IL CASO

La “spia” delle auto connesse. Google e Uber beffate da Levandowski

L’ex ingegnere di Waymo accusato di essere entrato in possesso e aver sfruttato informazioni riservate sugli sviluppi tecnologici. Al punto da fondare una propria azienda poi acquisita dal gigante del noleggio auto, che a sua volta rischia di essere implicato nel procedimento penale in corso

Pubblicato il 28 Ago 2019

Antonio Dini

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Lo spionaggio industriale non è solo monopolio degli agenti segreti cinesi, come sostiene da tempo Trump. Ci sono anche i “normali” dipendenti americani che fanno la spia alle grandi aziende a stelle e strisce per la concorrenza. Sempre americana. È il caso di Anthony Levandowski, che rischia molti anni di prigione a causa delle 33 accuse pendenti sulla sua testa, che rispecchiano quelle sollevate dal suo vecchio datore di lavoro, cioè Waymo, l’unità che sviluppa le auto a guida autonoma per conto di Alphabet-Google. La colpa fondamentale e innegabile di Levandowski, almeno dal suo punto di vista, è di aver cambiato lavoro ed essere andato da Uber. Alphabet nel 2017 ha già fatto causa a lui e a Uber che è stata però chiusa con un accordo extragiudiziale. Adesso tocca alla giustizia penale.

Gli avvocati di Levandowski hanno dichiarato che ovviamente il loro cliente non ha rubato nulla e che non vede l’ora di provare la sua innocenza durante il processo. Levandowski, che potrebbe finire per molti anni di prigione e pagare una multa milionaria se condannato, dovrebbe presentarsi martedì prossimo al tribunale federale di San Jose, in California. L’accusa di Levandowski, 39 anni, è uno dei casi di più alto profilo della Silicon Valley relativi al furto di segreti commerciali.

I pubblici ministeri hanno accusato Levandowski di aver rubato materiali alla fine del 2015 e all’inizio del 2016 in relazione alla tecnologia delle auto a guida autonoma di Alphabet. Il tutto dopo aver deciso di lasciare Alphabet e dare vita alla sua azienda, Ottomotto, che Uber in seguito ha acquistato. I presunti materiali rubati da Levandowski secondo l’accusa includono dettagli relativi a Lidar, i sensori cruciali per il funzionamento delle auto a guida autonoma.

“Tutte le persone sono libere di cambiare lavoro – ha dichiarato il sostituto procuratore David Anderson in una conferenza stampa – ma quello che non possiamo fare è riempirci le tasche mentre usciamo dalla porta”. Levandowski lasciò Waymo all’inizio del 2016 e alla fine subentrò nel progetto di auto a guida autonoma di Uber prima di essere a sua volta licenziato anche dal gigante del trasporto multimodale. In seguito ha fondato un’altra società di software a guida autonoma. “Per più di un decennio – ha detto alla corte uno dei suoi avvocati, Miles Ehrlich – Anthony Levandowski è stato un innovatore leader nel settore delle tecnologie a guida autonoma”. Secondo l’avvocato il caso aperto dalla procura è solo una replica inutile di affermazioni già screditate .

Gli avvocati di Levandowski hanno affermato che i download dei materiali in questione si sono verificati mentre lavorava ancora su Alphabet e che era autorizzato a utilizzare le informazioni. “Non ha rubato nulla, da nessuno”, sostengono i legali. Le battaglie in tribunale che coinvolgono Levandowski sono costate tempo prezioso a Uber per il suo progetto di auto a guida autonoma, che è considerato strategico per la sua redditività a lungo termine.

Anderson ha rifiutato di rispondere alla domanda di un giornalista sul fatto che anche Uber possa dover affrontare una accusa di tipo penale come Levandowski. “La Bay Area – ha detto in una conferenza stampa l’agente dell’Fbi John Bennett – ha i migliori e più brillanti ingegneri del pianeta. Ma la Silicon Valley non è il selvaggio West. Il ritmo veloce e l’ambiente competitivo non significano che le leggi federali non si applicano o possono essere ignorate”.  Waymo ha affermato di aver apprezzato il lavoro della Procura sul caso. “Abbiamo sempre creduto che la concorrenza debba essere alimentata solo dall’innovazione”, ha dichiarato una portavoce in una nota. Le azioni di Alphabet e Uber sono entrambe scese meno dell’1%, in linea con il mercato in generale.

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