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Mediaset, da Vivendi nessuna richiesta di ingresso nel cda

La notizia arriva direttamente dal presidente Fedele Confalonieri che spiega anche i motivi della forte presenza delle aziende francesi nelle società italiane: “Sono più forti nella difesa e nell’attacco. Sono più organizzati”. Manager del Biscione in audizione davanti Agcom a febbraio

Pubblicato il 25 Gen 2017

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Nessuna richiesta da parte di Vivendi di entrare con suoi rappresentanti nel consiglio di amministrazione di Mediaset dopo l’ingresso nell’azionariato di Cologno Monzese con poco meno del 30% dei diritti di voto. “No, non c’è”, ha confermato il presidente del Biscione, Fedele Confalonieri, in occasione del convegno “Italia Creativa”.

Nelle scorse settimane si è parlato della possibilità che Vivendi chieda la convocazione di un’assemblea straordinaria di Mediaset per votare una richiesta di allargamento del board così da permettere l’ingresso di rappresentanti francesi. I due colossi sono ai ferri corti e al centro di una battaglia legale dopo che i francesi hanno deciso lo scorso luglio di non acquistare più la pay tv Premium.

Nella vicenda Mediaset /Vivendi “devo dare atto e ringraziare che governo, Parlamento, giornali e opinione pubblica ci hanno difeso. Ma questo è un caso raro”, ha osservato Confalonieri, convinto che la forte presenza dei francesi nelle società italiane (Lvmh in Bulgari, Essilor in Luxottica , l’acquisizione delle gestioni del risparmio di Pioneer da parte di Amundi) sia da addebitare al fatto che “sono più forti nella difesa e nell’attacco. Sono più organizzati”.

In particolare, il presidente di Mediaset ha ricordato quando “noi siamo andati in Francia e piacevamo molto a Mitterand che allora era presidente. Ma non piacevamo a Chirac che era sindaco di Parigi. Avevamo messo un’antenna sulla Torre Eiffel e questo offese Chirac che quando divenne premier fece una legge con cui privatizzò l’equivalente di quello che per noi è Rai Uno, facendo una concorrenza fortissima. L’establishment si difese”.

In generale, per il presidente di Mediaset servono regole uguali per tutti, anche per Google e Facebook, soprattutto dopo che, in dieci anni, due elementi hanno determinato un profondo cambiamento nel settore media: la globalizzazione e l’innovazione tecnologica. “Nel nostro settore la globalizzazione è anche l’invasione nel mondo tradizionale di soggetti come Discovery e altri. I convitati di pietra sono gli over the top su cui già si sta facendo qualcosa ma quello che chiediamo è una parità di trattamento. Le regole devono essere uguali per tutti”, ha incalzato Confalonieri.

“Quando siamo nati noi, avevamo la simpatia di tutti perché eravamo un soggetto nuovo, a volte ci chiamavano pirati. Questa simpatia oggi l’hanno anche questi nuovi soggetti ma oggi la parola chiave è diventata gratis. È importante che si paghino i contenuti; si deve pagare il copyright e le prestazioni. Questi signori sono regolamentati in Europa dalla normativa dell’e-commerce”, ha concluso.

Intanto entra nel vivo il lavoro dell’Agcom sul dossier Mediaset-Vivendi: l’Autorità, dopo aver ricevuto le memorie di entrambe le società nell’ambito dell’istruttoria avviata in seguito alla scalata del gruppo francese nel capitale di Cologno, ascolterà i rappresentanti di Mediaset all’inizio di febbraio. A quanto apprende l’Adnkronos la richiesta di audizione è stata avanzata dalla stessa Mediaset nell’ambito dell’invio della documentazione mentre Vivendi non avrebbe chiesto di essere ascoltata. Ciò ovviamente non esclude che Agcom convochi in seguito anche i rappresentanti del gruppo francese. Nell’ambito dell’istruttoria, che in sostanza intende verificare se Vivendi viola i divieti di concentrazione con una presenza sia nel capitale di un operatore media (Mediaset, dove è al 28,8%) sia di una società di tlc (Telecom Italia al 24%), Agcom ha chiesto una serie di informazioni anche a Telecom Italia che le ha puntualmente fornite.

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