IL CONFRONTO

La Francia ci guarda con curiosità. “C’è timore che rubino le idee”

Il reward-based crowdfunding stenta a decollare in Italia, frenato dalla scarsa conoscenza da parte degli italiani e la poca fiducia nei pagamenti online. Per la country manager in Italia di Ulule, Tania Palmer, uno dei problemi riguarda “la paura che le idee vengano rubate”

Pubblicato il 09 Apr 2016

Maurizio Di Lucchio

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«Il reward-based crowdfunding in Italia? Rispetto alla Francia, non è ancora decollato per la poca conoscenza dello strumento e per la ridotta fiducia nei pagamenti online. Il potenziale però è altissimo: la creatività degli italiani è sempre stata enorme».

Il punto di vista è di Tania Palmier, country manager in Italia di Ulule, la piattaforma francese di crowdfunding che con le sue 11.800 iniziative finanziate con successo e i circa 47,7 milioni di euro raccolti sui progetti (dati marzo 2016) è uno dei primi portali europei.

Ulule è disponibile in italiano dal 2011 ma dal 2015 ha iniziato a offrire un servizio di accompagnamento per ogni singolo progettista prima, durante e dopo la campagna. Segno che il mercato del Belpaese è considerato promettente. Ma quali sono le differenze tra Italia e Francia quando si parla di crowdfunding? “Le possibilità di sviluppo – spiega la country manager – sono molto grandi ma in Italia l’uso di Internet è molto diverso. Per esempio, l’e-commerce ha uno sviluppo ancora basso e c’è scetticismo nei confronti dei pagamenti online, indispensabili per il crowdfunding”.

A questa preferenza per le transazioni dal vivo fa da contraltare un’ancora poco sviluppata tendenza a mixare comunicazione online e offline. “In Francia ci sono spesso eventi live per promuovere le campagne. In Italia, invece, questo fenomeno non si è ancora diffuso”. Secondo Palmier, anche il significato stesso della parola non è ancora chiaro a tutti. “Oltre a chi ancora non sa bene di cosa si tratti, c’è chi non ha ben presente la distinzione tra equity, donation, reward e lending based. Ecco perché abbiamo sentito il bisogno di fare informazione sul reward-based crowdfunding attraverso eventi in varie parti d’Italia”. Infine, una resistenza di carattere culturale: “In Italia, l’idea di presentare un progetto non viene in mente in modo naturale così come verrebbe in Francia. Sembra strano, ma probabilmente c’è anche il timore che le idee vengano rubate”.

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