IL CONFLITTO

Guerra Ucraina, parte la tech war alla Russia. Dure sanzioni, ma quali conseguenze?

Stati Uniti e Unione europea annunciano misure che impattano anche e soprattutto sul comparto tecnologico. Tra le azioni previste dall’Europa il divieto di esportare attrezzature aeronautiche e spaziali. La crisi colpisce anche il settore dei chip: produttori in allarme per l’accesso alle materie prime. Sul fronte pagamenti Mosca potrebbe aggirare le misure facendo ricorso al bitcoin. Stop alle aziende russe al Mobile World Congress di Barcellona

Pubblicato il 25 Feb 2022

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Usa e Ue affilano le armi per colpire l’economia russa dopo l’invasione dell’Ucraina. Le sanzioni a cui stanno lavorando la Casa Bianca e l’Unione europea colpiranno anche la capacità di finanziare lo sviluppo tecnologico dell’esercito russo. Il primo ad annunciare la strategia, che sarà il più possibile congiunta, è stato il presidente Usa Joe Biden. “Colpiremo la possibilità di finanziare e far crescere l’esercito, la possibilità di competere nello “sviluppo tecnologico – ha sottolineato – Sarà un duro colpo al tentativo di Mosca di modernizzare le forze armate. E sarà un duro colpo alle ambizioni strategiche di lungo termine di Putin”.

Parole che hanno dato il “là” per l’inizio di una vera e propria “tech war” che potrebbe avere impatti a cascata non solo sui settori che sviluppano tecnologie – chip in prima linea – ma anche sugli altri settori produttivi, a cominciare da quello energetico. Molti Paesi europei, come l’Italia, dipendono per larga parte dal gas russo e sanzioni dure contro Mosca rischiano di impattare sul volume delle importazioni nonché sui prezzi all’ingrosso e al consumo.

Le mosse della Ue

Il vertice Ue che si  concluso stanotte ha deciso sanzioni durissime “a tutti i livelli” con l’opzione di indurirle ancora di più. Il “pacchetto” di misure, che entrerà in vigore dopo la pubblicazione nella Gazzetta ufficiale Ue, ha lo scopo di sfiancare l’economia russa in tempi abbastanza rapidi, come evidenziato dal ministro dell’Economia francese, Bruno Le Maire. “L’obiettivo è piegare l’economia russa, i suoi settori strategici, i trasporti, l’aeronautica, le tecnologie sensibili, il sistema finanziario russo, isolando la Russia dal punto di vista finanziario, tagliando tutti i legami tra Russia e il sistema finanziario mondiale”, ha puntualizzato Le Maire che coordina il vertice, in quanto la Francia ha presidenza del semestre europeo.

Tra le misure annunciate il divieto di esportare aerei, parti e attrezzature dall’industria aeronautica e spaziale in Russia, nonché le tecnologie di raffinazione per l’industria petrolifera. Le restrizioni all’esportazione riguarderanno anche i beni a duplice uso (civili e militari).

Secondo il sottosegretario agli Affari europei, Enzo Amendola, la fase che seguirà l’invasione russa dell’Ucraina non sarà né semplice, né breve. Chiediamo tutti che “questa folle avanzata e invasione pianificata da tempo si fermi, ma sarà lunga e dura e nulla esclude che si possa agire più duramente nelle prossime giornate con l’unico strumento di deterrenza di cui l’Ue si dato che sono le sanzioni economiche e finanziarie”, ha aggiunto il sottosegretario.

“Noi a un’aggressione militare rispondiamo con gli strumenti della diplomazia. Non sarà una fase semplice né dal punto di vista temporale breve: credo che ci sia una strategia lungamente pianificata con obiettivo principale l’Ucraina e la sua democrazia, ma anche un tentativo di minare l’architettura europea – ha proseguito – Dovremmo essere pronti a scelte difficili dal punto di vista economico e geostrategico. Bisogna parlare con un linguaggio di verità all’opinione pubblica: c’è una sfida ai valori fondanti dell’Ue e bisogna dire le cose come stanno”.

