Le infrastrutture digitali non sono più una semplice leva di competitività economica, ma sono diventate un asset strategico di sicurezza, indipendenza tecnologica e coesione sociale. La pandemia di Covid-19 ha accelerato la consapevolezza politica in merito al ruolo critico delle reti ad alte prestazioni, dei data center, dei cavi sottomarini e dei servizi cloud. A questa consapevolezza si è aggiunto, nel contesto internazionale, un quadro geopolitico segnato dalla guerra in Ucraina, dalla tensione tra Cina e Stati Uniti e da un crescente numero di attacchi cyber a infrastrutture critiche.
In questo scenario, l’Unione Europea si è posta obiettivi ambiziosi per diventare più resiliente, meno dipendente dai fornitori extra-Ue, e in grado di sostenere una digitalizzazione sostenibile e diffusa. Ma la realtà, come emerge da diversi rapporti ufficiali, è ancora molto distante dalle aspirazioni. Ritardi, carenze di investimenti e una marcata frammentazione politica e industriale minacciano di rallentare la corsa europea alla sovranità digitale.
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Bussola Digitale 2030: ambizioni sulle infrastrutture digitali
La strategia comunitaria è racchiusa nel documento “Digital Compass 2030”, approvato dalla Commissione Europea e successivamente implementato attraverso il “Digital Decade Policy Programme”. Questo piano punta a raggiungere quattro obiettivi principali entro il 2030: competenze digitali avanzate, trasformazione digitale delle imprese, digitalizzazione dei servizi pubblici e, soprattutto, infrastrutture digitali avanzate e sicure.
Per quanto riguarda la connettività, l’obiettivo è garantire copertura gigabit per tutte le abitazioni e una piena copertura 5G in tutte le aree popolate. Inoltre, l’Ue intende creare una rete interconnessa di data center, investire nella sicurezza delle infrastrutture fisiche e digitali e aumentare il numero di specialisti Ict presenti sul territorio europeo. La misurazione dei progressi avviene attraverso l’indice Desi e il monitoraggio annuale della Commissione.
Lo stato della rete: copertura, capacità e divari nazionali
I dati ufficiali della Commissione indicano che, a fine 2023, circa il 78% delle famiglie europee aveva accesso a reti gigabit, un aumento significativo rispetto al 64% del 2021. Tuttavia, il dato nasconde profonde diseguaglianze: nei Paesi nordici, nei Paesi Bassi e in Belgio le reti in fibra Ftth e Docsis 3.1 coprono oltre l’85% della popolazione, mentre in nazioni dell’Europa sud-orientale come Bulgaria, Grecia e Romania si registrano ancora percentuali sotto il 50%.
La causa principale è il gap di investimento privato, reso ancora più grave dalla difficoltà ad attrarre capitali in contesti normativi poco stabili o burocraticamente complessi. La Commissione stima che per colmare il divario gigabit entro il 2030 serviranno oltre 200 miliardi di euro in nuovi investimenti infrastrutturali.
5G: rollout, regolazione e ostacoli geopolitici
Sul 5G la situazione è ancora più frammentata. Alcuni Paesi, come Germania e Spagna, hanno raggiunto una copertura superiore al 70% delle aree popolate. Altri, tra cui Italia, Francia e Austria, sono in fase intermedia. In diversi Stati membri, soprattutto quelli dell’Est, il rollout procede a rilento per problemi legati alla disponibilità di spettro, alla lentezza nelle autorizzazioni e alla mancanza di ritorno economico a breve termine.
A pesare anche le tensioni geopolitiche: dopo le raccomandazioni europee a limitare o escludere l’uso di fornitori “ad alto rischio” – principalmente Huawei e Zte – molti operatori hanno dovuto rivedere piani di investimento e sostituire componenti esistenti, con costi stimati in miliardi di euro.
Ostacoli strutturali e criticità sistemiche
Ma quali sono gli ostacoli che concretamente frenano i passi avanti?
