne i Servizi di rete (-3,9%), già in calo da alcuni anni, mentre il settore dei Dispositivi e Sistemi non segnerà sostanziali variazioni.

“Valore aggiunto, crescita del numero di addetti e di imprese attive, intensità di ricerca & sviluppo e produttività, sono solo alcuni degli indicatori che caratterizzano la crescita del mercato digitale in questi anni”, ha commentato Marco Gay, presidente di Anitec-Assinform. “Il 2022 può rappresentare l’inizio di un nuovo ciclo positivo per tutto il settore. Le tecnologie Ict sono, oggi più che mai, al centro di cambiamenti dirompenti, che intrecciano la crescita economica agli effetti sull’ambiente e ai rischi cibernetici di intensità sempre maggiore”.

Uno scenario nuovo per il digitale

“Il digitale si può dire che abbia rimodellato il mondo negli ultimi decenni”, ha proseguito Gay. “Ora ci attendono nuove sfide e l’obiettivo che ci diamo è quello che le nuove tecnologie possano conseguire un doppio risultato: oltre a trainare e spingere in avanti l’economia, avere anche impatti significativamente positivi sull’ambiente. Nonostante le incertezze dovute allo scenario geopolitico, alle dinamiche inflattive e agli effetti del Pnrr, è prevedibile che nei prossimi anni la trasformazione digitale in atto proseguirà dando un rinnovato slancio al mercato e portando benefici a persone e famiglie. Il 2022 può pertanto segnare l’inizio di uno scenario completamente nuovo per il digitale, in cui l’aspetto competitivo e quello normativo e politico convergono all’interno di una nuova visione strategica che mette la trasformazione digitale al centro dell’evoluzione economica del futuro prossimo”.

Il digitale in Italia: le previsioni

Per quanto riguarda le previsioni per i prossimi anni nel 2023 si stima una crescita del 3% del mercato digitale italiano rispetto al 2022, per un ammontare complessivo di 79,1 miliardi di euro. Per i successivi anni si ipotizza invece un aumento più sostenuto: +4,8% a 82,9 miliardi nel 2024 e +5,3% nel 2025, con un mercato che potrebbe superare gli 87 miliardi di euro.

Nel periodo 2023-2025 tutti i comparti sono previsti in crescita, ad eccezione ancora una volta di quello dei Servizi di rete. Inoltre, tra il 2022 e il 2025, è prevedibile che i digital enabler continuino ad essere un elemento di traino straordinario per lo sviluppo del mercato digitale italiano, grazie alle tante iniziative di trasformazione digitale che continueranno a nascere nelle aziende.

Trasversali tra i vari comparti, i digital enabler sono le tecnologie più innovative e quelle caratterizzate da un dinamismo più marcato. Tra quelle che nel periodo 2022-2025 faranno registrare tassi di crescita maggiori si segnalano: blockchain (+26,5%), cloud computing (+24,5%) e intelligenza artificiale (21,7%).

PA e sanità trainano la domanda

Nell’industria si prevede una domanda digitale che dovrebbe arrivare a 8,8 miliardi di euro nel 2022 (+3% rispetto al 2021) e a 10,5 miliardi di euro nel 2025. Tra i settori con crescite maggiori nel 2022, si segnalano la Pubblica amministrazione centrale (+10,5%, 2.489,5 milioni di euro), la Pubblica amministrazione locale (+9,4%, 1.486 milioni di euro) e la Sanità (+8,8%, 2.034,1 milioni di euro). Questi tre settori saranno anche quelli che si stima avranno la crescita media maggiore nel periodo 2022-2025: Pubblica amministrazione centrale +12,5%, Pubblica amministrazione locale + 11,5%, sanità + 11,2%.

“Oltre all’impatto che l’adozione delle tecnologie Ict ha sull’organizzazione delle imprese – prosegue Gay – queste tecnologie stanno attivando nuovi modelli di business, nuovi concorrenti e nuovi mercati, e trasformando modalità di produzione e processi, con la diffusione di fenomeni come la robotizzazione, l’automazione e l’intelligenza artificiale. Un aspetto sempre più centrale nella vita dei singoli Stati è rappresentato dai rischi derivanti dagli attacchi informatici. Questo rende il tema della Cybersecurity ineludibile, e imprese e pubblica amministrazione si stanno attrezzando per farvi fronte”.