La piattaforma Swift per i trasferimenti bancari

Al Consiglio europeo c’è stata discussione su Swift, utilizzato da circa trecento istituzioni finanziarie russe per i trasferimenti bancari: il ministro delle finanze tedesco Christian Lindner ha spiegato che una tale misura comporterebbe “un alto rischio che la Germania non riceva più consegne di gas e altre materie prime” dalla Russia. Italia, Cipro, Lettonia, Ungheria hanno condiviso questa linea.

Alle banche Ue sarà però vietato accettare depositi da cittadini russi di oltre 100 mila euro e diverse società statali russe avranno il loro accesso ai finanziamenti europei bloccato. Il conto presentato dalla presidente della Commissione Ursula von der Leyen è questo: “Viene ridotto l’accesso della Russia ai più importanti mercati dei capitali. Ora ci rivolgiamo al 70% del mercato bancario russo, alle principali società statali, compreso il settore della difesa. Queste sanzioni aumenteranno gli oneri finanziari della Russia, aumenteranno l’inflazione ed eroderanno gradualmente la base industriale russa”.

Bitcoin, l’arma russa per aggirare le sanzioni

Ma, secondo gli analisti Usa, le sanzioni rischiano di non funzionare: la Russia infatti potrebbe usare il bitcoin per aggirare le misure decise da Usa e Ue, soprattutto quelle relative al sistema finanziario.

Per gli esperti interpellati dalla Cnn le sanzioni possono essere aggirate con crescente facilità grazie al boom delle criptovalute in Russia. Le sanzioni occidentali affidano alle banche l’onere di rispettarle: se un’azienda o una persona sanzionata vuole compiere una transazione in valute tradizionali, come dollaro o euro, la banca ha la responsabilità di segnalare e bloccare questa transazione. Le valute digitali, però, funzionano al di là del mondo bancario tradizionale e le transazioni vengono registrate su un registro condiviso, la blockchain. “Se i russi decidono – e ci stanno già pensando – di evitare di utilizzare valute diverse dalle criptovalute, possono di fatto evitare praticamente tutte le sanzioni”, ha detto alla Cnn Ross Delston, esperto Usa di anti-riciclaggio.

Il Tesoro degli Stati Uniti è consapevole di questo problema. In un rapporto di ottobre, i suoi funzionari hanno avvertito che le valute digitali “potenzialmente riducono l’efficacia delle sanzioni americane” perchè permettono a chi ne viene colpito a di detenere e trasferire fondi al di fuori del sistema finanziario tradizionale. “Siamo consapevoli del rischio che, se non controllati, queste risorse digitali e sistemi di pagamento possono compromettere l’efficacia delle nostre sanzioni”.

Per averne prova basta guardare all’Europa orientale, dove c’è un grosso volume di transazioni in criptovaluta associate ad attività criminali, secondo una ricerca di Chainalysis. Sui siti web utilizzati per scambi illeciti, noti come mercati darknet, nel 2020 ci sono stati scambi per un valore record di 1,7 miliardi di dollari in criptovalute, soprattutto bitcoin. E il grosso della crescita del mercato darknet del 2020 dipende da uno specifico sito, esclusivamente in lingua russa, chiamato Hydra.

Hydra è “di gran lunga il più grande mercato darknet al mondo e rappresenta oltre il 75% delle entrate del mercato darknet in tutto il mondo nel 2020”, ha scritto Chainalysis nel suo rapporto.

Ci sono altri modi con cui la Russia potrebbe, almeno in teoria, mitigare i danni delle sanzioni ispirandosi all’Iran. Come la Russia, l’Iran è un paese esportatore di petrolio ed è soggetto a un embargo economico quasi totale da parte degli Stati Uniti, che include divieti su tutte le importazioni e sanzioni contro le istituzioni finanziarie iraniane. Ma il Paese è riuscito ad attutire le sanzioni rivolgendosi al “mining” di bitcoin, secondo un rapporto della società di analisi Elliptic. L’Iran ha un surplus di energia che non può esportare, quindi lo usa per alimentare l’estrazione di bitcoin, che consuma enormi quantità di elettricità, ma premia i minatori con pagamenti in bitcoin.

