L’INTERVISTA

Instagram, Alessandro Acquisti: “Ecco le tattiche dei social media”

Il docente Usa ed esperto di economia della privacy: “Il sito di foto-sharing prima annuncia nuove iniziative poi fa marcia indietro. Ma è solo un ballon d’essai per testare la reazione degli utenti. Magari riproporrà le stesse modifiche in un secondo tempo, in versione soft”

Pubblicato il 20 Dic 2012

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“La vicenda di Instagram è un copione già visto: i social media annunciano modifiche alla privacy, poi le ritrattano sull’onda della protesta popolare ma solo per reintrodurle in un secondo momento in una versione più morbida”. Lo sostiene Alessandro Acquisti, docente all’Heinz College della Carnegie Mellon University di Pittsburgh ed esperto di economia della privacy, intervistato dal “Corriere delle Comunicazioni” a margine di uno dei seminari sulla Internet policy organizzati da Telecom Italia.

Due giorni fa il sito di photo-sharing ha annunciato la possibilità di commercializzare le immagini degli utenti senza remunerare gli autori, il giorno dopo ha fatto marcia indietro. Cosa è successo veramente?

Difficile da dire senza avere accesso alle discussioni interne a Instagram, acquistato di recente da Facebook. Ma in base a dati oggettivi si può rilevare che negli ultimi 6 o 7 anni i social media online hanno attuato una politica che negli Usa è definita ‘2 steps forward, 1 step backward’, ‘due passi avanti e uno indietro’. In pratica fanno annunci su cambi di policy che suscitano reazioni negative, poi li ritrattano ma qualche mese dopo fa capolino una versione addomesticata di quegli stessi annunci, che finisce per essere accettata dagli utenti. Se confrontiamo il livello di disponibilità a rivelare dati personali degli utenti di Internet di 15 anni fa e quelli di oggi vediamo che adesso le persone sono molto più a loro agio di prima nel condividere dati con gli estranei. Certo, non sono scomparse le preoccupazioni relative alla privacy, e le reazioni di protesta al primo annuncio di Instagram ne è la prova, ma diciamo che la soglia di reazione si è alzata nel tempo. E questo è dovuto alle politiche portate avanti negli anni dai social media.

Lei ha parlato di un copione già visto. Altri casi come quello di Instagram negli ultimi anni?

Penso a Beacon, il sistema di advertisement lanciato da Facebook nel 2007 che consentiva l’invio di dati da siti esterni (inizialmente fu stretto un accordo con 44 siti partner) per il rilascio di inserzioni pubblicitarie ‘targettizzate’ e che permetteva agli utenti di condividere con gli amici le loro attività in materia di advertising. Considerato controverso e diventato addirittura oggetto di una class action, Beacon fu chiuso nel settembre 2009 e lo stesso Mark Zuckerberg lo definì ‘un errore’. Ebbene, oggi l’advertisement su Facebook non è altro che una versione di Beacon ‘con gli steroidi’, ovvero ancora più invasiva. Perciò non mi sorprenderebbe se quello che Instagram ha annunciato due giorni fa venisse attuato tra 2 o 3 anni. Peraltro da quando Facebook è quotato in Borsa è oggetto di pressione da parte degli investitori affinché continui ad aumentare i profitti. Ed è lecito aspettarsi che escogiti modi sempre più ‘creativi’ per monetizzare i suoi prodotti.

Proprio Facebook di recente ha annunciato cambi di policy di propria iniziativa, l’Autorità per la protezione dei dati irlandesi li ha contestati e il sito, per tutta risposta, ha organizzato un referendum tra gli utenti, che però non ha raggiunto il quorum. Cosa ne pensa?

Quella vicenda è stata definita da alcuni commentatori americani ‘democracy theater’, ‘teatro della democrazia’. Peraltro quando Facebook intende realizzare un cambiamento o lo impone di default oppure obbliga in qualche modo l’utente a una scelta.

Eppure Internet è stato sempre visto, almeno finora, come il terreno per eccellenza della democrazia e della libertà di pensiero. Forse la democrazia su Internet finisce proprio dove inizia la gestione della privacy degli utenti?

Il dibattito sulla privacy sembra sempre più concentrarsi sugli aspetti economici: quali sono i benefici per gli utenti che rivelano i propri dati e quali sono invece i costi quando la loro privacy viene violata. Ma ci sono anche aspetti della privacy non quantificabili: la privacy come autonomia, la privacy come libertà. La conoscenza dei nostri dati personali dà agli altri un forte potere su di noi. Rischiamo di essere influenzati sulle nostre decisioni di consumo, su aspetti importanti della vita sociale, su aspetti politici. Da sempre la pubblicità ha cercato di influenzare l’individuo, ma attraverso i social media la capacità di manipolare le decisioni di un individuo continuerà ad aumentare e sarà invisibile, cioè non ce ne renderemo nemmeno conto. È uno degli aspetti più preoccupanti del futuro della privacy.

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