L’impatto del Pnrr

Nel 2022 lo scenario prevede, a fronte di un mercato digitale di 76,1 miliardi di euro, un impatto del Pnrr pari a 741 milioni aggiuntivi per un totale complessivo di oltre 76,8 miliardi di euro. Nel 2023 si prevede, a fronte di un mercato digitale di 77,1 miliardi di euro, un impatto del Pnrr di 2 miliardi di euro, per un totale complessivo di oltre 79,1 miliardi e un incremento del 3% rispetto all’1,3% che si registrerebbe al netto del Pnrr.

Nel 2024 lo scenario prevede, a fronte di un mercato digitale di 79,8 miliardi di euro, un impatto del Pnrr pari a 3 miliardi aggiuntivi per un totale complessivo di oltre 82,9 miliardi di euro e un incremento del 4,8% rispetto al 3,6% che si registrerebbe al netto del Pnrr. Nel 2025 si prevede, a fronte di un mercato digitale di 83,9 miliardi di euro, un impatto del Pnrr pari a 3,4 miliardi per un totale complessivo di oltre 87,3 miliardi di euro e un incremento del 5,3% rispetto all’anno precedente. Industria, Pubblica amministrazione, sanità e telecomunicazioni saranno i settori che beneficeranno in modo diretto degli investimenti previsti dal Piano.

Focus Cybersecurity

La spesa complessiva destinata a prodotti e servizi in ambito Cybersecurity si prevede attestarsi sui 1,6 miliardi di euro a fine 2022 (+13,5% rispetto al 2021). Nel periodo 2021-2025 la crescita media del settore è prevista del 14%, per un valore nel 2025 di 2.3 miliardi di euro. In questo periodo, a far segnare la crescita media maggiore sarà il comparto Servizi Mss e Cloud (+16,7%).

Al tema della sicurezza informatica è dedicata la seconda parte del Rapporto sul “Digitale in Italia”, che mette in evidenza come gli attacchi informatici siano continuati a crescere numericamente, a livello globale, nel corso del 2022, rappresentando una seria minaccia per la trasformazione digitale in corso. Da una parte, sono proprio una diretta conseguenza della crescente digitalizzazione e della diffusione dello smart working, dall’altra, l’aumento è imputabile anche all’esplosione del conflitto russo-ucraino. Aziende e Pubbliche amministrazioni sono pertanto particolarmente esposte e la sicurezza informatica è divenuta centrale nelle loro strategie. Il trend del mercato Cybersecurity risulta in forte espansione (+13,5% nel 2022, con una previsione di crescita media nel periodo 2021-2025 del 14%), mentre un ruolo importante per la difesa e la gestione degli attacchi lo avrà anche la normativa e la strategia di Cybersicurezza nazionale.

La sfida dei prossimi mesi, anche per il nuovo Governo – conclude Gay – sarà governare accelerazione tecnologica, sostenibilità e aggiornamento delle competenze al fine di gestire e ottimizzare le opportunità offerte dal Pnrr. Mai come in questo momento di preoccupazione sui segnali recessivi dell’economia e di incertezza per il perdurare del conflitto in Ucraina, i governi possono influenzare il futuro competitivo e la crescita delle economie nazionali. Per favorire tali obiettivi serve che mantengano sostenuti gli investimenti in tecnologie digitali e rendano il lavoro più efficiente grazie alla formazione di competenze Ict e digitali avanzate. E serve che continuino a promuovere la ricerca e sviluppo e l’avvio di attività imprenditoriali innovative e ad elevata intensità tecnologica”.

Il report di The European House-Ambrosetti

The European House – Ambrosetti ha presentato il Rapporto 2022 dell’Osservatorio sulla trasformazione digitale (SCARICA QUI L’EXECUTIVE SUMMARY), realizzato in collaborazione con Fondazione Ibm Italia e Fondazione Eni Enrico Mattei.

Oggetto della presentazione sono il monitoraggio e l’analisi delle dinamiche strutturali e congiunturali della digitalizzazione nel nostro Paese e delle dimensioni meno considerate negli indici comparativi, tra cui il Desi della Commissione Europea. I ritardi nella transizione digitale sono noti: il nostro Paese è al 18° posto su 27 Paesi Ue nell’Indice Desi e ultimo tra le grandi economie d’Europa,  oggi meno di 1 cittadino su 2 interagisce online con la Pa e solo il 56% delle imprese ha un sito web con funzionalità avanzate.