Il caso chip e l’effetto sulla Cina

Le sanzioni Usa contro la Russia rigurdano anche il fronte chip, già duramente colpito dalla pandemia da Covid 19.  Le misure adottate da Washington stabiliscono che le aziende estere di beni ad alta tecnologia, chip prima di tutto, che usano componenenti statunitensi debbano chiedere una licenza agli Stati Uniti prima di spedire i loro prodotti in Russia.

Secondo gli analisti le radicali restrizioni imposte alla Russia per bloccare il suo accesso alle esportazioni globali di beni, dai chip ai computer e all’elettronica, accelereranno la spinta cinese all’autosufficienza nell’industria dei semiconduttori. La Cina, come la Russia, non dispone di una capacità di produzione avanzata di chip, ma uno dei suoi principali obiettivi politici a lungo termine è stabilire l’indipendenza e l’autosufficienza nell’industria dei semiconduttori.

Il programma “Made in China 2025” prevede, entro tre anni, di raggiungere un’autosufficienza del 70% nei componenti principali per le tecnologie critiche. Ma anche se l’industra dei chip sta crescendo rapidamente, grazie ai finanziamenti di capitale di rischio e agli incentivi politici, la quota globale delle esportazioni rimane marginale: i suoi produttori di chip fabless occupano circa il 16% della quota di mercato globale (dato della Semiconductor Industry Association).

Ovviamente la Cina da sola, nel breve periodo, non potrà soddisfare tutta la domanda russa di chip ma certamente darà un ulteriore spinta all’obiettivo autosufficienza e leadership di Pechino. Secondo i dati di Comtrade, la Cina ha spedito alla Russia componenti elettronici per un valore di circa 10 miliardi di dollari nel 2020, pari al 20% delle sue esportazioni totali.

Intanto più grande produttore di chip su commessa al mondo ha annunciato che aderisce alle sanzioni commerciali Usa sull’export di tecnologie nell’ambito del pacchetto di sanzioni contro la Russia per l’invasione dell’Ucraina. Taiwan Semiconductor Manufacturing Company “si impegna pienamente a rispettare i nuovi controlli sull’export” ha dichiarato la società che controlla oltre metà del mercato globale di semiconduttori su ordinazione. “Il gruppo adotta un rigoroso sistema di controllo dell’export per garantire che le restrizioni vengano rispettate” ha aggiunto.

Il dipartimento del Commercio Usa ha annunciato nuove restrizioni sulle esportazioni di tecnologia verso la Russia che si applicano non solo alle società americane, ma anche alle imprese di paesi terzi che utilizzano la tecnologia statunitense. Il ministero dell’Economia di Taiwan ha affermato che le esportazioni dirette di semiconduttori da Taiwan alla Russia sono minuscole, ma i chip e altri componenti elettronici fabbricati dalle sue società sono contenuti in una gamma molto più ampia di prodotti finiti venduti in Russia da società altri paesi che si riforniscono di chip da Tsmc.

Le operazioni militari della Russia in Ucraina sono dunque il nuovo banco di prova per la logistica dei chip, già sotto pressione dopo le chiusure delle fabbriche legate al Covid e il boom della domanda cui la produzione stenta a tenere testa. Nel breve termine, i grandi produttori non temono impatti perché hanno già diversificato le fonti di approvvigionamento delle componenti e ampliato le scorte in magazzino in risposta alla crisi dei chip apertasi da due anni. Tuttavia, nel lungo periodo, alcuni temono ripercussioni legate all’acquisto di alcune materie prime chiave.

L’Ucraina, per esempio, rifornisce oltre il 90% del neon usato per produrre semiconduttori negli Usa, mentre il 35% del palladio usato dalle fabbriche Usa anche per prodotti come chip di memoria e sensori, arriva dalla Russia. La disponibilità di questi materiali non è elevata e una nuova pressione sulla supply chain porterà su i prezzi, prima delle materie prime e poi dei chip.

