GREEN ECONOMY

Internet quarto “Stato” per consumo energetico: scatta l’allarme

Dopo Cina, Usa e India è il web il “Paese” più energivoro del pianeta. Emerge dalla ricerca firmata dal Centro Einaudi e Intesa Sanpaolo secondo cui è il data mining il processo che richiede più energia insieme all’estrazione di minerali. L’impatto dello smart working su real estate e finanza. Le strategie per l’Italia

Pubblicato il 27 Ott 2022

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Se il “sistema Internet” fosse una nazione, sarebbe al quarto posto nel mondo per consumo di elettricità dopo Cina, Stati Uniti, India e prima del Giappone. Lo rivela lo studio dal Centro Luigi Einaudi e Intesa Sanpaolo secondo cui il data mining si avvia a consumare, entro pochi anni, tanta energia quanta l’estrazione di minerali e metalli.

I quattro focus del report

E’ uno dei temi al centro dell’analisi che accende i riflettori sul “Mondo post-globale” evidenziando quattro focus principali: la fragilità del sistema economico globale di fronte ai problemi delle catene globali del valore emersi con la pandemia e l’ampliamento dei divari tra classi diverse di  popolazione;  la  crisi  ambientale  connessa  all’uso  delle  risorse  energetiche;  l’accelerazione  dello smart working con  riflessi  sul  mercato  immobiliare, l’ordine  geopolitico del pianeta.

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I punti critici dell’Italia

L’Italia esprime ambiti d’eccellenza ma resta gravata dalla presenza di troppe  micro‐imprese: il 92% dei dipendenti privati lavora in aziende con  meno di 50 milioni di fatturato.  

Lo  studio  presenta  numerose  proposte:  in primis una riforma  fiscale  che  renda  conveniente lavorare  e investire,  una  revisione  della  disciplina  fiscale  sulle  fusioni,  l’introduzione  del  quoziente  famigliare  nella tassazione diretta  e  l’introduzione  sperimentale  della  settimana  lavorativa  di  quattro  giorni,  integrata da attività di formazione a distanza.  

Le strategie “tradizionali” non bastano più

Tutte e quattro le crisi, si legge nello studio, “influenzano un’economia mondiale che sta perdendo rapidamente i suoi caratteri di globalità e riducendo altrettanto rapidamente le proprie capacità di crescita”.

Le criticità politiche ed economico-industriali che stanno emergendo dal conflitto ucraino, accanto alla ricomparsa di dinamiche inflattive, che le economie mature non sperimentavano da decenni, non possono non influire – tra l’altro – sugli obiettivi fissati dalla Recovery and Resilience Facility delineata dalla Commissione europea e di cui l’Italia è la principale beneficiaria.

Anche perché la nuova inflazione – un mix di problemi tecnici legati al sempre peggiore funzionamento di molte catene globali del valore, da quelle alimentari fino ai microchip – è profondamente diversa dai fenomeni inflazionistici del secolo scorso.

Contro di essa le “cure tradizionali”, di carattere fiscale e monetario, si sono rivelate poco efficaci. L’Unione europea, con la Bce, sta promuovendo contro la spinta inflattiva risposte di tipo nuovo, piuttosto diverse rispetto a quelle della Fed americana. I “meccanismi” economici di Bruxelles sono considerati normalmente lenti e complicati, tuttavia da un punto di vista storico l’Europa mostra una crescita istituzionale assai rapida se paragonata a quella degli Stati Uniti.

La vulnerabilità energetica europea

Gli avvenimenti recenti hanno purtroppo messo a nudo la vulnerabilità energetica del Vecchio Continente e, di concerto, la difficoltà a realizzare gli “obiettivi verdi”, pur culturalmente molto appetibili. E poiché il mondo non aspetta, l’Europa dovrà in tempi brevi occuparsi a fianco di queste tematiche anche di coordinamento sanitario, di supporto alla disoccupazione e ai giovani, di forze armate. E della revisione dei Trattati.

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