La carenza di competenze digitali diffuse, i limitati livelli di connettività e la ridotta propensione al data sharing frenano questa trasformazione, che rientra però tra i pilastri del Pnrr. Sono previsti infatti investimenti per 40,7 miliardi di euro: un’opportunità fondamentale per il sistema-Paese per riavviare una produttività stagnante da oltre 20 anni e concretizzare la necessaria transizione green, così strettamente connessa ai processi di digitalizzazione. Il legame tra le due transizioni, i principi di etica e inclusione, le necessità di cybersecurity: sono alcune delle dimensioni spesso non fotografate adeguatamente dagli indici tradizionali, ma messe al centro delle analisi dell’Osservatorio.

La transizione digitale dell’Italia rappresenta un’occasione unica di rilancio della produttività e quindi della crescita del Paese – si legge nel report -. L’Italia è infatti l’unico Paese tra le principali economie dell’Unione europea ad avere al 2021 un livello di Pil pro-capite inferiore rispetto ai livelli del 2000, ben al di sotto dei tassi di crescita medi registrati a livello di Unione Europea. La tendenza negativa dell’Italia è in gran parte dovuta alla produttività multifattoriale, definita come la componente residuale della crescita non dovuta a variazioni di efficacia di lavoro e capitale, ma piuttosto riconducibile a pratiche manageriali, digitalizzazione, regolamentazione e spillover positivi in termini di ambiente economico, ovvero ecosistema in cui operano le imprese. In Italia, tale componente fornisce addirittura un contributo negativo alla crescita del Pil (-0,2 punti percentuali di media tra il 2000 e il 2019), in controtendenza rispetto a tutti gli altri Paesi benchmark.

Le proposte dell’Osservatorio sulla trasformazione digitale

L’Osservatorio sulla trasformazione digitale dell’Italia ha messo a punto un modello concettuale finalizzato a includere le molteplici dimensioni connesse alla digitalizzazione.

Il primo ambito, quello su cui viene spesso focalizzata l’attenzione, riguarda il livello di digitalizzazione dei cittadini, delle imprese e della Pubblica amministrazione. La seconda dimensione riguarda i driver di accelerazione, primi tra tutti gli investimenti previsti dal Pnrr. Nella Missione “Digitalizzazione”, la componente relativa alla P.A. assorbe il 24% dei fondi stanziati, ma oltre il 70% delle   condizioni (ovvero i traguardi e gli obiettivi al cui raggiungimento è vincolata l’erogazione delle risorse del Pnrr). In questa prospettiva, la digitalizzazione della Pa può avere un ruolo di traino per l’intero sistema-Paese, riconducibile al valore generato dalla Pa e, allo stesso tempo, dalla capillarità dell’offerta dei servizi.

In terzo luogo, occorre considerare i fattori trasversali che rafforzano il processo di digitalizzazione, tra i quali la “twin transition” e la relazione tra transizione green e transizione digitale. Le nuove tecnologie digitali rendono infatti possibile un efficientamento dei consumi e dei processi, ma hanno anche un impatto in termini di energia necessaria e smaltimento dei prodotti. Particolare attenzione, relativamente alla transizione energetica e digitale, merita la questione del reperimento di materie prime critiche, sia per le tecnologie green che per quelle digitali.

Il quarto ambito concerne le modalità di sviluppo del processo di digitalizzazione, che devono garantire la sicurezza nell’uso dei dati e delle tecnologie digitali. La progressiva digitalizzazione di servizi fondamentali per le società e l’economia rende infatti la cybersicurezza un’esigenza strategica. Inoltre, occorre garantire principi di etica dal momento che le tecnologie digitali possono sollevare questioni di carattere etico, come nel caso dei bias dell’intelligenza artificiale.

Infine, è necessario considerare i modelli di dispiegamento della digitalizzazione, che non può essere semplicemente ricondotta a un processo di dematerializzazione dei processi e servizi (per esempio sostituendo i moduli cartacei con moduli online, o automatizzando qualche attività), ma piuttosto alla valorizzazione degli ecosistemi e del digital trust. In Italia, tuttavia, la creazione di ecosistemi è limitata, da un lato, dal data sharing, ancora poco esteso tra le imprese del Paese, e dall’altro, dalla ridotta integrazione dei processi delle imprese con l’esterno. Nel Paese, infatti, solo 1 azienda su 10 (11%) è dotata di processi di business integrati automaticamente a quelli dei fornitori e/o clienti, un valore inferiore di 7 p.p. rispetto alla media europea (18%) e pari a quasi un terzo del valore della Germania (30%).

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