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Quantum computing, Italia in ritardo sugli investimenti

I 320 milioni di euro di fondi triennali per la creazione di un Centro Nazionale sono stati sbloccati solo di recente. E si tratta di poca cosa rispetto ai 2,6 miliardi della Germania e agli 1,8 della Francia. Nel nostro Paese circa la metà delle grandi imprese non possiede alcuna conoscenza della materia

Pubblicato il 29 Nov 2022

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Il 50% delle grandi aziende italiane non possiede alcuna conoscenza nell’ambito del Quantum computing, e solo il 14% ha avviato una o più sperimentazioni in tal senso. Sono più di 20 i progetti al momento in corso d’opera nello scenario nazionale, e di questi tre sono annunciati pubblicamente. È questa, in estrema sintesi, la fotografia scattata dall’Osservatorio Quantum Computing & Communication, alla sua prima edizione. I risultati della ricerca sono stati presentati durante il convegno promosso dalla School of Management del Politecnico di Milano intitolato “Quantum Computing: prospettive di oggi per le sfide di domani”.

Italia ancora in ritardo sErrore formato immagine: Seleziona uno dei formati 16:9 dal menù dimensione all’interno del pannello Aggiungi media (per visualizzare dimensione, seleziona la foto )ugli investimenti

L’analisi ha innanzitutto rilevato come, nel 2022, finalmente anche l’Italia sia entrata a far parte dei governi che hanno deciso di investire in queste tecnologie con un finanziamento di 320 milioni di euro in tre anni per un Centro Nazionale su Hpc, Big Data e Quantum Computing, recentemente costituito. È un segnale positivo di attenzione verso una tecnologia critica per la competitività economica e per la sicurezza nazionale. Tuttavia, gli investimenti arrivano con ritardo e sono ancora esigui rispetto ad altri paesi europei: tra gli oltre 7 miliardi stanziati in Europa, a livello comunitario e nei singoli paesi attraverso politiche nazionali, la Germania ha allocato 2,65 miliardi di euro tra il 2018 e il 2028, la Francia 1,8 miliardi nell’orizzonte 2020-2026.

L’approccio avuto finora ha generato uno scenario italiano caratterizzato da centri di ricerca pubblici all’avanguardia ma poco valorizzati in una visione strategica d’insieme. Inoltre, il panorama dell’offerta è in mano a grandi aziende internazionali che hanno attivato team nel nostro Paese e società di consulenza che hanno iniziato a lavorare con alcuni grandi clienti a progetti di sperimentazione applicativa.

Si tratta di grandi aziende all’avanguardia, caratterizzate da capacità di investimento e cultura sull’innovazione, decise a rendersi precursori della tecnologia nel paese. Nel campione generale, invece, il percorso di avvicinamento al Quantum Computing è ancora embrionale. Le principali difficoltà riscontrate riguardano la mancanza di competenze sul tema e la difficoltà a investire senza un chiaro ritorno nel breve termine.

“Il Quantum Computing è una tecnologia potenzialmente dirompente, il cui impatto sociale e scientifico è paragonabile all’invenzione stessa del calcolatore. I prossimi decenni saranno testimoni di cambiamenti importanti guidati dall’avvento delle tecnologie quantistiche in settori quali intelligenza artificiale, medicina, energia, ambiente, e molti altri ancora. Ci sono però ancora sfide importanti da affrontare perché il Quantum Computing possa passare dal livello prototipale di oggi ad una tecnologia di supercalcolo affidabile”, spiega Paolo Cremonesi, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Quantum Computing & Communication e docente del Dipartimento di Elettronica, Informazione e Bioingegneria del Politecnico di Milano. “È in questo contesto che iniziative come il Centro Nazionale su Hpc, Big Data e Quantum Computing, finanziato dal Pnrr e il cui lancio ufficiale è avvenuto pochi giorni fa presso il Tecnopolo di Bologna, costituiscono un passo importante per colmare la distanza che ancora manca tra ricerca scientifica ed innovazione industriale. Il Politecnico di Milano ha un ruolo trainante in questa iniziativa coordinando, assiema all’Università di Padova, le attività sul Quantum Computing.”