L’effetto sulla Cina

Secondo gli analisti le radicali restrizioni imposte alla Russia per bloccare il suo accesso alle esportazioni globali di beni, dai chip ai computer e all’elettronica, accelereranno la spinta cinese all’autosufficienza nell’industria dei semiconduttori. La Cina, come la Russia, non dispone di una capacità di produzione avanzata di chip, ma uno dei suoi principali obiettivi politici a lungo termine è stabilire l’indipendenza e l’autosufficienza nell’industria dei semiconduttori. Il programma “Made in China 2025” prevede, entro tre anno, si raggiungere un’autosufficienza del 70% nei componenti principali per le tecnologie critiche. Ma anche se l’industra dei chip sta crescendo rapidamente, grazie ai finanziamenti di capitale di rischio e agli incentivi politici, la quota globale delle esportazioni rimane marginale: i suoi produttori di chip fabless occupano circa il 16% della quota di mercato globale (dato della Semiconductor Industry Association). Ovviamente la Cina da sola, nel breve periodo, non potrà soddisfare tutta la domanda russa di chip ma certamente darà un ulteriore spinta all’obiettivo autosufficienza e leadership di Pechino. Secondo i dati di Comtrade, la Cina ha spedito alla Russia componenti elettronici per un valore di circa 10 miliardi di dollari nel 2020, pari al 20% delle sue esportazioni totali di quel tipo di prodotti.

Anche il Giappone e la Corea del Sud in campo contro la Russia

Kishida ha anche annunciato una serie di sanzioni “nel settore finanziario, come il congelamento dei beni nei confronti delle istituzioni finanziarie russe”, nonché misure “sulle esportazioni verso organizzazioni russe legate all’esercito” e su “beni di uso generale come semiconduttori e articoli in un elenco ristretto basato su accordi internazionali”, senza fornire immediatamente ulteriori dettagli.

Leggermente diversa la posizione della Corea del Sud che ha deciso di unirsi alle sanzioni internazionali contro la Russia, ma esclude l’imposizione di misure restrittive unilaterali.  “Non è un’era in cui possiamo fare qualcosa in modo indipendente”, ha affermato Park Soo-hyun, un alto funzionario dell’Ufficio presidenziale di Seul alla Tbs, spiegando che “se gli Stati Uniti e i Paesi europei impongono sanzioni alla Russia, ci uniremo naturalmente a loro perché siamo collegati”.

Il ministero degli Esteri ha indicato che Seul potrebbe aderire alle sanzioni internazionali, compresi i limiti all’export, dopo le consultazioni con gli Usa e altre le nazioni per definire i dettagli. La Corea del Sud è un importante produttore di semiconduttori, elettronica e altri materiali high-tech.

La guerra si sposta (anche) nello Spazio

Il conflitto tra Ucraina e Russia potrebbe mettere a rischio l’incolumità degli astronauti. Il capo dell’Agenzia spaziale russa (Roskosmos), Dmitry Rogozin, ha risposto alle sanzioni tecnologiche imposte dagli Usa dopo l’invasione dell’Ucraina, con una serie di tweet. Che si concludono con una non tanto velata minaccia: “La Iss (Stazione spaziale internazionale) potrebbe precipitare sugli Usa, sull’Europa o su qualche altro Paese. Ma non sulla Russia. Siete pronti?”.

Niente Russia al Mobile World Congress

Dopo l’edizione annullata del 2020 e quella ristretta del 2021, il Mobile World Congress di Barcellona organizzato dal Gsma andrà avanti nell’edizione che si apre il 28 febbraio. Ma in una dichiarazione inviata all’Afp, la Gsma ha affermato di “condannare fermamente l’invasione russa dell’Ucraina” e di “rispettare tutte le sanzioni” relative a questa situazione. Di conseguenza, “non ci sarà alcun padiglione russo al Mwc22”, ha assicurato.

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