IL CASO

Fujitsu chiude in Italia, a casa 200 dipendenti

Il colosso tecnologico giapponese ha declassato la Penisola insieme a Repubblica Ceca e Grecia tra i mercati a basso potenziale di crescita, da abbandonare per perseguire gli obiettivi finanziari del 2022. Ancora nessuna comunicazione ufficiale del gruppo, i sindacati si preparano alla protesta

Pubblicato il 10 Apr 2019

D. A.

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Confermato il declassamento dell’Italia, insieme a Repubblica Ceca e Grecia, nella geografia delle aree strategiche per Fujitsu. Il che equivale a dire che la filiale tricolore, come anticipato a marzo da una mail inviata ai dipendenti, chiuderà, lasciando a casa 200 lavoratori a cavallo delle sedi di Milano e di Roma. Il colosso tecnologico giapponese specializzato in soluzioni e servizi basati su Internet of things, Cloud, Intelligenza artificiale e sistemi di interconnessione conferma invece le operazioni in Spagna e in Portogallo, oltre ai più ovvi mercati di Germania e Francia.

La spiegazione si legge tra le righe di una mail inviata dall’headquarter europeo di Londra alla redazione de L’Economia del Corriere della Sera: “Il 4 marzo abbiamo annunciato che concentreremo le nostre risorse dirette nei mercati che più supportano la nostra idea di crescita basata sui servizi ad alta tecnologia. Il nostro piano avrà un impatto su entrambe le sedi. Siamo comunque interessati a mitigare l’impatto sociale di questo cambiamento attraverso il dialogo con i sindacati e le autorità competenti”. Il quotidiano di via Solferino commenta dicendo che il messaggio sottintende la convinzione che l’Italia non offra garanzie sulla crescita, condizione ricercata dal gruppo per raggiungere gli obiettivi sui margini di profitto, che dovranno passare dal 5% attuale al 10% nel prossimo triennio.

Il caso italiano è decisamente spinoso perché in Fujitsu, nel nostro Paese, nessuno ha la delega a trattare con sindacati, istituzioni locali e centrali. E a parte la comunicazione formale che ha raggiunto i dipendenti il mese scorso, la multinazionale non si è ancora espressa ufficialmente. Di certo c’è solo che i sindacati Fiom e Fim si stanno mobilitando per protestare il 16 aprile a Milano.

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