Lo scenario internazionale dell’offerta del Quantum Computing

Il mercato internazionale dell’offerta del Quantum Computing è in fermento: l’Osservatorio ha identificato 179 attori nel mondo, l’86% dei quali sono nuovi business nati proprio in questo campo, che complessivamente hanno raccolto investimenti per 3,4 miliardi di dollari negli ultimi cinque anni, di cui 1,6 miliardi solo nel 2021. Alcuni di questi sono ormai aziende consolidate con ampio potenziale: negli ultimi due anni, sono avvenute le prime quotazioni in borsa di attori nativi di questo settore con offerte pubbliche iniziali superiori al miliardo di dollari.

Lo sviluppo dell’hardware quantistico rappresenta oggi la principale sfida per l’industrializzazione di soluzioni. Il mercato infrastrutturale del Quantum Computing è complesso e in continua evoluzione: nel mondo, 42 aziende operano in quest’ambito, con diversi approcci tecnologici promettenti. È difficile prevedere oggi quali si affermeranno come standard di mercato ed è probabile che la costruzione di un computer quantistico su grande scala, in grado di risolvere problemi di interesse industriale, avverrà nel corso del prossimo decennio. Si tratta infatti di sistemi sensibili all’ambiente esterno, oggi soggetti alla generazione di errore, che rappresenta l’ostacolo tecnico da superare.

Nel frattempo, buona parte di queste aziende rende già accessibili i prototipi in Cloud, o lo farà nel breve termine, con l’obiettivo di favorire la sperimentazione dell’intero ecosistema nell’ambito delle soluzioni software.

Gli ambiti applicativi e i settori promettenti

Anche il mercato della domanda ha iniziato a interessarsi al Quantum Computing. In particolare, considerando i soli annunci pubblici (benché non rappresentativi dei reali sforzi di sperimentazione nel mondo), sono state identificate 96 grandi imprese private che hanno annunciato la realizzazione di 126 progetti sul tema a livello globale negli ultimi sei anni. Sono aziende con risorse e strutture dedicate all’innovazione, che hanno iniziato a sperimentare la tecnologia con l’obiettivo di comprenderne le opportunità, sviluppare know-how e garantirsi del vantaggio competitivo dalla precoce industrializzazione di soluzioni.

Queste iniziative presentano diverse fasi di avanzamento: il 42% è già di Proof of Concept, ovvero uno use case implementato su scala ridotta, su cui si stanno misurando i primi risultati. Il resto sono idee progettuali di approfondimento di uno o più ambiti d’applicazione oppure solo annunci di partnership con attori dell’offerta per l’esplorazione della tecnologia.

L’ambito applicativo più diffuso è quello dell’ottimizzazione (43% dei progetti identificati), che riguarda problemi volti a trovare la soluzione ottimale all’interno di una serie di possibilità, come nel caso dei percorsi in campo logistico. Segue a breve distanza la simulazione (38%), caratterizzata dalla rappresentazione e simulazione del comportamento di sistemi complessi, come le molecole e i composti chimici nella scoperta di nuovi farmaci. Sono infine meno diffusi i problemi relativi al pattern recognition, classification e clustering (19%), che si svolgono all’interno di grandi dataset con lo scopo di alimentare modelli predittivi, come nel caso del riconoscimento di frodi.

I settori più attivi nel campo del Quantum Computing sono in questo momento il mondo bancario e assicurativo (con il 21% dei progetti), seguito da chimico-farmaceutico (20%), automobilistico (18%), energetico, utility e telco (12%), aerospaziale e difesa (11%), manifatturiero (9%), logistica e retail (5%).

“Se da un lato è vero che il Quantum Computing è una tecnologia di frontiera, che probabilmente arriverà sul mercato con impatti significativi nel corso del prossimo decennio, d’altra parte le grandi aziende nel mondo in diversi settori hanno già iniziato a investire con l’obiettivo di esplorare possibili use case applicativi e sviluppare competenze in un ambito così radicalmente nuovo”, chiosa Marina Natalucci, Direttore dell’Osservatorio Quantum Computing & Communication. “Anche in Italia, le grandi aziende più propense all’innovazione sono già partite, decise a ritagliarsi un vantaggio competitivo, testando l’hardware progressivamente man mano che sarà disponibile. Partire ora è fondamentale, anche perché il percorso è sfidante: sarà necessario formare una nuova forza lavoro e riqualificare il personale delle aziende per sviluppare la tecnologia e gestirne l’operatività in futuro”.

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