I quattro fattori della digital transformation

Persone, processi, tecnologia e cultura andrebbero posti in una “balanced scoreboard” per poter essere gestiti e diventare un framework operativo

Pubblicato il 13 Mag 2016

Paolino Madotto, Nolan Norton Italia- Kpmg

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Il tema della digital trasformation sarà il driver principale dei prossimi anni sia per le aziende che per la vita di ogni cittadino.

La virtualizzazione dei datacenter, il cloud, il mobile fanno già parte da qualche tempo della vita aziendale ma non riescono spesso a cambiare i processi e le regole del business. I vendor di tecnologie ci propongono continue soluzioni che potrebbero cambiare le nostre organizzazioni e la nostra vita ma, utilizzandole, non cambia poi molto. Si velocizzano i processi, si lavora in mobilità, ecc. ecc. ma non vengono sfruttate tutte le potenzialità che la tecnologia ci offre. Noi, come Paese, abbiamo qualche problema in più. La crisi che ci colpisce dal 2008 è l’ultimo tratto di un declino che possiamo far risalire addirittura ai primi anni 2000. Anni passati a disinvestire in risorse umane fino alla crisi che ha accelerato ogni genere di disinvestimento. Gli unici investimenti sono stati giustificati dalla riduzione dei costi, le tecnologie sono state introdotte senza il mandato di modificare il business con il risultato che spesso le persone che le usano ne utilizzano solo poche funzionalità.

A questo si aggiunge il più grande problema che abbiamo nelle nostre organizzazioni, il conservatorismo. La gran parte delle volte che viene proposta una strada nuova ci troviamo di fronte a due affermazioni tipiche: “abbiamo sempre fatto così” e “ma l’ha già fatto qualcun altro?”. Un vero “malware” per chi si occupa di innovazione. I manager sono valutati positivamente se perseguono una strada già battuta e arrivano ad un fallimento, negativamente se scelgono una strada nuova e insolita e raggiungono il successo. Nel secondo caso si dirà che è solo fortuna.

Per affrontare il cambiamento imposto dalla digital trasformation è necessario muoversi in un percorso di trasformazione equilibrato su molteplici dimensioni. Nei progetti che mi è capitato di portare avanti ho potuto constatare come ci siano quattro fattori decisivi: persone, processi, tecnologie, cultura. Quattro fattori che andrebbero posti in una “balanced scorecard” per poter essere gestiti e diventare un framework operativo per chi ha progetti di DT.

Le prime tre sono ormai entrate nella opinione comune, la cultura della organizzazione e delle persone è invece un fattore che non gode di molta attenzione. E’ invece uno degli elementi centrali, le nostre aziende sono molto conservative mentre avremo bisogno di una iniezione di propensione al rischio e di premiare gli “eretici” (le persone che hanno una capacità di visione fuori dal comune con conoscenze in grado di spaziare su moti ambiti). Il management di fronte a progetti di DT si divide tra chi sceglie di appoggiarsi a specialisti ipertecnici nella convinzione che siano in grado di usare meglio le “diavolerie” a loro disposizione e chi sceglie la strada di esperti “conservatori” che non conoscono nulla o quasi di tecnologia. La sfida che ci pone davanti la DT è quella di avere professionisti in grado di governare la tecnologia con adeguata competenza e insieme l’organizzazione, la strategia aziendale, gli aspetti culturali e il change management.

Figure molto rare in un settore che ha investito in una specializzazione sempre più alta, è per questo che è necessario ricominciare ad investire sulle persone, la formazione e recuperare quello spirito “eretico” degli inizi dell’informatica nel quale non esistevano barriere così grandi tra le diverse figure e potevi trovare sovente architetti informatici con la laurea in filosofia e sociologia.

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