La frammentazione normativa del mercato europeo
Uno dei principali problemi del mercato europeo delle telecomunicazioni è la frammentazione. L’Ue conta oggi più di 30 operatori mobili attivi, contro i tre grandi player presenti negli Stati Uniti. Questa realtà non solo diluisce la capacità di investimento e innovazione, ma complica l’adozione di standard comuni e rende difficile la creazione di un vero mercato unico delle telecomunicazioni.
Anche la regolazione è eterogenea: le procedure per ottenere autorizzazioni, i limiti di esposizione elettromagnetica, la tassazione delle torri e dei cavi variano da Stato a Stato, rendendo il contesto europeo poco attrattivo per investitori globali.
Il nodo degli investimenti privati e pubblici
La trasformazione digitale richiede capitali enormi, difficili da mobilitare in assenza di chiari segnali politici e di ritorni economici sostenibili. Secondo uno studio congiunto della Bei e della Commissione Europea, mancano circa 300 miliardi di euro di investimenti entro il 2030 solo per le infrastrutture digitali. Le politiche pubbliche, seppur importanti, non possono sostituire i capitali privati. Serve una visione industriale chiara, che favorisca le fusioni, elimini le barriere regolamentari e incentivi la condivisione delle reti.
Sicurezza delle reti e minacce ibride
L’aspetto della sicurezza è emerso con forza negli ultimi anni. Gli attacchi informatici alle reti energetiche, ai data center e ai backbone digitali sono aumentati esponenzialmente, con tecniche sempre più sofisticate. La Commissione ha inserito la cybersecurity tra le priorità della politica industriale, promuovendo l’adozione del NIS2, il rafforzamento dell’ENISA e la creazione di certificazioni di sicurezza comuni.
Le risposte europee: piani, riforme e progetti strategici
Il Gigabit Infrastructure Act
Approvato nel 2024, il Gigabit Infrastructure Act ha lo scopo di semplificare le procedure per il deployment delle reti ad alta capacità. Prevede la riduzione dei tempi per le autorizzazioni, la promozione di scavi condivisi, l’obbligo per gli edifici di nuova costruzione di essere predisposti per la fibra e una piattaforma comune per la mappatura delle reti.
Il fondo Scaleup Europe
Nel 2025, Bruxelles ha annunciato la creazione di un fondo pubblico-privato da 10 miliardi per favorire la crescita delle scale-up europee in settori strategici come intelligenza artificiale, cloud e cybersecurity. L’obiettivo è trattenere i talenti e le imprese ad alto potenziale in Europa, evitando che emigrino verso Stati Uniti o Asia.
Iris2 e Gaia-X per la sovranità digitale
L’Ue ha avviato due progetti di punta: Iris2, una costellazione satellitare per garantire connettività sicura e continua in tutto il continente, e Gaia-X, un’architettura federata per il cloud europeo, concepita per offrire una valida alternativa ai giganti americani. Entrambi sono ancora in fase di sviluppo, ma rappresentano l’ambizione dell’Europa di giocare un ruolo autonomo nel cyberspazio.
Focus Italia: progressi significativi ma troppe zavorre
L’Italia ha accelerato la digitalizzazione delle infrastrutture, in particolare grazie ai fondi del Pnrr e al progetto “Italia a 1 Giga”. Tuttavia, permangono ritardi legati alla burocrazia, alla scarsa interoperabilità tra amministrazioni locali e alla frammentazione degli operatori. Anche il rollout del 5G, pur avanzato nelle grandi città, stenta nelle aree rurali e industriali. L’indice Desi 2024 ha collocato l’Italia sotto la media europea per copertura 5G e uso avanzato delle tecnologie da parte delle imprese.
La sfida di una leadership tecnologica europea
L’Europa ha avviato un cammino ambizioso verso la piena autonomia digitale. Ma la distanza tra le ambizioni del Digital Compass e la realtà attuale rimane ampia. Servono scelte coraggiose: investimenti massicci, maggiore integrazione del mercato, un piano industriale continentale per le telecomunicazioni e un approccio comune alla sicurezza.